lunedì 17 dicembre 2018

Repubblica 17.12.18
Cina
La promessa verde di Pechino che ora deve diventare realtà
di Filippo Santelli


PECHINO «In qualche modo, sta muovendo la palla nella giusta direzione».
Una vecchia frase di Al Gore sull’impegno della Cina contro il riscaldamento del pianeta, in tutta la sua ambiguità, resta più valida che mai. Anche ai negoziati Cop24 di Katowice Pechino ha avuto un ruolo da protagonista, nonostante l’asse che a Parigi si creò tra Xi Jinping e Barack Obama non esista più, spezzato dal negazionismo di Trump. Da leader dei Paesi in via di sviluppo, ruolo che con qualche ipocrisia continua a recitare, la Cina ha fatto sponda sia con l’Europa che con il Canada per salvare l’accordo. Ha chiesto un maggiore impegno economico da parte dei Paesi sviluppati nel sostenere la trasformazione "verde" di quelli poveri. Ma ha anche fatto una grande concessione, accettando che gli uni e gli altri vengano sottoposti dal 2020 agli stessi criteri di misurazione delle emissioni. Xie Xhenhua, il negoziatore di Pechino, era arrivato in Polonia con tutt’altra idea, inaccettabile per gli Stati Uniti: un trattamento più flessibile per chi deve crescere.
Un modo, dicevano i critici, per non rendere trasparenti i propri dati.
A fare davvero la differenza però sarà quello che la Cina, il più grande inquinatore al mondo, farà in casa propria. E da questo punto di vista il 2018 manda indicazioni contrastanti. Secondo le Nazioni Unite Pechino è uno dei pochi governi in linea per rispettare gli impegni presi, come raggiungere il picco di emissioni di CO 2 entro il 2030 e portare la quota di rinnovabili al 20%.
L’obiettivo di ridurre del 40% l’intensità di carbone per punto di Pil, inizialmente previsto per il 2020, è stato realizzato già la scorsa estate. Eppure quest’anno le emissioni sono tornate a crescere a un ritmo notevole, poco sotto il 5%, mentre il Paese ha ripreso a costruire a pieno ritmo nuove centrali a carbone, secondo alcuni report addirittura per 250 Gigawatt di potenza. Più ancora dei cieli azzurri promessi ai cittadini soffocati dallo smog, la priorità per il regime resta la crescita. E gli allarmanti segnali di rallentamento registrati negli ultimi mesi l’hanno spinto a comandare l’avanti tutta alle industrie pesanti e ai progetti infrastrutturali delle Province: infrastrutture, edilizia e centrali vecchio stampo, iper inquinanti.
Al quadro bisogna pure aggiungere l’impronta ecologica lasciata dalla Nuova via della seta, il grande piano di connettività globale ideato da Xi Jinping: uno studio sui maggiori progetti energetici finanziati all’estero dalle banche di Stato cinesi tra il 2014 e il 2017 mostra che il 90% è legato a combustibili fossili.
In ogni scelta di Pechino le considerazioni di politica interna contano sempre più di quelle internazionali. Il suo impegno nei negoziati per il clima è coerente con alcune priorità di Xi: migliorare la qualità dell’ambiente per i cittadini e promuovere lo sviluppo hi-tech cinese, già leader nel settore elettrico. Ma se nel breve periodo il costo per disintossicarsi dal carbone diventasse troppo alto, il rischio è che parte degli obiettivi "verdi" venga sacrificata sull’altare del Pil.