La Stampa 6.12.18
Lenin volava alto come un’aquila, capiva la politica e le classi
Stalin non lo leggeva, ma capiva le persone in carne e ossa
di Aleksandr Solženicyn
Incredibile,
ma sembrava proprio che in un anno la rivoluzione si fosse realizzata
pienamente. Aspettarselo sul serio era impossibile, eppure era accaduto!
Quel pagliaccio di Trockij auspicava anche una rivoluzione mondiale,
non voleva la pace di Brest-Litovsk, e pure Lenin ci credeva… oh,
intellettuali sognatori! Bisognava essere degli asini per credere a una
rivoluzione europea; erano vissuti tanto in Europa, eppure non avevano
capito niente. Stalin c’era stato solo una volta, di passaggio, e aveva
capito tutto. Bisognava farsi il segno della croce se era riuscita la
nostra, di rivoluzione. E starsene buoni. A ragionare.
Stalin si
guardava intorno con sguardo disincantato e obiettivo. E rifletteva.
Capiva chiaramente che una rivoluzione importante come quella poteva
essere rovinata da simili parolai. Solo lui, Stalin, l’avrebbe
indirizzata nel modo giusto. In tutta onestà, e in tutta coscienza, era
lui l’unica autentica guida. Si paragonava in modo realistico a quegli
smorfiosi, quei farfalloni, e vedeva chiaramente la propria superiorità
nella vita, la loro fragilità, la propria stabilità. A distinguerlo da
tutti loro era la capacità di capire le persone. Le capiva là dove si
congiungevano alla terra, alla base, le capiva in quella parte senza la
quale non potevano reggersi, non potevano stare in piedi, e quello che
c’era più in alto, quello che fingevano di essere, quello che
ostentavano, era una sovrastruttura, non contava nulla.
Lenin, in
effetti, volava alto come un’aquila, sapeva stupire: in una notte aveva
tirato fuori lo slogan «Terra ai contadini!» (poi da lì vedremo) e in un
giorno aveva escogitato la pace di Brest-Litovsk (non solo per un
russo, persino per un georgiano sarebbe stato un dolore cedere metà
della Russia ai tedeschi, ma per lui non lo era!). Per non parlare poi
della Nep, la politica più scaltra di tutte: Lenin non aveva vergogna di
inventare simili manovre. La cosa più grande di tutte in Lenin,
superstraordinaria, era che teneva saldo il potere reale solo nelle sue
mani. Cambiavano gli slogan, cambiavano i temi di discussione,
cambiavano gli alleati e gli avversari, ma il pieno potere restava
esclusivamente nelle sue mani!
Era un uomo, però, sul quale non si
poteva davvero contare, la sua politica economica gli avrebbe portato
un sacco di guai, ci si sarebbe impantanato. Stalin sentiva
perfettamente la fragilità di Lenin, la sua impazienza, cui si
aggiungeva una pessima capacità di comprendere le persone, se non una
totale incapacità. (Ne aveva avuto la prova personalmente: quale che
fosse il lato di sé che Stalin desiderava mostrargli, Lenin solo quello
vedeva.) Quell’uomo era inadatto al losco corpo a corpo della vera
politica.
Stalin si sentiva più fermo e saldo di Lenin, proprio
com’e vero che i 66° di latitudine di Turuchansk sono maggiori dei 54°
di Šušenskoe. Che cosa aveva sperimentato quell’erudito teorico nella
vita? Non aveva alle spalle un basso ceto, l’umiliazione, la miseria, la
carestia: anche se non ricchissimo, restava pur sempre un possidente.
Da esiliato non era tornato in patria nemmeno una volta, un esule
esemplare! Una prigione vera non l’aveva mai vista, e nemmeno la vera
Russia aveva visto: in quattordici anni di emigrazione si era limitato a
bighellonare. Dei suoi scritti Stalin ne aveva letti non più della
metà, era convinto di non poterne ricavare molto. (Be’, c’erano anche
definizioni straordinarie. Per esempio: «Che cos’è una dittatura? Un
governo illimitato non arginato dalle leggi». Stalin aveva scritto a
margine: «Bene!»).
Se Lenin avesse potuto contare su una mente
davvero razionale, fin da subito avrebbe voluto vicino Stalin più di
tutti gli altri, e avrebbe detto: «Aiutami tu! Capisco la politica, le
classi, ma le persone in carne e ossa non le capisco affatto!». Invece
lui non aveva trovato niente di meglio che mandare Stalin a requisire il
grano in un angolo sperduto della Russia. Stalin era l’uomo di cui
avrebbe avuto più bisogno a Mosca, e lui lo mandava a Caricyn…