mercoledì 5 dicembre 2018

La Stampa 5.12.18
Armando Spataro
L’amarezza del procuratore
“Questo ormai è il Paese”
di Paolo Colonnello


Il 14 dicembre sarà il suo ultimo giorno in Procura, poi organizzerà un viaggio, forse in Cambogia, un Paese che per la dolcezza degli animi e le sofferenze vissute, gli ha legato il cuore: «Sto contando i giorni…».
Armando Spataro è in ufficio e se la ride sonoramente quando gli si fa notare che il ministro degli Interni con scarsa eleganza lo ha invitato a lasciare al più presto l’incarico per andarsene in pensione. «Che ci dobbiamo fare? – ridacchia il procuratore - È quello che ormai ci riserva il Paese». Ma chi lo conosce, sa bene come Spataro, fondatore insieme a Giovanni Falcone della corrente di Movimento per la Giustizia, protagonista di mille inchieste e altrettante battaglie, mastichi amaro. L’uomo che combatté il terrorismo rosso e poi quello nero, che svelò le tresche e le torture intorno al rapimento di Abu Omar ottenendo, unico al mondo, la condanna di 14 agenti della Cia, che ha fatto arrestare e condannare interi clan di ’ndranghetisti, insomma, un pezzo vero di storia giudiziaria dell’Italia contemporanea, è stato liquidato ieri mattina dal rampante ministro degli Interni come un vecchio pensionato rancoroso. La colpa? Aver stigmatizzato e precisato, con un comunicato di una paginetta, che raccontare di arresti in corso di presunti mafiosi nigeriani, esagerarne il numero rivelando comunque che la caccia è ancora aperta, non è un comportamento istituzionale, tanto meno se arriva dal responsabile del dicastero che sovrintende le Forze dell’Ordine. «Non è tanto lo sfottò nei miei confronti, di quello non mi curo, ci rido sopra. Ma è il fatto che avere certi atteggiamenti paga. E questa è la cosa che più preoccupa».
L’indagine delicata
La giornata comincia alle 8,57 del mattino con un tweet garrulo di capitan Matteo che affronta sbrigativamente l’arresto di 49 mafiosi palermitani da parte dei carabinieri per concentrarsi sul quello che per lui è il vero pezzo forte della giornata: l’operazione dell’Antimafia di Torino sui nigeriani e una della polizia di Bolzano su 8 spacciatori extracomunitari: «Grazie alle Forze dell’ordine! La giornata comincia bene!».
Non altrettanto si può dire per il Procuratore torinese che nel giro di mezz’ora, mentre l’operazione è ancora in corso e i nigeriani non si sa bene se siano già stati arrestati tutti, viene informato del tweet ministeriale e si arrabbia non poco. Il problema infatti è che questa indagine non è una bazzecola, va avanti da tempo, condotta con i metodi dell’antimafia perché si tratta di contrastare una vera e propria organizzazione criminale. Il che significa appostamenti, intercettazioni, flussi di denaro. Un’inchiesta talmente delicata che ancora a metà pomeriggio Spataro si rifiuta di fornire altri dettagli, perfino sul numero degli arresti andati a buon fine. Vuol dire insomma che forse, se non si fossero pubblicizzati gli arresti dell’alba, qualche pesce ancora sarebbe finito nella rete. O forse no. Ma ormai non ha importanza, chi doveva capire ha capito. «Per questo ci sono delle regole, e andrebbero rispettate...».
Il rimprovero
Ma il procuratore sa anche perfettamente che trattandosi di un’inchiesta su extracomunitari per il ministro della Lega è come un invito a nozze. Spataro a mezzogiorno decide di diffondere la sua nota di “rimprovero” che suscita la reazione stizzita di Salvini: «Se il procuratore è stanco, si ritiri dal lavoro...». Sorride ancora una volta Spataro che ricorda bene come l’annuncio ad effetto non sia un’invenzione di Salvini. Negli ultimi anni, quasi tutti quelli che si sono avvicendati sulla poltronissima del Viminale, hanno cercato l’annuncio ad effetto. Il magistrato fa spallucce. «Che ci vuoi fare? Tutto ormai fa spettacolo».