martedì 18 dicembre 2018

La Stampa 18.12.18
La “legge degli schiavi” accende la lotta anti Orban
di Monica Perosino


Si dice che tra i popoli dell’Est Europa gli ungheresi siano i meno propensi ad arrabbiarsi, i più lenti a reagire, ma che quando succede fermarli sia impossibile. E con la cosiddetta «legge degli schiavi» il premier Orban potrebbe essersi spinto troppo oltre, innescando la miccia della rabbia e della frustrazione finora congelata nel consenso plebiscitario. Per cinque giorni e cinque notti migliaia di ungheresi si sono riversati nelle piazze di Budapest in quelle che sono le proteste di massa più massicce e violente degli ultimi anni. Decine di arresti e feriti, barricate, roghi, cariche e, ieri, mattina un gruppo di deputati picchiati e buttati fuori dall’edificio della tv di Stato Mtva (controllata dal governo) che si rifiutava di dare notizia delle proteste.
Negli ultimi mesi il «sovrano» Orban ha trattato l’opposizione, i giornalisti, gli studenti e gli attivisti che protestavano contro la sua «democrazia illiberale» con troppo disprezzo, convinto non fossero sufficientemente numerosi per creargli problemi. Ma questa volta potrebbe aver commesso un errore tattico, approvando la legge che consente ai datori di lavoro di richiedere fino a 400 ore di straordinario all’anno e ritardare i pagamenti fino a tre anni. Tutto per compiacere le aziende straniere, con buona pace dei lavoratori ungheresi, già tra i più poveri dell’Unione. Ecco la miccia che ha fatto esplodere la rabbia. La protesta nata dai sindacati si è allargata alla società civile che chiede la «liberazione dei media» dal controllo di Orban e l’indipendenza dei giudici, degli universitari che chiedono il «diritto allo studio libero», di una gran parte dell’Ungheria che ora chiede la fine «dell’oppressione».