il manifesto 4.12.18
Narciso, Pigmalione e Prometeo tra le maglie del tecnocapitalismo
Saggi. «La grande alienazione» di Lelio Demichelis, pubblicato da Jaca Book
Prometeo di Nicolas Sebastien Adam
di Benedetto Vecchi
Tre
figure simbolo dell’animale sociale umano. Narciso, Pigmalione,
Prometeo sono i nomi di uno spericolato, ma attentamente sorvegliato,
slalom che viene rappresentato nel nuovo libro di Lelio Demichelis La
grande alienazione (Jaca Book, pp. 281, euro 25).
SONO DECENNI che
l’autore si misura con la grande trasformazione della «rivoluzione del
silicio», muovendo da una robusta tradizione sociologica (Max Weber) e
da una variegata costellazione filosofica (Martin Heidegger, la scuola
di Francoforte, la tecnoscienza di Jacques Ellul). Per Demichelis, la
tecnica è il «mezzo» per piegare la natura ai bisogni umani, ma nel
corso del tempo ha acquisito un potere che sovradetermina le relazioni
sociali. È diventata la leva per cambiare rapporti – anche di potere –
nelle formazioni sociali.
Nel lungo, travagliato tramonto
dell’Occidente, si è consumato anche questo ribaltamento di ruolo per le
scienza e la tecnologia: da dispositivo teorico per comprendere la
realtà a manifestazione di un potere performativo di quella stessa
realtà. Un cambiamento non da poco. Se fosse solo così.
ALLORA,
NARCISO, Pigmalione e Prometeo. Edonismo di massa, dissoluzione
corrosiva del legame sociale in nome di un sé sempre eccedente rispetto
lo stare in società. Ma anche contraddittoria attitudine pedagogica
scandita da una evidente propensione manipolativa (non c’è nessun
maestro ignorante all’orizzonte, ma solo accorti e sofisticati
manipolatori). Pigmalione, infatti, mette in forma, secondo codici
socialmente dominanti, soggettività che alla fine devono essere
«allineate e coperte» allo status quo. Infine, Prometeo, cioè la spinta
compulsiva a piegare la natura alle necessità terrene, sfidando gli dei,
i depositari delle verità ultime e prime sulla vita, la società, gli
umani.
LELIO DEMICHELIS è consapevole che deve vedersela con altre
tradizioni teoriche e politiche. Il marxismo, ovviamente, e la sua
critica all’economia politica, ma anche con quanto la network culture ha
depositato in questi densi quarant’anni, dove il nesso tra
assoggettamento volontario e potere costituito parla spesso il lessico
di una libertà radicale dell’espressione, come testimonia la quotidiana
esperienza comunicativa con i social network: le informazioni, il
chiacchiericcio, i post, i like, le immagini condivise sono materie
prime da elaborare e impacchettare per essere vendute e fare profitti (i
Big data), facendo leva su un deposito specialistico dell’intelligenza
artificiale.
L’AUTORE PRENDE posizione. Sa che la forma dominante
della produzione della ricchezza – la fabbrica taylorista, che funziona
weberianamente anche come gabbia di acciaio – ha lasciato il posto a un
pulviscolo di nodi produttivi (la fabbrica sciame) costringendo
management, sistemi istituzionali e lavoro vivo a una radicale
ridefinizione delle proprie soggettività politiche. Demichelis, a
ragione, è propenso a sostenere che lo hanno fatto meglio imprese e
governi più che il lavoro vivo, dati i rapporti di potere esistenti e
vigenti.
Che tutto si racchiuda dentro una Grande alienazione non c’è
dunque da stupirsi. All’orizzonte, però, si profilano un bel po’ di
problemi. Cosa intende Demichelis per alienazione? Sicuramente la
separazione tra umani e mezzi di produzione evidenziata da Karl Marx che
riduceva gli umani a cose. Ma in questo libro alienazione è molto
altro. Ha infatti a che fare con la psicoanalisi, con l’incubo ossessivo
del riconoscimento di sé, con il diffuso e nichilista disagio psichico.
LA
CRITICA del tecnocapitalismo, sostiene Demichelis, passa attraverso
l’articolazione e l’arricchimento di questo concetto, che mette a nudo
il fatto che la colonizzazione della vita privata e pubblica è ormai un
fenomeno irreversibile, facendo cadere miseramente nella polvere l’alto
corno della coppia assoggettamento e libertà. Libertà non è
all’orizzonte, se non come aspirazione finale, come esito di fenomeni di
lunga durata che prevedono un gradualismo e un riformismo della
soluzioni proposte per calmierare gli effetti violenti del
tecnocapitalismo. In altri termini, la forma dominante di produzione
della ricchezza non prevede più la presenza di un soggetto della
liberazione, bensì una moltitudine – una specie di marmellata – di
singolarità che come monadi passano dall’edonismo di massa alla ricerca
di un pigmalione fino a diventare soldatini nella mobilitazione
prometeica per innovare la produzione della ricchezza. La sensazione è
quella di voler svuotare l’oceano con secchiello.
QUESTA LA
PROVOCAZIONE dell’autore che nel corso della sua lunga traiettoria
teorica ha accumulato studi e ricerche tese a dare consistenza alla
costruzione di una teoria critica del presente, come testimoniano i
recenti Sociologia della tecnica e del capitalismo (Franco Angeli), la
Religione tecno-capitalista (Mimesis), Bio-tecnica (Liguori). Di questo
puzzle in costruzione la grande alienazione costituisce punto di
passaggio, di snodo. Insomma, il viaggio dell’autore continua.