giovedì 6 dicembre 2018

Il Fatto 6.12.18
Le bombe italiane ai sauditi: ecco il contratto segreto
Aggirare i vincoli - In un documento del 2012, la “triangolazione” tra gli americani di Raytheon, i tedeschi di Reinhmetall e l’italiana Rwm
di Madi Ferrucci, Flavia Grossi e Roberto Persia


Da mesi l’Arabia Saudita è al centro delle polemiche per l’uccisione del giornalista Jamal Khashoggi. La Germania ha fermato l’export degli armamenti ai sauditi e anche Norvegia, Finlandia e Danimarca ne hanno richiesto la sospensione. Ma la vendita di armi continua attraverso le filiali all’estero. In Germania Rheinmetall, uno dei colossi della produzione di armamenti, esporta verso l’Arabia Saudita, attraverso la succursale italiana Rwm, con sede a Domusnovas in Sardegna. Esiste un contratto riservato, con data 29 novembre 2012 tra la Rwm Italia e la Raytheon Systems inglese, per un ordine di 63,2 milioni di euro di forniture, in cui è citato il contratto madre tra Raytheon e il ministero della Difesa dell’Arabia Saudita. Il contratto svela il gioco di Germania, Inghilterra, Italia e Stati Uniti, in un intreccio di rapporti commerciali costruito per fare in modo che tutti siano colpevoli ma nessuno lo sembri.
L’azienda inglese è una filiale della Raytheon, uno dei maggiori produttori di armamenti degli Stati Uniti. La firma sul documento è quella dell’ad di Rwm, l’ingegner Fabio Sgarzi, mentre l’uomo della Raytheon che ha richiesto l’ordine è Peter Ashby, il responsabile commerciale dell’azienda. L’azienda anglo-americana paga su un conto Deutsche Bank e la fabbrica sarda si impegna a fornire le armi richieste nell’arco di 57 mesi, entro giugno 2017. È ragionevole supporre che la triangolazione sia valida anche per i contratti successivi: Rheinmetall nell’assemblea degli azionisti dell’8 maggio 2018 a Berlino ha annunciato nei prossimi anni una salda partnership con Raytheon. Giorgio Beretta di Opal Brescia (Osservatorio permanente sulle armi leggere) calcola: “La fabbrica di armi ha una produzione massima di 50 milioni di euro all’anno, pertanto ogni nuovo ordine si protrae certamente per più anni”. Tra il 2016 e il 2017 ci sono state commesse all’Arabia per un totale di oltre 460 milioni: servirebbero quindi almeno 9 anni per evaderli tutti. Le bombe sono della serie Mk 83, 59,9 milioni di euro sono per le bombe che contengono esplosivo, mentre 2,5 milioni di euro sono per le bombe inerti. L’invio delle prime 3950 è previsto entro 24 mesi dalla data di inizio del contratto.
Raytheon UK ha tra i suoi dispositivi brevettati il Pavway IV Tactical Penetrator, necessario a rendere le bombe precise. Una bomba con Pavway IV nel maggio 2015 è stata ritrovata nello Yemen dall’agenzia Onu Unhcr e nell’ottobre 2016 componenti della bomba MK84, prodotta dalla Rwm Italia, sono state trovate nel villaggio di Deir al-Hajari nello Yemen nord occidentale a seguito di un attacco che aveva ucciso una famiglia di 6 persone.
La legge tedesca non autorizza l’esportazione di armi al fine di una guerra considerata offensiva, per eludere la normativa nazionale le aziende in affari con l’Arabia devono quindi servirsi di fabbriche all’estero. In questo modo Rheinmetall non figura mai nei contratti con i sauditi in maniera diretta. L’italiana Rwm che da anni riceve invece autorizzazioni dallo Uama (Unità per le autorizzazioni dei materiali d’armamento) al ministero degli Esteri. Durante l’assemblea degli azionisti di Rheinmetall del 2017 a Berlino, il presidente Armin Papperger ha descritto la strategia “di internazionalizzazione” dell’azienda: delocalizzare la produzione in Paesi dove risulta più semplice ricevere le autorizzazioni.
Però in Italia la legge 185 del 1990 vieta la vendita di armi “in Paesi in stato di conflitto armato, i cui governi siano colpevoli di violazione dei diritti umani”. Alla fine di agosto 2018, una commissione di esperti dell’Onu ha accertato la violazione dei diritti dell’uomo nel conflitto yemenita. Il presidente di Rheinmetall tuttavia, nell’ultima assemblea degli azionisti, ha negato ogni responsabilità: “Noi esportiamo verso Paesi con governi democratici. Per l’export di materiale bellico dall’Italia le autorizzazioni spettano esclusivamente all’Italia. Se il governo modificherà la prassi delle autorizzazioni, Rheinmetall si adeguerà”.
Nel 2015 l’allora ministra della Difesa Roberta Pinotti, in un’intervista a Repubblica Tv, spiegava: “Le bombe non sono italiane, sono un contratto di un’azienda americana che utilizza come subcontratto un’azienda tedesca: la Rheinmetall, che ha due fabbriche in Italia”. Il sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano, poco dopo il suo insediamento a giugno, aggiungeva: “Prima dell’ultima riforma esisteva l’autorizzazione politica, il ministero dello Sviluppo approvava la singola vendita. Oggi ci sono soltanto dei passaggi tecnici. Questo comporta che la Rwm può dire che le armi vanno in Germania e non in Arabia Saudita. Se le armi però vengono vendute con un contratto tra l’Italia e l’Arabia Saudita, è certamente responsabilità italiana”.
A settembre il ministro della Difesa Elisabetta Trenta ha sollecitato il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi sulla questione dell’export verso l’Arabia, richiedendo un controllo specifico. La Farnesina, che in questi anni ha sempre sostenuto la linea di un rispetto formale della legge 185 nel caso Rwm, ha fatto sapere in via informale di aver avviato ispezioni ma per ora non ci sono divieti. Il 28 novembre il presidente della commissione Esteri del Senato Vito Rosario Petrocelli ha detto: “Se tutti i governi precedenti non sono riusciti a fermare l’esportazione significa che la legge deve essere riformata”.
Per il momento l’export italiano non si ferma. Anzi, a Iglesias, Comune adiacente al sito della fabbrica, il 9 novembre il Suap (Sportello unico per le attività produttive) del Comune ha approvato l’ampliamento del sito produttivo della fabbrica per due nuovi reparti grazie ai quali la produzione passerà da 5000 a 15000 bombe all’anno. È invece bloccata in fase istruttoria presso la regione Sardegna l’autorizzazione per la costruzione di un nuovo campo per i test.
Rheinmetall, nonostante il recente stop tedesco all’export, non ha affatto intenzione di bloccare le vendite ai sauditi. Anche la cancelliera Angela Merkel non sembra troppo preoccupata, forse perché Rheinmetall lo scorso anno ha donato a Spd e Cdu 125.000 euro complessivi. Intanto nello Yemen l’ultima tregua del 19 novembre già vacilla e il presidente filo-saudita Hadi si è rifiutato di cedere all’Onu il controllo del porto di Hodeidah, fino a poco tempo fa scalo essenziale per gli aiuti umanitari, oggi diventato il nuovo terreno di scontri quotidiani.