Il Fatto 15.12.18
“I diritti? Per il presidente non contano”
Manuela D’Avila - La numero due dell’opposizione: “È nata un’internazionale dell’ultradestra”
di Luciano Cerasa
Manuela
D’Avila, 37 anni, giornalista brasiliana e bisnonni napoletani, è stata
candidata alla vicepresidenza della Repubblica dal Partito comunista
del Brasile, insieme al candidato presidente Fernando Haddad, del
Partito dei Lavoratori di Lula. L’accoppiata Haddad-D’Avila, sebbene
uscita sconfitta, ha preso più di 47 milioni di voti alle recenti
elezioni presidenziali, vinte dal candidato di destra Jair Bolsonaro.
Bolsonaro
si insedierà solo il primo gennaio prossimo, ma tra i primi atti della
sua presidenza ha annunciato l’estradizione del terrorista italiano
Cesare Battisti, sempre negata da Lula. È d’accordo?
Fino adesso
si teneva conto del fatto che Battisti aveva diritto a un processo con
tutte le garanzie e il rispetto delle regole processuali che il governo
Lula aveva ritenuto non rispettate. Adesso Bolsonaro ha un’altra
visione.
In Italia, soprattutto a sinistra, non si usa fare
l’analisi delle sconfitte elettorali, voi vi siete chiesti perché i
brasiliani vi hanno voltato le spalle?
Il candidato che avrebbe
vinto le elezioni è stato incarcerato, attraverso il potere giudiziario
stanno mettendo in galera in America latina tutti i leader progressisti,
inoltre l’austerità imposta dal governo golpista ha provocato un
aggravamento della crisi economica: in Brasile ci sono 14 milioni di
disoccupati e 5 milioni di bambini sono sotto la soglia di povertà
innestando una profonda insicurezza sociale.
Lei è stata vittima
di una campagna di fake news intorno alle quali è ruotata l’intera
contesa elettorale: quanto ha pesato sui risultati?
Un peso
enorme, ma non è stata solo un’aggressione mediatica, a questa è stata
associata la tecnologia di Big data, per far arrivare notizie false ben
mirate a persone vulnerabili.
Un ministro in carica nel nuovo
governo ha detto apertamente che i militanti della sinistra dovrebbero
essere uccisi, lei stessa e perfino la sua bambina di 45 giorni siete
state vittime di aggressioni, pensa che in Brasile stia tornando il
vecchio regime?
Non il vecchio ma un nuovo regime apparentemente
democratico, ma autoritario nella sostanza che sta assumendo i connotati
di una grande violenza sociale.
Definirebbe Bolsonaro un sovranista?
Se
fosse europeo direi di sì, ma il Brasile vive in una situazione
neocolonialista rispetto agli Stati Uniti, è un Paese ancora
sottosviluppato, nel governo ci sono militari, latifondisti, esponenti
delle chiese evangeliche ma il ministro dell’Economia è un Chicago boys.
Eppure
Matteo Salvini è stato tra i primi a congratularsi con il nuovo
presidente che ha annunciato una prossima visita in Italia: si sta
preparando un’internazionale della nuova destra?
Non di destra, ma
dell’ultradestra anti-democratica, si fanno dibattiti e si organizzano
iniziative comuni con Orbán e Salvini, ma anche con esponenti
sudamericani come Uribe in Colombia e Kast in Cile.