Corriere 28.12.18
La nuova prefazione dello psichiatra al primo volume delle opere, in uscita oggi con il quotidiano
L’Io ha sempre bisogno di un Noi
La mente umana secondo Andreoli
di Vittorino Andreoli
Senza un riconoscimento dell’altro la nostra anima non può accendersi
Una relazione può trasformare la vita, anche solo a partire da un sorriso
Il
libro I segreti della mente, con cui apre questa collana, rappresenta
una metamorfosi nella mia storia di psichiatra. Se fino al 2012 la mia
attenzione e dedizione professionali erano rivolte al «malato di mente»
(ai «miei matti»), da allora sento il fascino dell’uomo senza aggettivi.
Non solo l’impegno a capirlo dentro la società, ma il bisogno di
tracciare delle linee per poterlo meglio indirizzare a una esistenza più
serena e più equilibrata.
Questo allargamento della visione non
dimentica certo la follia, ma la considera una condizione che non ha
nulla di fatale, un evento che proprio in questa nuova percezione è
possibile evitare o quantomeno contenere.
Il termine «uomo»
definisce una realtà, un «oggetto» che rimanda abitualmente al campo
proprio della filosofia, intesa come disciplina teorica. Ma io credo che
vi si debba aggiungere anche una dimensione molto concreta, centrata
sui bisogni che ogni individuo esprime. I bisogni riportano al
necessario, senza il quale l’uomo avverte l’impossibilità di vivere e
arriva a immaginare la vita nella morte.
Non so concepire l’uomo
se non come colui che ha bisogno di un altro uomo, e sono giunto a
percepire la mia professione come uno strumento per aiutare a vivere,
fondandomi sulle conoscenze scientifiche e sulla mia esperienza —
maturata in tanti anni di studio e di clinica — della condizione umana,
che comporta l’alternarsi di serenità e angoscia, gioia e disperazione,
accettazione o rifiuto da parte degli altri uomini.
Credo sia possibile costruire una comunità in cui ciascun uomo possa considerare l’esistenza una esperienza straordinaria.
Non
mi sono mai dedicato all’elaborazione di grandi teorie, non sono mai
stato affascinato dalle correnti filosofiche o teologiche; mi sono
sempre sentito, invece, coinvolto dai bisogni che avverto dentro di me e
che percepisco nel profondo di ciascun uomo. Mi sono sempre dedicato
con forza a operare, ad agire, per fare in modo che i bisogni dell’uomo
possano essere soddisfatti; e sono affascinato anche dalle dinamiche che
permettono di dare risposte a tali bisogni, sentendosi gratificati e
non frustrati.
Non so come si possa cambiare una società, renderla
più umana, ma so di certo che è possibile che un uomo, un singolo uomo,
domani possa essere differente da oggi e guardare al mondo come a un
giardino fiorito e non come a un deserto. Basta talora un incontro, il
sentire di non essere soli perché abbandonati, il percepire che è
entrata nella nostra vita una persona per la quale non solo esistiamo,
ma siamo importanti.
Una relazione trasforma la vita. E non penso
alle favole in cui si incontrano le fate o i grandi amori, ma ai
rapporti di amicizia, persino a quelli di solidarietà. Non conto sui
colpi di fortuna, ma su storie che partono da un sorriso, da un gesto
d’aiuto, dalla consolazione, dalla speranza.
So che la mente
dell’uomo può accendersi e orientarsi in un mondo che, anche se
difficile, le offre qualche forma di riconoscimento. E allora si sente
di appartenere al mondo. Ed è come percepire nel buio una luce che, sia
pure tremula, diventa essenziale.
Non riesco, davanti al dolore, a
elaborare semplicemente una teoria. Sento di dover fare qualcosa per
alleviarlo, perché conosco la grandezza dei gesti che, talora, hanno
allontanato il mio dolore.
Prima di irrigidirsi in patologia, la
sofferenza lascia, nella nostra vita quotidiana, segnali, avvertimenti, a
cui è importante porre attenzione, perché esprimono bisogni, in forma
magari mascherata, che rischiano, più o meno intensamente, di evolvere e
trasformarsi in sintomi.
Se l’insieme di più sintomi configura un
disturbo della mente, un insieme di segnali definisce un disagio, una
condizione che esprime lo sforzo di interagire con il mondo delle
relazioni. La fatica di vivere avvertendo che i propri bisogni non sono,
come si vorrebbe, soddisfatti.
Il bisogno di ricevere è dominante
per un bambino, ma con la maturità non è più abbastanza. Subentra,
nell’età adulta. il bisogno di avere un senso per gli altri, il bisogno
di vivere e dare, particolarmente nel vecchio solo.
Tra i «segreti
della mente» si impone la necessità che ciascuno ha dell’altro da sé.
Con un’espressione diversa si potrebbe dire che l’io ha bisogno del
«noi»; è l’altro che risponde ai nostri bisogni: la dimensione
individuale acquista il suo significato umano quando contiene la
risposta a un bisogno dell’altro. Così si costruisce una rete che unisce
due individualità in una nuova composizione da cui emerge lo star bene
di entrambi.