Corriere 23.12.18
Classici
Ballando con la felicità
Il primo valzer di Natascia in «Guerra e pace»: l’attesa, la paura, l’incontro
Il capolavoro di Lev Tolstoj torna per Einaudi in una nuova traduzione. Il racconto di uno degli episodi chiave
di Giorgio Montefoschi
La
sera del 31 dicembre, vigilia del nuovo anno 1810 — così leggiamo nella
parte terza del secondo libro di Guerra e pace che in una nuova,
magnifica traduzione di Emanuela Guercetti ha da poco pubblicato Einaudi
— un grande dignitario dei tempi di Caterina dà un ballo, nel suo
palazzo di Pietroburgo, al quale interverranno l’intero corpo
diplomatico e il sovrano, Alessandro I. Anche la famiglia Rostov — che
per qualche tempo ha temuto di essere esclusa da questo straordinario
avvenimento mondano — ha ricevuto l’invito (che è per le ore dieci) e
adesso, in casa, l’agitazione è grande. Il conte Il’jà Andrèevic,
nonostante la pancia provetto ballerino — come ben sanno tutti coloro,
ospiti, parenti, camerieri e cameriere che morendo dal ridere hanno
assistito all’assolo in cui si è esibito al termine del pranzo per il
compleanno di sua moglie Natal’ja Rostova —, è elegantissimo, con calze
lunghe e scarpini, nel suo frac blu. La contessa è quasi pronta. Chi è
in tutti gli stati — più ancora di sua cugina Sonja — è Natascia.
L’adolescente irruente e allegra coi riccioli neri e gli occhi lucenti
che abbiamo conosciuto nei primi capitoli del romanzo, ha ora sedici
anni ed è al suo primo ballo. La preparazione va avanti dalle otto di
mattina. Le due ragazze, lavate e profumate, devono indossare calze di
seta traforate, scarpette di raso bianco con i fiocchetti, abiti uguali
di velo su sottogonne rosa, con roselline sul corpetto. La pettinatura
deve essere à la grecque . Ma Natascia, che si è data da fare per tutti,
è in ritardo. Siede, con uno scialletto sulle spalle magroline davanti
allo specchio, i capelli sono in disordine, ha scoperto che la gonna del
vestito è troppo lunga e ha ordinato a due ragazze di accorciarla in
fretta e furia. E il conte freme. Poi, finalmente ogni problema è
risolto e, attenti a non sciupare acconciature e abiti, i Rostov si
accomodano nelle carrozze; i cavalli volano sul ghiaccio e arrivano al
palazzo del dignitario, illuminato da miriadi di luci, sul lungofiume
Anglijskaja; il conte, la contessa, le ragazze consegnano le pellicce e
salgono lo scalone, fra gli specchi che riflettono dame in abiti
bianchi, azzurri, rosa, con brillanti e perle sulle braccia nude e sul
collo; Natascia fa il suo ingresso nel salone da ballo. Com'è bella!
Commentano le nobildonne di Pietroburgo. Lei ha i battiti a cento, il
sangue le pulsa nel cuore, gli occhi le corrono ovunque e ha
l’impressione di non vedere nulla.
Vede, ma non riesce a soffermarsi
sull’ambasciatore olandese, l’arzillo vecchietto che dice spiritosaggini
alle signore da cui è attorniato, e l’ambasciatore francese. Assiste,
come inebetita, all’ingresso nel salone di Hélène Kuragin, la donna più
ambita di Pietroburgo, ora moglie di Pierre Bezuchov: dunque contessa
Bezuchova, splendida questa sera nella scollatura che le scopre quasi
interamente le spalle piene e il morbido seno, ed è seguita dal fratello
Anatole Kuragin, l’angelo del male in divisa da cavaliere della
guardia, il portamento eretto, lo sguardo rivolto al di sopra delle
donne e delle ragazze che lo ammirano. Vede con gioia, perché questa è
una faccia che conosce, Pierre Bezuchov fendere la folla, dondolando col
suo grasso corpo, salutando a destra e a sinistra con la medesima
«negligenza e bonarietà con cui avrebbe camminato fra la calca del
mercato», e subito dopo identifica nel «giovane bruno di media statura,
molto bello, in uniforme bianca» con cui Pierre sta parlando vicino a
una finestra, il principe Andrej Bolkonskij. Vede, guarda, riconosce, ma
non le basta; l’eccitazione la travolge; senza sapere esattamente cosa,
vorrebbe di più. Quand’ecco che, all’improvviso, qualcosa si muove, la
gente si ammassa e si divide in due ali, e nel salone da ballo,
contornato dai suoi dignitari, entra il sovrano.
Che prodigio
letterario, questo ballo! Il lettore che, attualmente, nell’edizione
Einaudi, si trova a pagina 593 del romanzo e di pagine dovrà leggerne
ancora mille, già sa parecchie cose di quasi tutti i personaggi che
Tolstoj ha riunito nella fastosa occasione mondana, dedicando a ciascuno
la pennellata veloce di un ritratto. Pierre Bezuchov lo ha seguito
spaesato, incapace di pensare, nell’immenso palazzo in cui suo padre sta
morendo, circondato dagli sciacalli appostati nei salottini in attesa
dell’ultimo respiro per conquistare una fetta della colossale eredità,
tra i quali primeggia il principe Kuragin, padre di Hélène - e ha dovuto
partecipare al penoso fidanzamento «combinato» di Pierre e Hélène. Di
Hélène conosce il fascino dissoluto. Dei Rostov sa tutto. Andrej
Bolkonskij lo ha visto insieme alla piccola moglie grassottella, Lise,
che ha una leggera peluria sul labbro superiore e lui non ama; lo ha
visto combattere coraggiosamente, e rimanere ferito, nella battaglia di
Austerlitz; lo ha visto tornare alla casa paterna, dove è rimasta Lise,
che è incinta e nel parto morirà; finalmente, lo ha visto a Otradnoe, la
tenuta di campagna dei Rostov, in cui è giunto per delle pratiche
amministrative, e ha assistito alla meravigliosa scena notturna — simile
a quella che ha per protagonista la Tatjana dell’Onegin di Puškin —
nella quale la ragazzina coi capelli e gli occhi neri già incontrata
all’arrivo sul viale, è affacciata alla finestra proprio sopra la sua, e
canta, non vuole andare a letto, ammaliata dalla bellezza immobile
della natura nel chiarore lunare, vorrebbe star lì per sempre.
Adesso,
quella ragazzina, Natascia Rostova, impaziente di essere inviata a
ballare — perché il sovrano ha dato inizio alle danze — ascoltando le
note della polacca è sull’orlo delle lacrime, si dispera: «Possibile che
nessuno mi si avvicini, possibile che io non sia fra i primi a ballare,
possibile che non mi notino tutti questi uomini che sembrano non
vedermi…». Intanto è iniziato il valzer; un aiutante di campo dello zar
si avvicina alla contessa Bezuchova e, con consumata maestria, le cinge
le spalle; e davvero, sospinta da quella musica struggente, Natascia sta
per piangere, quando, come per miracolo, le si avvicina Andrej. È stato
Pierre, il suo amico, a suggerirgli l’invito: «Qui c’è la mia protégé,
la giovane Rostova, invitatela». Bolkonskij si inchina di fronte a
Natascia; le dice che già una volta si sono visti; le propone un giro di
valzer.
«Da tanto ti aspettavo», sembra dire il sorriso con il quale
la bambina spaventata e felice posa la mano sulla sua spalla. Il collo e
le braccia nude, i seni acerbi sono magri e brutti in confronto alle
spalle di Hélène: Natascia — scrive Tolstoj con una intuizione sublime
nella quale è concentrata la dinamica sentimentale di Guerra e pace —
sembra una bambina che è stata spogliata per la prima volta, «e che si
sarebbe vergognata molto, se non le avessero assicurato che così doveva
essere». Ma Andrej, da uomo di mondo, ama incontrare persone che non
appartengono alla mondanità, e Natascia, con la sua timidezza, la sua
gioia, il suo stupore, lo commuove. I due fanno un ballo dopo l’altro;
Andrej rivela a Natascia che nella notte di Otradnoe ha ascoltato la sua
voce incantata dal paesaggio lunare e lei arrossisce; se non ballano,
stanno seduti vicino, e lui le parla con dolcezza e premura; parte un
cotillon e loro partecipano al cotillon; tornano a sedersi in attesa
della cena che sarà verso le due (una cena coi candelieri sfavillanti,
il caviale, gli storioni, la vodka, i più pregiati vini di Francia, alla
quale ogni lettore moderno che si è rammaricato di non aver potuto
stringere fra le braccia la ragazzina col velo bianco e la sottogonna
rosa, ugualmente si rammarica di non esser stato presente); Andrej
decide: la sposerò; quando il conte Rostov intercetta sua figlia
ansimante e le chiede se è felice, lei risponde: «Mi diverto come mai in
vita mia!».
Perché il cuore le batte. Ma stavolta non batte per il
timore di essere ignorata. Le batte per il desiderio d’amore che le
corre nel sangue: per quel mistero. Così, succede che battendo
all’impazzata questo cuore comprime ogni spazio del grande salone;
schiaccia al muro i personaggi che già conosciamo e daranno anima e vita
al capolavoro assoluto della letteratura moderna; concede loro appena
qualche riga. C’è solo Natascia (e con lei Andrej) in questa scena
centrale del romanzo in cui tutti gli altri scompaiono, o quasi:
«Sperimentava — scrive Tolstoj — quel grado supremo di felicità, quando
una persona diventa perfettamente buona e gentile e non crede alla
possibilità del male, dell’infelicità e del dolore».