Corriere 18.12.18
Straordinari per 400 ore L’Ungheria in piazza contro il governo Orbán
Proteste (le più dure dal 2010) contro il nuovo limite annuo Nel Paese del «no agli immigrati» manca la manodopera
di Elena Tebano
C’è
voluta la «legge schiavitù» per portare a galla il dissenso degli
ungheresi nei confronti del governo di Viktor Orbán. È stata
ribattezzata così la norma appena approvata dal parlamento ungherese (in
cui il partito del premier, Fidesz, ha la maggioranza dei seggi) che
alza il limite degli straordinari annuali da 250 a 400: circa un’ora e
mezzo di lavoro in più al giorno che può essere pagata anche tre anni
dopo.
Per il quinto giorno consecutivo ci sono state proteste a
Budapest, dove fino a quindicimila manifestanti dell’opposizione e dei
sindacati hanno sfilato con slogan contro la «schiavitù», ma anche
cartelli che invitavano il governo a «smettere di rubare» e chiedevano
«tribunali indipendenti». La polizia li ha caricati e dispersi con i
lacrimogeni. Fidesz ha puntato il dito contro il suo nemico pubblico
preferito, sostenendo che «le rivolte» erano «organizzate dalla rete di
Soros». Cioè il milionario americano progressista di origini ungheresi
che Orbán accusa di essere dietro a tutti i mali del Paese.
Il
momento più drammatico è arrivato nella notte tra domenica e ieri quando
i deputati del partito di opposizione Lmp Ákos Hadházy e Bernadett
Szél, accompagnati da circa duemila manifestanti, hanno provato a
entrare nella sede della tv pubblica Mtva per leggere una petizione
contro le politiche del governo. Sono stati buttati fuori dall’edificio —
nonostante potessero entrare in quanto parlamentari — con la minaccia
di una condanna «a 10 anni», ha denunciato sui social Hadházym, ex di
Fidesz che ha lasciato nel 2013 criticandone la «corruzione».
Una
mossa che serviva anche a gettare luce sulla restrizione della libertà
di stampa: all’inizio del mese Orbán ha sottratto al controllo
dell’autorità sui monopoli la Fondazione centro-europea per la stampa e i
media, un conglomerato filogovernativo che possiede 400 tra giornali,
tv e radio ricevuti «in dono» da imprenditori vicini a Fidesz. L’altra
norma contro cui protestavano i manifestanti è quella sui tribunali
votata la settimana scorsa che, scrive il Budapest Business Journal, dà
al ministro della Giustizia il potere finale sulle nomine, la promozione
e lo stipendio dei singoli giudici.
Ma è stata la legge sugli
straordinari a scatenare le proteste di piazza. Il governo l’ha varata
per rispondere alla carenza di manodopera che affligge l’economia in
piena espansione (nell’ultimo trimestre è cresciuta del 5%). Molte
grandi aziende straniere — in particolare tedesche — negli ultimi anni
hanno delocalizzato in Ungheria , ma fanno fatica a trovare la
manodopera necessaria. Ci sono imprenditori italiani che hanno investito
nel Paese e sono in difficoltà ad assumere operai. La forza lavoro è
ancora in buona parte legata all’agricoltura e il governo ha incentrato
la sua politica sul rifiuto dell’immigrazione: nel 2017 sono stati solo
12 mila gli immigrati (la metà dall’Ue), i rifugiati 1.300. Mentre dal
2010, anno in è andato al potere Orbán, 600 mila ungheresi — in
particolare i più istruiti — sono andati all’estero.
Finora la
politica anti-migranti, grazie alla piena occupazione, gli aveva
garantito ampi consensi. Ma senza gli stranieri manca anche manodopera a
buon mercato, così il premier ha dovuto rispondere forzando sugli
straordinari. E gli ungheresi hanno iniziato a dire no.