giovedì 1 novembre 2018

Repubblica 31.10.18
È ora di centrare il bersaglio
Ecco perché, dopo trent’anni, ha senso continuare a cercare
di Gianfranco Bertone


Un’inquietudine agita gli scienziati che studiano l’origine e l’evoluzione dell’universo. La soluzione di uno dei più impenetrabili misteri della scienza moderna, la materia oscura, sembrava a portata di mano. Invece, nonostante decenni di tentativi, il mistero resta fitto. E in tanti cominciano a sospettare di avere seguito troppo a lungo una falsa pista.
Tutto è cominciato negli anni ‘80. Una serie di scoperte aveva svelato l’esistenza di una misteriosa forma di materia che sembrava sostenere, come un’invisibile impalcatura, le galassie dell’universo. Fu chiamata materia oscura perché invisibile ai telescopi e si capì presto che si trattava di qualcosa di diverso dalla materia a noi familiare, fatta di atomi. Gli astronomi credettero di poterne spiegare gli effetti, ipotizzando che nelle periferie delle galassie si nascondessero popolazioni di stelle deboli o spente. O cumuli di gas freddo e oscuro. O gigantesche nuvole di neutrini. Ma queste ipotesi ebbero vita breve, e divenne chiaro che erano incompatibili con le osservazioni. Come diceva Sherlock Holmes “ eliminato l’impossibile, ciò che rimane, per quanto improbabile, dev’essere la verità”: la materia oscura doveva essere composta di una forma nuova di materia!
Per una strana coincidenza, in quegli anni i fisici teorici stavano cercando una risposta ad alcune domande: perché le forze fondamentali della natura sono così diverse tra loro? È possibile che derivino da una stessa teoria “ unificata” della natura? Le teorie proposte prevedevano l’esistenza di nuove particelle elementari. E le proprietà di queste particelle coincidevano con quelle della materia oscura.
Sembrava una soluzione perfetta: le particelle proposte per risolvere dei problemi di fisica fondamentale potevano spiegare la materia oscura. Un duplice vantaggio, ma anche un ponte tra micro e macro- cosmo. È partita cosi una caccia alle particelle di materia oscura che ha impegnato, e impegna tutt’oggi, migliaia di ricercatori. E che si avvale di spettacolari apparati sperimentali, come il grande acceleratore di particelle del Cern di Ginevra, gli esperimenti dei laboratori nazionali del Gran Sasso e di altri laboratori sotterranei, e numerosi satelliti scientifici in orbita.
Ma nonostante più di trent’anni di sforzi da parte dei fisici teorici e sperimentali, nessuno è riuscito a catturare questo tipo di particelle. Questo comincia a insospettire anche i più strenui sostenitori di questa ipotesi. Dobbiamo continuare a cercare? Fin dove ha senso spingersi? E se queste particelle non esistessero, e la spiegazione fosse completamente diversa?
In questa situazione di inquietudine, gli scienziati fanno quello che sanno fare meglio: propongono idee alternative e provano a verificarle sperimentalmente. I fisici delle particelle hanno così cominciato a esplorare nuove strade, che includono anche l’esperimento Padme da poco inaugurato a Frascati.
E intanto la ricerca della materia oscura contagia altre comunità di scienziati. Gli astronomi avranno presto molto da dire sul comportamento della materia oscura e sulla validità delle teorie attuali grazie ad una serie di nuove campagne di osservazione – i cosiddetti survey astronomici – che forniranno una valanga di dati preziosi. Il Large Synoptic Survey Telescope, ad esempio, produrrà una mappa dettagliatissima di 25’ 000 gradi quadrati del cielo, più di metà della volta celeste, generando più di 20 Terabytes di dati ogni notte!
Altre informazioni potrebbero arrivare da una nuova branca della fisica e dell’astronomia: le onde gravitazionali. Rivelate direttamente per la prima volta nel 2016, ci permettono di ‘ ascoltare’ fenomeni che resterebbero avvolti nelle tenebre dell’universo profondo. Potremo verificare una delle idee più interessanti di Stephen Hawking, secondo cui la materia oscura potrebbe essere costituita da buchi neri “ primordiali” creati nei primissimi istanti dell’universo. E potremo cercare la “firma” che le particelle di materia oscura lasciano sulle onde gravitazionali. Ci sono buoni motivi per essere ottimisti. Per una teoria che vacilla, ce ne sono altre che emergono. È così che procede la scienza. Ed è in queste situazioni di crisi ed incertezza che spesso avvengono le rivoluzioni.