venerdì 2 novembre 2018

Repubblica 2.11.18
Il Festival dell’Economia di Trento a rischio
Trento, il crocevia tra gli economisti e la vita vera
Sbagliato definirlo "di sinistra
". In 13 anni ha visto passare studiosi di ogni orientamento
di Tonia Mastrobuoni

Luciano Gallino era un sociologo innamorato dei numeri, un uomo asciutto e gentile. E parlava talmente a bassa voce che era difficile immaginarlo su un palco. Oltre dieci anni fa andai per la prima volta al Festival dell’Economia di Trento per presentare un suo libro. Ero distratta quando entrai nella sala. Sembrava di stare a un concerto rock. La sala era strapiena di giovani, decine erano in piedi o seduti a gambe incrociate tra le file. Gallino non era ancora arrivato: una studentessa con la mano tremante mi porse un libro e mi chiese se potevo farmelo "autografare" — disse così — da quel professore piemontese.
Dopo quell’incontro, tornai in albergo e spinsi il pulsante dell’ascensore. Quando si aprì rimasi di nuovo senza parole.
Due occhietti vispi mi guardavano con un misto di curiosità e ironia. Salutai Paul Krugman e balbettai due parole sul suo "La coscienza di un liberale" (Laterza) che era appena uscito in Italia. Lui ringraziò e trotterellò fuori dall’ascensore. Quell’anno fece una lezione memorabile, di nuovo davanti a una folla da stadio che aveva fatto un’ora di fila per entrare nella sala. Per le strade del centro si fermò un paio di volte per intrattenersi con un gruppetto di ragazzi che gli facevano domande su domande. L’anno dopo vinse il Nobel.
Il Festival dell’Economia di Trento è sempre stata una gigantesca piazza, un’agorà in cui economisti di ogni orientamento, e non solo quelli «con una precisa visione economica e politica del mondo, espressione della sinistra», come ha affermato ieri a Repubblica il neo presidente della Provincia, Maurizio Fugatti (Lega), si sono confrontati apertamente col pubblico.
Anzitutto è il formato ad invitare alla discussione: anche i Nobel si sottopongono a un fuoco di fila di domande, dopo le loro lezioni. Nove anni fa Tito Boeri mi invitò a coordinare le presentazioni dei libri. La prima volta che mi dimenticai di aprire la discussione alla platea — alla fine della presentazione del libro di Giorgio Ruffolo avevo visto gente in prima fila con gli occhi lucidi e non avevo avuto il cuore di interrompere la sua lezione — fui giustamente rimproverata da una signora che avrebbe voluto fare una domanda a uno dei più straordinari affabulatori della nostra storia.
In tredici anni, decine di Nobel e centinaia di studiosi di tutto il mondo si sono alternati sui palchi di Trento nei giorni di fine maggio tradizionalmente dedicati alla "scienza triste".
Alcuni di loro sono difficilmente assimilabili alla ‘sinistra’ — qualsiasi cosa voglia dire — come gli economisti della Scuola di Chicago Gary Becker e Luigi Zingales o come Tyler Cowen, Alberto Alesina, Kenneth Rogoff o l’ex consigliere di Bush Laurence Kotlikoff.
L’idea folle di rendere "pop" l’economia venne a Giuseppe Laterza dopo aver visto il Festival della Filosofia a Modena. Ne parlò con Innocenzo Cipolletta e chiamarono Tito Boeri a fare il direttore scientifico.
Non era un compito facile, ma Trento fu sin dalla prima edizione un successo clamoroso. Anche per la città: secondo uno studio dell’Università di Trento, il moltiplicatore è 4 o 5. Vuol dire che per ogni euro speso per il Festival, Trento ne incassa 4 o 5.
Quando venne Zygmunt Bauman, gli organizzatori si erano preparati per qualche centinaio di spettatori; in fretta e furia l’evento fu spostato in un auditorium che ne conteneva 1.500, che si riempì in un battibaleno.
Il piccolo miracolo di una disciplina ostica resa più comprensibile ha attratto non a caso migliaia di persone.
Secondo l’Ocse gli italiani continuano a essere meno preparati in economia e finanza rispetto alla media degli altri Paesi sviluppati. E una delle maggiori economiste al mondo, Annamaria Lusardi — anche lei è stata ospite del Festival — ha dimostrato che non è un dettaglio: il 30-40% delle diseguaglianze si spiega anche per la scarsa conoscenza di queste materie. Altri studiosi hanno dimostrato che se gli americani avessero ricontrattato i loro mutui dopo il crollo dei tassi, avrebbero guadagnato in media 11.500 dollari in più.
Conoscere l’economia non significa solo sapere cos’è lo spread: significa vivere meglio. E significa anche saper interpretare la politica, se ogni tanto è consentito citare Karl Marx, indubbiamente un filosofo di sinistra.
A Trento sono venuti Giulio Tremonti e Roberto Maroni, Giulia Bongiorno, Diego Fusaro, Giulio Sapelli, Andrea Roventini o Chiara Appendino, e non solo Manuel Valls, Helene Rey, Amartya Sen, Esther Duflo, Tommaso Padoa-Schioppa o Joseph Stiglitz. E manager italiani considerati dei fuoriclasse in tutto il mondo come Sergio Marchionne o Vittorio Colao. A proposito di confronti, è rimasto nella storia uno scontro ferocissimo a cena tra Colao e l’economista Mariana Mazzuccato, che accusava il top manager di ricomprare azioni della sua azienda invece di fare investimenti lungimiranti. A riprova che gli economisti non hanno affatto un pensiero unico.
Piuttosto un metodo condiviso. E non è certo un buon motivo per diffidare di loro.