Repubblica 18.11.18
Il testamento di Antonioni
Così il mio " Blow- up" non l’avete visto mai
di Michelangelo Antonioni
Thomas
è al lavoro nel suo studio. Sta dietro alla macchina fotografica come
dietro a una mitragliatrice, con lo stesso impeto distruttivo. Davanti a
lui ci sono sette modelle che si muovono come se fossero di caucciù.
Devono formare un gruppo armonico e non è facile, Thomas parla,
gesticola, ordina, grida, non è mai contento. Ogni tanto si avvicina a
una modella, ne cambia la posa, corregge la posizione di un braccio o di
una gamba, le tocca come se fossero oggetti di sua esclusiva proprietà.
Fotografa e beve vino, fotografa e fuma, fotografa e risponde al
telefono, fotografa e discute — nelle pause che lui stesso provoca — con
il suo agente, un uomo sui quarantacinque. Costui gli comunica gli
impegni che ha preso per lui per la settimana seguente: Vogue, Harper’s
Bazaar, Queen, ecc. Thomas gli dice che invece la settimana seguente
vorrebbe non far niente. Cioè, fare cose diverse da quelle che fa sempre
e che sta facendo adesso, ne ha fin sopra i capelli di questo tipo di
lavoro, non gli dà più nessuna soddisfazione. Però gli dà dei soldi, e
molti, obbietta l’agente. Thomas scrolla le spalle: vorrebbe averne una
montagna di soldi, soltanto per non doverci più pensare. Ma la vita di
un uomo non può esaurirsi qui, un fotografo poi è uno che vede meglio
degli altri la realtà, è anche logico che ogni tanto gli venga voglia di
mostrarla agli altri, per esempio fare un libro. Naturalmente l’agente
gli domanda se per caso non sia ammattito, di qui la discussione. Thomas
si stanca anche di discutere e riprende a fare le fotografie. Ma non è
in giornata, non ha le idee chiare, non riesce a ottenere quello che
vuole e se la prende con le modelle: una sfuriata tremenda durante la
quale le insulta a parolacce. Poi se ne va.
Scende per una
scaletta in un secondo studio fotografico con proiettori e il solito
rotolo di carta a colori per gli sfondi. Attraversa l’ambiente ingombro
di strumenti di un’orchestra pop ed esce in un cortile. Ed entra in
un’altra abitazione, la cui porta è aperta. Si lascia cadere su una
sedia in cucina, dove una giovane donna — la stessa che abbiamo visto
portare il caffè a Max il pittore — sta facendo le pulizie. Thomas
vorrebbe parlare con Max. La donna glielo indica oltre una vetrata: il
pittore sta lavorando, sarebbe meglio non disturbarlo. Così restano
qualche istante in silenzio a osservare Max che lavora senza accorgersi
di loro, lento, calmo, preciso: il contrario di Thomas. Quest’ultimo in
fondo lo invidia e lo dice chiaro e tondo alla donna: Max è uno che può
fare quello che vuole, beato lui. La donna continua a guardare il
marito. Per tutta risposta dice: "È l’uomo migliore che io conosca". La
frase suonerebbe un po’ strana o perlomeno superflua a uno che fosse
attento alla donna. Thomas invece è assorto nei suoi pensieri e non ci
fa caso. Quando si volta la donna gli sorride e Thomas se ne va. Torna
nel suo studio. (...) Poi chiede alla segretaria se le modelle e il suo
agente sono ancora di sopra. La segretaria risponde di sì. Thomas fa una
smorfia ed esce in strada.
Thomas in macchina, una Aston Martin o
qualcosa del genere, sportiva: macchina da cinquemila sterline.
Attraversa una parte della città fino a raggiungere, con improvvise
accelerate e brusche sterzate, una tranquilla strada di periferia. Si
ferma davanti a un negozio di antichità. Cerca del padrone ma c’è solo
un commesso, il padrone è andato a prendere un caffè. Thomas dà
un’occhiata al negozio: glielo hanno offerto a buon prezzo, è venuto a
vedere se val la pena. Ne ha altri come quello, ma più centrali, questo
non gli sembra proprio il caso. Guardando scova in un angolo un’elica da
aeroplano. Costa dieci sterline, la compra subito. Dice di mandargliela
a casa nel pomeriggio, possibilmente. Esce ed è colpito dalla bellezza
del paesaggio, senza ragione, di colpo: un grande prato con dei
cartelloni pubblicitari enormi. Tira fuori dal cassetto del cruscotto
una macchina fotografica e si allontana verso il prato, nel quale spicca
una macchia di vegetazione, alla ricerca evidentemente
dell’inquadratura giusta. Thomas si sente libero, quasi felice. Nel
prato non c’è nessuno, tranne un uomo e dei colombi che svolazzano.
Quasi senza accorgersene Thomas alza la macchina e mette l’occhio al
mirino, scatta una foto. Poi tira fuori una sigaretta. Nel momento in
cui avvicina il fiammifero al tabacco, vede la ragazza. Era nascosta
dietro l’uomo e non l’aveva notata. È molto carina, vista da lontano, e
si muove bene. La ragazza è Jane, e l’uomo anziano il signore che era al
suo fianco sulla macchina verde scuro. I due sembrano in pieno flirt.
Thomas scatta altre foto, sono banali ma il posto è bello. I due vengono
avanti, sembra che giochino come si fa tra innamorati. Prima era lei
con le spalle ai cartelloni pubblicitari, ora è lui. Il tutto con
risate, scherzi, moine a non finire. Thomas continua a scattare: sul
lato destro gli enormi cartelloni pubblicitari, a sinistra in basso,
molto piccola, la coppia. Il finale arriva quasi subito. Jane attira a
sé l’uomo, che naturalmente non fa resistenza, e c’è un primo bacio. Poi
un secondo, un terzo, un quarto. Durante il quarto bacio Jane si volta
di scatto come attratta da qualcosa che avverte, che sente più con
l’istinto che con l’orecchio.
Vede che c’è uno che li sta
fotografando e senza un attimo di esitazione si stacca dall’uomo e viene
verso il fotografo. Si ferma a pochi passi da lui, è furente, e
comincia a parlare con voce secca e chiara, dice che nessuno ha il
diritto di prendere foto senza il permesso ed esige che le venga
consegnato il rotolo della pellicola. Thomas risponde che lui fa il
fotografo di professione e quindi scattare fotografie è il suo mestiere e
nessuno può impedirgli di fare il fotografo piuttosto che il macellaio o
il deputato. Risponde bruscamente perché è abituato a un tono diverso
con le donne, cioè con le modelle, e il modo di fare aggressivo di Jane
lo ha punto sul vivo. In realtà la sta osservando: è molto bella ed è
anche lei molto giovane. Peccato che sia così arrabbiata, chissà perché
poi. Forse perché l’uomo che è con lei è tanto più anziano e lei se ne
vergogna. Sta lì rigida, ferma, le labbra serrate, le mani tremanti. Di
scatto le mani si muovono e cercano di afferrare la macchina
fotografica. Ma Thomas ha i riflessi pronti e la tira indietro. In
quello stesso istante gli viene in mente l’uomo che era con la ragazza.
Che fine ha fatto? Guarda alle spalle di lei e si accorge con sorpresa
che invece di avvicinarsi a dare man forte alla sua compagna, l’uomo si
sta allontanando verso il fondo del prato, lentamente dapprima e poi più
rapidamente. Nello stesso momento vede una macchina (la Rover grigio
topo che conosciamo), sbucata chissà da dove, che a marcia indietro si
dirige verso la macchia di vegetazione che anche l’uomo sta
raggiungendo. Seguendo la direzione del suo sguardo anche la ragazza si
volta e sembra contrariata, al punto che si mette a correre verso
l’uomo, intanto scomparso dietro i cespugli. La ragazza si ferma vicino a
questi cespugli e resta per qualche istante così, immobile, poi sale
rapidamente sulla Rover che gira su se stessa e scompare. Thomas scatta
ancora qualche foto al prato vuoto, sul quale son tornati a volteggiare
dei colombi, e poi torna indietro, raggiunge la sua macchina davanti al
rigattiere, vi sale e parte.