Repubblica 17.11.18
La tragedia di Aosta
Le parole non dette
di Michela Marzano
«Non
ce la faccio più». È così che Marisa Charrère ha scritto in una lettera
indirizzata al marito poco prima di iniettare ai suoi due bambini una
dose letale di potassio, sistemare i corpi dei piccoli sul divano-letto
del soggiorno, e uccidersi anche lei. Una tragedia silenziosa,
inimmaginabile. Visto dall’esterno, per quest’infermiera di Aymavilles
di 48 anni, tutto sembrava andasse bene: nessun litigio apparente col
marito, nessun problema economico, nessuna inimicizia in paese, nessuna
avvisaglia di malessere. Certo, Marisa in gioventù aveva sofferto molto
per la morte precoce del padre e del fratello, entrambi vittime di
incidenti stradali. Ma erano dolori antichi, no? Perché non ce la faceva
più? Di cosa poteva mai soffrire questa donna che tutti descrivono come
gentile, serena e affabile con chiunque?
« Il dolore è ancor più
dolore se tace » recita un verso di una poesia di Pascoli, forse una
delle più belle, in cui il poeta cerca di spiegare non solo come a forza
di essere taciuto il dolore si trasformi in una prigione, ma anche come
l’unico modo per cercare di attraversarlo sia, appunto, provare a
nominarlo. Trovare le parole per dirlo, quindi. E individuare la maniera
giusta per comunicarlo anche agli altri. Nonostante sia proprio di
fronte ai dolori più grandi che le parole vengano meno e che, in una
società che fa delle "urla", delle "grida" e delle "lamentele" una
modalità esistenziale, il silenzio appaia come l’unico strumento a
nostra disposizione per preservarci dalla " spettacolarizzazione della
sofferenza". Come si fa d’altronde a spiegare che, nonostante tutto
sembri andare per il meglio, c’è una sofferenza che ci abita, un vuoto
che ci inghiotte, una fatica estrema anche solo per alzarsi la mattina e
fare una dopo l’altra tutte le cose che ci si aspetta da noi? Come si
fa a trovare le parole giuste per condividere la sensazione di non
farcela più, la voglia di mollare tutto, la disperazione di fronte a un
futuro che sembra non dare alcuna alternativa? Certe cose, dall’esterno,
non si riescono né a vedere né a capire. Certe cose, dall’esterno,
sembrano brillare anche laddove sono circondate dalle tenebre. Lungi da
me cercare una spiegazione o una giustificazione per il terribile gesto
commesso da Marisa. Ammazzare i propri figli e ammazzarsi resta un gesto
disperato, irreparabile, e le uniche domande che sembrerebbe legittimo
porsi riguardano il perché questa donna non abbia né chiesto aiuto né
parlato con qualcuno di quello che stava vivendo e delle ombre che forse
velavano il suo rapporto col marito. Subito prima di chiedersi anche
cosa sapessero realmente di Marisa tutti coloro che oggi affermano che
non c’era assolutamente alcuna avvisaglia e che tutto, nella sua
famiglia, sembrava andasse bene. Perché poi, in fondo, è questo il vero
dramma della nostra società: l’apparenza. Le cose appaiono in un certo
modo, e non si fa mai lo sforzo di andare al di là dell’apparire per
vedere e ascoltare e capire ciò che forse non appare ma che c’è, e che
distrugge dall’interno la vita di tante persone.