mercoledì 14 novembre 2018

Renzi sceglie i tesorieri e si assicura la cassa
Controllo - Bonifazi e Collina gestiscono buona parte dei finanziamenti pubblici destinati al Pddi 

di Wanda Marra

Follow the money, segui il denaro: il principio più vecchio del mondo si arricchisce di una nuova declinazione nella convulse e scomposte vicende di quel che resta nel Pd. “Segui il tesoriere”: si potrebbe sintetizzare così. Perché Matteo Renzi e i suoi fedelissimi sono particolarmente concentrati ad occupare le caselle che gestiscono soldi pubblici e non solo.
Prima di tutto, quella del Partito democratico. Il tesoriere – riconfermato anche con la gestione Maurizio Martina, che ha cambiato la segreteria, ma non l’ha sostituito – resta Francesco Bonifazi. Oltre a tenere il controllo della borsa e dunque a gestire entrate e uscite del Pd, mantiene la gestione del simbolo. Cosa non secondaria con l’ennesima scissione alle porte. Non è un caso che nella trattativa in corso con Marco Minniti verso la sua candidatura, Matteo Renzi stia insistendo proprio per la riconferma dello stesso Bonifazi.
Il bilancio del Pd del 2017 si è chiuso con un utile di circa 500 mila euro. Poca roba, ma comunque un risultato raggiunto grazie al sacrificio dei 180 dipendenti che sono stati messi in cassa integrazione.
In un momento in cui Renzi non ha un solo piano, ma varie ipotesi in campo, Bonifazi è anche tesoriere della Fondazione Eyu, ufficialmente legata al Pd, ma ormai cassaforte del renzismo (ha sostituito la Open di Alberto Bianchi in questo). Non ci pensa proprio a lasciare una delle due cariche, nonostante sia indagato per finanziamento illecito. I sospetti della Procura di Roma si concentrano sui 150 mila euro elargiti dal costruttore Luca Parnasi alla Fondazione Eyu per uno studio immobiliare che ne valeva un terzo: sarebbero in realtà destinati al Partito Democratico, ma non iscritti correttamente nei bilanci.
Nel frattempo, i Comitati civici lanciati ufficialmente da Renzi alla Leopolda si stanno strutturando. Nessuno del giro stretto dell’ex segretario fa più mistero del fatto che la strada verso l’uscita si avvicina. Dopo le Europee e le Amministrative, visto che strutturarsi prima è complicato. I Comitati hanno un presidente, che svolge anche le funzioni di tesoriere: Roberto Cociancich, ex capo scout di Matteo, poi diventato senatore, che diventò noto per aver firmato il canguro, l’escamotage tecnico già utilizzato per cancellare in un colpo solo tutti gli emendamenti alla riforma costituzionale.
Non ultimo, c’è quello del gruppo del Senato di tesoriere: si tratta di Stefano Collina, faentino alla seconda legislatura. Che si trova a gestire un tesoretto di circa 3 milioni di euro. A Palazzo Madama siedono Matteo Renzi e Francesco Bonifazi. Il capogruppo è uno dei più vicini all’ex premier, come Andrea Marcucci. Qualche prova della gestione disinvolta di quei fondi si è già avuta, con il finanziamento di una parte della riunione della corrente renziana di Salsomaggiore.
Infine, ci sono i fondi della Camera: in questo caso a gestirli è Andrea De Maria, non uno del Giglio Magico, anche se non ostile a Renzi.

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