La Stampa TuttoSalute 27.11.18
“Rachel e l’autismo”
Il saggio-confessione di un padre-scienziato “Non accusate i vaccini”
di Fabio Di Todaro
Di
libri sui vaccini, nel mondo, ne sono stati scritti a decine. Ma
nessuno è in grado di entrare sottopelle come quello appena uscito negli
Usa e non ancora tradotto. Il titolo è «Vaccines didn’t cause Rachel’s
autism» («I vaccini non hanno provocato l’autismo di Rachel», pubblicato
dalla Johns Hopkins University) e l’autore è Peter Hotez, direttore del
centro per lo sviluppo dei vaccini del Texas Children’s Hospital di
Houston.
Quelle 220 pagine sono intrise del razionale scientifico e
del vissuto di quest’uomo, uno dei massimi esperti di malattie
infettive tropicali. Rachel è la sua terzogenita: oggi ha 26 anni e dal
’94 sa di convivere con un disturbo dello spettro autistico. È chiaro
quello che Hotez vuole dire a chi legge: «La malattia di mia figlia non è
stata provocata da alcuna vaccinazione».
L’involuzione sociale
degli ultimi anni è stato il lievito che ha dato forma al libro. Oggi,
in alcune aree del Texas, un bambino su tre non riceve il vaccino
trivalente, che protegge da morbillo, parotite e rosolia. «Qualcosa di
terribile», racconta Hotez a «Tuttosalute». Lui conosce bene l’andamento
della malattia anche in Europa: oltre 50 mila i casi di morbillo
registrati nel Vecchio Continente solo nel 2018. La sua battaglia a
difesa dei vaccini l’ ha reso uno dei bersagli più ricercati sui social
media dai movimenti contrari alla profilassi. Ma, oltre al bagaglio
professionale, lo scienziato ha un vissuto familiare che l’ha obbligato a
giocare questa partita.
«Nessuno, negli Usa, parlava di questa
emergenza e così ho capito che chi altro avrebbe dovuto farlo se non io,
che studio i vaccini da sempre e ho una figlia autistica?». Il
problema, secondo Hotez, è che i vaccini sono vittima del loro successo.
«Hanno funzionato talmente bene da far dimenticare cosa fosse il
vaiolo, quale sia stato l’impatto della poliomielite e della meningite
provocata dall’Haemophilus Influenzae tipo B: infezioni per cui oggi
esiste una profilassi vaccinale». Questo è lo scenario nei Paesi
occidentali. Perché, poi, c’è un’altra parte di Pianeta, prevalente, in
cui ogni anno 1,5 milioni di bambini muoiono, perché i vaccini non
arrivano.
Da qui la scelta di mescolare la prospettiva del
ricercatore con quella del genitore, così da rispondere a una delle
sfide più urgenti in termini di salute pubblica. Il tono è pacato, ma
per Hotez l’impatto del disturbo di Rachel è stato devastante. «Da
piccola non voleva essere abbracciata. Allineava gli oggetti su un
tavolo per poi buttarli a terra e ha sempre avuto un quoziente
intellettivo più basso rispetto ai coetanei - è il racconto commovente
che lo scienziato fa nel primo capitolo -. A un anno e mezzo non
camminava né parlava. Per noi, che eravamo al terzo figlio, fu una
novità assoluta».
E, intanto, il movimento anti-vaccinista
continuava a crescere. «Se un ricercatore che lavora per salvare i più
poveri condivide le proprie conoscenze e l’esperienza che gli ha posto
di fronte la vita, occorre sempre prestare attenzione», spiega nella
prefazione Arthur Caplan, bioeticista della New York University. E
infatti nel libro - che spiega con dovizia ciò che sappiamo in merito ai
disturbi dello spettro autistico - è ricostruito tutto l’artificio che
ha portato a diffondere la fake news di una correlazione (inesistente)
tra la vaccinazione trivalente e l’autismo: dalla pubblicazione dello
studio di Andrew Wakefield su «The Lancet», nel 1998, al successivo
ritiro, nel 2010, dopo che si era scoperto che i risultati erano stati
falsificati e che il ricercatore era stato pagato per dimostrare
quell’impossibile legame e, così, portare avanti cause milionarie.
Nonostante ciò, sono ancora in molti a dare ossigeno a questa bufala.
Hotez ne conosce molti da vicino. L’ex medico inglese, dopo essere stato
radiato dal proprio ordine, si è infatti trasferito proprio in Texas,
dove continua ad agitare uno spauracchio inesistente. Se molti texani
considerano i bambini autistici dei vaccinati «feriti», buona parte
delle responsabilità sono le sue.
Hotez rivela tutta la
preoccupazione che lo tormenta per il crescente impatto dei movimenti
anti-vaccinisti in Occidente. Un «mix di isteria e pseudoscienza» è
quanto ha portato allo scenario attuale, spiega: con il web nel ruolo di
una tanica di benzina a pochi passi da un incendio. «Esistono almeno
500 siti che fanno propaganda contro i vaccini. A consultarli sono
perlopiù persone benestanti e istruite, non al punto però da distinguere
una fonte attendibile da un portale antivaccinista».
Nel mostrare
la propria intimità («Io e mia moglie Ann stiamo invecchiando e siamo
preoccupati di come Rachel vivrà quando non ci saremo più») Hotez si
augura che il dibattito sull’autismo si sposti sui bisogni di chi ne
soffre e delle famiglie. «Se sono arrabbiato con chi si oppone ai
vaccini è perché questo atteggiamento dirotta l’attenzione lontano da
quelle che sarebbero le risposte da dare. La scienza ne ha già fornite
molte: l’autismo è un problema che matura a partire dalla gravidanza, se
non prima. Non è evitando di vaccinare un bambino che lo si pone al
riparo da questo disturbo».