lunedì 5 novembre 2018

La Stampa 5.11.18
Da Torino a Varese
Il filo che unisce l’ultradestra a Mosca
di Andrea Palladino


Tirava un cupo vento dell’Est ieri in piazza Duomo, a Milano. Le porte del Palazzo Reale si sono aperte al convegno «Cent’anni dopo… Eurasia! L’arte incontra Aleksandr Dugin». Padrone di casa era la cooperativa Arnia, presieduta da Ines Pedretti, già candidata nel piccolo Comune di Casaleggio (Novara) per il Nsab, Nationalsozialistische arbeiter bewegung, il «Movimento nazionalista e socialista dei lavoratori». Partitino apertamente revisionista e filo nazista. Arnia è il gestore dell’Associazione culturale «La corte dei Brut» di Gavirate, in provincia di Varese - dove Dugin è stato pochi mesi fa ospite – enclave della destra radicale animata da Rainaldo Graziani. Figlio di Clemente, il fondatore di Ordine nuovo, era a capo di Meridiano zero, il gruppo della destra neofascista attivo negli Anni 90. È solo l’ultimo tassello di una alleanza strettissima tra l’ultradestra italiana ed europea con la Russia di Putin, legame che passa attraverso la figura di Dugin, la vera anima della svolta tradizionalista e reazionaria di Mosca, ispiratore del fronte delle autoproclamate repubbliche caucasiche, dall’Ossezia del Sud fino al Donbass in Ucraina, passando per la Crimea. È la geopolitica espansionista che sta attirando attorno a sé il mondo della destra neofascista, affascinata dalla «quarta teoria politica» del filosofo russo, apertamente ispirata ad Julius Evola e René Guenon. Incontri, convegni, centri studi. Ma anche simboli, come la sinistra lampada di Yule, la Julleuchter, prodotta e usata dalle SS: un oggetto che la cooperativa Arnia ha dato in dono ad Aleksandr Dugin lo scorso giugno, in una cerimonia nella Corte dei Brut. Un rapporto stretto, evocativo, che ieri ha avuto come palco il cuore nobile di Milano. Un punto di partenza di una iniziativa ampia e nazionale con il filosofo russo, racconta su Facebook Rainaldo Graziani.
Da Varese a Torino, da Milano a Riva del Garda. Due nomi legati alla cooperativa Arnia portano verso il Piemonte. La vicepresidente Nicoletta Cainero era la compagna di Giovan Battista Ceniti, l’esponente della destra della Val d’Ossola condannato in via definitiva per l’omicidio del cassiere di Mokbel Silvio Fanella. Insieme a lui è stato condannato Egidio Giuliani, ex Nar, che nella cooperativa occupava il posto della Cainero fino a quattro anni fa. Le indagini della Squadra mobile romana dell’epoca parlano poi di legami con l’area del neofascismo sul Lago di Garda.
Il filo che unisce la destra italiana con la Russia ha tanti fronti. A Torino opera l’ufficio di rappresentanza dell’autoproclamata Repubblica popolare di Donetsk. Il responsabile, Maurizio Marrone, il 6 settembre scorso si è fatto ritrarre in camicia nera, con alle spalle la bandiera del Donbass e la foto di Aleksandr Zakharchenko, presidente dei separatisti supportati da Putin, ucciso in un attentato il 31 agosto scorso. Lo stesso clima, un po’ meno marziale, c’era due giorni dopo a Verona. Il nome di Zakharchenko lo ha pronunciato il 6 settembre Vito Comencini, deputato della Lega, segretario della commissione Esteri a Montecitorio: «Un modo per rendergli onore», scrive su Facebook. Anima dell’Associazione Veneto-Russia, impegnato in vari tour nel Donbass secessionista, Comencini fa coppia fissa con Andrea Bacciga sotto inchiesta per un saluto romano diretto al gruppo delle donne «Non una di meno» in Consiglio comunale. E quando Bacciga dona un libro dell’ex SS Leon Degrelle alla biblioteca, il deputato leghista non ha dubbi: «Un bel gesto», commenta. Simboli, evocazioni, segnali politici che legano la passione per Putin e Dugin, passando per le autoproclamate repubbliche ucraine e giorgiane, con l’area della destra radicale.