La Stampa 17.11.18
Chi gioca a spaccare i 5 stelle
di Federico Geremicca
Conclusa
la «campagna di mare», condotta a colpi di porti chiusi, navi
sequestrate e respingimenti nel Canale di Sicilia, Salvini sembra aver
avviato la sua «campagna di terra» - fatta di ruspe e grandi opere -
aprendo un nuovo e inatteso fronte: quello dello smaltimento dei
rifiuti. Lo ha fatto non a caso da Napoli (la conquista del Sud è un
obiettivo strategico di questa nuova fase) e su un tema che si è subito
mostrato capace di mandare in fibrillazione la cosiddetta «ala sinistra»
del M5S. La novità di questa possibile seconda fase è proprio questa:
l’obiettivo - più ancora che il consolidamento dei consensi conquistati
con la «campagna di mare» - sembra infatti esser quello di acuire le
tensioni interne al Movimento.
In modo da accentuare le distanze tra Di Maio e Fico, leader di un’ala ortodossa in evidente sofferenza.
Del
resto, proporre la costruzione di un nuovo inceneritore in Campania -
dove il Movimento Cinquestelle è nato e cresciuto proprio sulla proposta
di un nuovo ciclo per lo smaltimento dei rifiuti - costituisce una
provocazione che non arriva certo per caso.
L’affondo del leader
leghista, naturalmente, non è affatto piaciuto a Di Maio che però, col
passar delle ore, ha modificato i toni della sua reazione, passando da
un intransigente «gli inceneritori non c’entrano una ceppa» ad un più
prudente e preoccupato «così si creano tensioni nel governo». E
l’irruzione del titolare del Viminale su un terreno nient’affatto suo,
ha indispettito anche Sergio Costa, ministro dell’Ambiente, che - memore
di quanto accaduto in materia di immigrazione, tema trasformato da
Salvini in «emergenza» per catturare nuovi consensi - ha messo subito le
cose in chiaro, spiegando che «in Campania non c’è alcuna emergenza
rifiuti».
Ma è difficile immaginare che il leader leghista fermi
la sua nuova campagna. A Matteo Salvini, infatti, vengono attribuiti una
preoccupazione ed una tentazione. La preoccupazione è che certe
posizioni grilline (soprattutto in materia di infrastrutture e
giustizia) possano finire per creare problemi all’intero governo (come
ha ben dimostrato la «protesta civica» di Torino); la tentazione è
quella di premere il pedale sull’acceleratore - come ha fatto partendo
all’attacco sugli inceneritori - per acuire le tensioni interne al
Movimento fino a portarlo alle soglie di una spaccatura. È per questo
che da qualche tempo gli obiettivi polemici più cari ai leghisti sono
diventati proprio i ministri Toninelli e Bonafede: accusati di
«pauperismo» il primo (per il suo no alle grandi opere già in cantiere) e
di giustizialismo il secondo (per le posizioni in materia di
prescrizione e lotta ad evasione fiscale e corruzione).
Un
Movimento privo dell’ala cosiddetta ortodossa e dunque pronto a qualche
compromesso (pratica che Di Maio non disdegna) potrebbe esser
considerato dalla Lega un alleato meno transitorio di quello attuale.
Del resto, messa quasi definitivamente nel cassetto l’ipotesi di una
riedizione della coalizione di centrodestra, anche per la Lega si pone
un problema di alleanze future. È vero, salvo crisi oggi imprevedibili,
il tema non è ancora all’ordine del giorno: ma ci arriverà. E farsi
trovare preparato in vista di un futuro imperscrutabile sta diventando
una delle preoccupazioni principali del super-attivo ministro
dell’Interno.