il manifesto 7.11.18
Prescrizione, così si fa a pezzi il principio di non colpevolezza
Riccardo
De Vito. Il presidente di Magistratura democratica: in nome
dell'interesse dello stato viene violato l'articolo 27 della
Costituzione. Così la proposta del M5S è sbagliata nel metodo e
pericolosa nel merito. Meglio sarebbe stato attendere i risultati della
riforma già fatta e concentrarsi sui tempi del processo
di Andrea Fabozzi
Riccardo
De Vito, presidente di Magistratura Democratica, qual è il suo giudizio
sulla proposta di interrompere la prescrizione dopo il primo grado di
giudizio? La corrente di Davigo chiede che Csm e Anm si schierino a
sostegno dell’iniziativa del M5S.
Non condivido, ma è legittimo che
una corrente della magistratura possa chiederlo. Così come sarebbe
giusto che Csm e Anm prendessero posizione sui punti critici e
pericolosi del decreto sicurezza. Sulla prescrizione le posizioni nella
magistratura sono diverse, ed è giusto ricordare che l’Anm si è sempre
espressa per l’interruzione dopo il primo grado. Non è però la mia
opinione. Io penso che gli interventi sulla prescrizione debbano
marciare di pari passo con quelli sulla ragionevole durata del processo.
Altrimenti per garantire l’effettività del processo penale si sacrifica
l’interesse della persona a non rimanere sotto processo all’infinito.
C’è l’interesse dello stato a non sprecare le risorse investite
nell’amministrazione della giustizia, ma c’è anche l’interesse della
persona a non rimanere sotto processo per sempre. Anzi, in un’ottica
garantista questo diritto deve venire prima.
Diceva di posizioni differenti nella magistratura, per la verità sono pochi quelli che hanno criticato la proposta.
Il
dibattito è condizionato dall’esperienza dei colleghi. Io faccio il
magistrato di sorveglianza, lavoro sul carcere, e credo che non sia
tollerabile vedere le condanne diventare effettive a distanza di molti
anni dal fatto. L’esperienza quotidiana dice anche dopo 12 o 15 anni.
Intervenire solo sulla prescrizione scarica tutto il peso sulla parte
più debole del processo penale, l’imputato. E lancia il messaggio che si
possono dilatare i tempi del processo con totale sacrificio del
principio di non colpevolezza, tutelato dall’articolo 27 della
Costituzione. Per questo mi pare una riforma non solo incompleta, ma
anche estremamente pericolosa.
Una riforma che peraltro arriva a poca istanza da un’altra. È possibile valutare l’impatto della legge Orlando?
Non
ancora, è questo il paradosso. Quella legge ha già modificato in
maniera consistente i tempi della prescrizione del reato,
interrompendoli per complessivi tre anni dopo il primo grado.
Naturalmente può riguardare solo i reati commessi dopo l’entrata in
vigore (3 agosto 2017). In attesa di una serena valutazione meglio
sarebbe stato lavorare per cercare di ridurre i tempi del processo, per
esempio rivedendo le impugnazioni e le notifiche, consentendo un accesso
diffuso accesso ai riti abbreviati.
La maggioranza non sta facendo
il contrario? Un disegno di legge approvato ieri alla camera esclude i
riti alternativi per i reati punibili con l’ergastolo.
Proprio così.
Anzi, peggio di così perché è lo stesso disegno di legge anti
corruzione, quello nel quale si vuole infilare una riforma epocale della
prescrizione – con un metodo inaccettabile – che impedisce il ricorso
ai riti alternativi per tutta una serie di reati. E ne scarica il peso
sul rito ordinario, ingolfando ulteriormente.
L’interruzione della prescrizione dopo il primo grado è però prevista in altri paesi europei.
È
vero, per esempio in Spagna o in Germania. Che però hanno sistemi
processuali diversi dal nostro. Ad esempio, nel caso il processo non si
concluda in tempi ragionevoli è previsto il rimedio compensativo della
riduzione della pena.
In Italia la maggior parte dei reati si prescrive in fase di indagini, è una responsabilità della magistratura?
Influiscono
certamente le scelte delle procure che, a fronte di risorse scarse,
tendono a sacrificare alcuni processi per garantire quelli più
importanti. Ma si prescrivono soprattutto i reati di più difficile
accertamento che sono poi quelli commessi dai colletti bianchi. Mentre
arrivano a conclusione i processi per i poveracci. È una selezione che
lede il principio di uguaglianza e che avviene ben prima delle sentenze
di primo grado.
Se il compromesso tra Lega e 5 Stelle prevedesse
l’interruzione della prescrizione dopo il primo grado solo per i reati
più gravi?
Quale sarebbe la differenza? I reati più gravi sono anche
quelli che hanno anche la prescrizione più lunga, dunque in pratica
parliamo della stessa cosa.