Corriere 22.11.18
Cari scienziati, siate un po’ filosofi
Carlo Rovelli, le passioni e gli incroci tra discipline. «Ho riletto Aristotele: gli siamo ancora debitori»
Confronti
Il fisico in dialogo con il direttore Luciano Fontana alla
presentazione milanese del suo nuovo libro edito dal «Corriere della
Sera»
di Ida Bozzi
Una serata in cui si è
parlato di farfalle e di vita dopo la morte — e poi di cervello umano,
tempo, coscienza, buchi neri, e perfino di vaccinazioni e di giornalismo
— mostrando quante siano le questioni cui è chiamata a rispondere la
scienza. Martedì sera, nella sala piena dell’Auditorium San Fedele di
Milano, un pubblico attento ha partecipato, più che assistito, alla
presentazione del nuovo libro del fisico Carlo Rovelli, Ci sono luoghi
al mondo dove più che le regole è importante la gentilezza, pubblicato
dal «Corriere della Sera» e che raccoglie gli articoli del fisico
scritti per diversi giornali. Partecipato: perché la conversazione tra
lo scienziato, autore di saggi bestseller come Sette brevi lezioni di
fisica e L’ordine del tempo (Adelphi), e il direttore del «Corriere»
Luciano Fontana ha offerto il destro per una quantità di domande del
pubblico.
Un dialogo, quello tra Fontana e Rovelli, che ha
chiarito come la scienza sia aperta al mondo e capace di incontrare
altre discipline. Le farfalle scelte per la copertina del libro ne hanno
mostrato un primo esempio. «La farfalla è l’Icaro azzurro — ha spiegato
Rovelli —, quella che studiava Vladimir Nabokov, uno dei grandi
scrittori del Novecento, che sognava di essere ricordato per i suoi
studi sulle farfalle. La sua teoria sull’Icaro è stata dichiarata
esatta: aveva teorizzato che le 5 specie esistenti in America fossero
giunte nel continente in 5 epoche diverse, e oggi si è scoperto che è
vero. Era un grande scienziato, il suo sguardo sapeva vedere la
bellezza: mostra quanto c’è in comune tra letteratura e scienza».
Il
titolo del saggio, invece, nasce da un’esperienza in Senegal, ha
ricordato Rovelli: «Sono entrato in una moschea con le scarpe in mano,
cosa che non si può assolutamente fare. Ma è arrivato un vecchio che
sorridendo ha preso le mie scarpe, le ha messe in un sacchetto, me le ha
restituite e mi ha fatto cenno di entrare. Mi ha colpito che quell’uomo
mi abbia accolto, preferendo la gentilezza alle regole. Se si
collaborasse, invece che limitarsi alle regole, tutto andrebbe meglio».
A
proposito di accoglienza, il direttore del «Corriere» ha ricordato il
primo incontro con Rovelli: «La prima cosa che mi ha chiesto è stata:
“Vorrei scrivere un articolo contro la guerra. Me lo pubblicate?”. Gli
ho risposto: “Certo!”. Forse non mi credeva. Invece andò proprio così».
In quei giorni era in discussione la partecipazione italiana a
operazioni militari in Iraq. «Questo mi ha dato la sensazione — ha
risposto Rovelli — di trovare un giornale aperto. Anche se non sempre i
lettori sono d’accordo con me: ma è bello avere opinioni diverse, è il
modo in cui si cresce».
Proprio sull’importanza di far incontrare
opinioni, ma anche discipline diverse, è proseguito il dialogo. Fontana
ha notato che nel libro si parla molto di filosofia e filosofia della
scienza. E Rovelli ha spiegato: «Trovo che uno scienziato debba avere
una prospettiva “filosofica”, che la scienza nel suo insieme sia
un’esplorazione dei modi di pensare al mondo. Da Einstein a Newton,
tutti i grandi si sono nutriti di filosofia. Einstein ha letto Kant a 15
anni. E i filosofi, Kant, Aristotele, si sono interessati alla cultura
scientifica del loro tempo».
Rovelli ha raccontato le sue passioni
(«Ho riletto la Fisica di Aristotele e sono rimasto esterrefatto: è
grande scienza. Nella fisica attuale ci sono ancora parti che risalgono a
lui») e le sue teorie («Il tempo non è una cosa sola, ha vari livelli,
alcuni dei quali hanno a che vedere con il mondo fisico, altri con il
cervello, la memoria. Il tempo per noi è l’emozione del suo scorrere, il
fatto che tutto finisce. Occorre districare l’“emozione del tempo” dal
tic tac dell’orologio»).
Poi, le domande del pubblico. Sul libero
arbitrio: «Come dice Spinoza, è il nome che diamo — ha risposto Rovelli —
al non essere consapevoli di ciò che avviene in noi e ci determina; da
dentro, non da fuori». Sulla possibilità di studiare anche l’essere
umano con la fisica quantistica: «Sarebbe un esagerato spreco di
dettagli. A ogni disciplina il livello di precisione che le compete».
Sulla somiglianza dell’universo al cervello: «Secondo me noi capiamo
meglio l’universo del cervello». Su ciò che prova, lui ateo dichiarato,
se pensa che non c’è nulla dopo la morte: «Quest’ansia l’abbiamo tutti,
atei o no». Sulla divulgazione scientifica: «La mancanza di rispetto per
il sapere scientifico è pericolosa. Se non usiamo questo sapere ci
facciamo del male, con il riscaldamento globale o non vaccinandoci». E
sulla teoria del tutto: «Non credo che siamo vicini a trovarla. Ma
possiamo imparare cose nuove proprio a partire da quelle che non ci
tornano».
La teoria del tutto
«Non credo che siamo vicini a trovarla. Ma possiamo imparare cose nuove proprio a partire da quelle che non ci tornano»