Corriere 14.11.18
Perché pensiamo diverso Mega studio di Cambridge su 670 mila persone: «Uomini più razionali, donne più empatiche»
Ma le cause non sono chiare
E gli scienziati avvertono: il cervello si adatta alle condizioni sociali
di Candida Morvillo
Ebbene
sì, donne e uomini pensano in modo diverso. Le donne sono più
empatiche, gli uomini più razionali. A Londra, The Times ha sparato la
notizia in prima pagina, poiché lo studio dell’Università di Cambridge
che sembra dimostrarla è il più vasto mai realizzato. Ben 670 mila
persone sono state sottoposte a svariati test online per concludere che
«l’analisi dei “tipi di cervello” ha rivelato che le femmine tipiche
hanno, in media, più probabilità di essere di tipo emotivo e che i
maschi tipici hanno più probabilità di essere di tipo sistematico». È
come dire che le donne vengono da Venere, gli uomini da Marte, un luogo
comune per il quale gli scienziati da tempo cercano nei nostri cervelli
la conferma definitiva, talvolta attirandosi accuse di «neurosessismo».
I
quattro ricercatori di Cambridge (un neuroscienziato, uno psichiatra e
due psicologi) hanno identificato cinque sottotipi di cervello lungo una
«scala E-S» dove «E» sta per empatia, ovvero la capacità di leggere le
emozioni altrui e rispondere di conseguenza, e «S» sta per
sistematizzazione, ovvero l’abilità di comprendere le regole seguite
dall’altro e reagire a modo. Risultato: le donne sono più interessate
alle emozioni e alle persone, gli uomini ai fatti e ai meccanismi. La
ricerca pubblicata sulla rivista americana Pnas, Proceedings of the
National Academy of Sciences, decreta che le differenze «sono molto
chiare». Meno, però, e non è un dettaglio, lo sono le cause.
C’entrano
fattori genetici, biologici (specie ormonali) e fattori ambientali e di
educazione. Scrivono i ricercatori: «Tutto suggerisce che le pressioni
di selezione evolutiva hanno favorito la specializzazione del cervello
nel campo culturalmente associato a quel sesso». Quindi, cura degli
altri per le donne, e lavoro e società per gli uomini. La chiave sta
qui, di fatto, nelle pari opportunità ancora da realizzarsi. Federica
Agosta, neuroscienziata ed esperta di neuroimaging alla Divisione di
Neuroscienze del San Raffaele di Milano, osserva: «È come chiedersi se
viene prima l’uovo o la gallina... Il cervello è plastico e muta secondo
le situazioni che affrontiamo. Le donne pensano empatico perché lo sono
o perché “lavorano” con l’empatia?». E spiega che, probabilmente, se
esaminassimo un bravo mammo, scopriremmo un cervello tendente alla «E»
di molto empatico e, in una donna laureata in ingegneria un cervello
incline all’estremo «S» cosiddetto maschile: «È il limite delle ricerche
di gruppo, a cui sfugge la singola individualità». E nello studio
rileva un altro limite, e cioè che i test sono stati fatti online, senza
controllo diretto di supervisori, anche se «il risultato resta valido
per il campione numericamente elevato».
Alberto Albanese,
responsabile dell’Unità Operativa Neurologia I all’Humanitas di Milano,
dice: «Sappiamo molto sulle differenze morfologiche del cervello
maschile e femminile, ma poco su cause ed effetti. Sappiamo che il
cervello delle donne è più piccolo, senza che ciò influenzi
l’intelligenza, e che alcune aree hanno forme diverse: il nucleo
soprachiasmatico, che regola i ritmi circadiani, nelle donne è
allungato, negli uomini tondeggiante, ma non sappiamo perché; l’area
preottica nei maschi è 2,2 volte più grande, ma ne ignoriamo il motivo.
Le donne hanno molti fasci di connessione fra i due emisferi, mentre gli
uomini li hanno all’interno o dell’emisfero destro o sinistro, ma su
questo non ci sono dati sicuri e restano molti dibattiti aperti».
Il
rischio è strumentalizzare alcuni studi. I ricercatori di Cambridge
sono categorici: «Usare i nostri risultati per discriminare in base al
sesso sarebbe pernicioso, perché conta sempre il singolo individuo».
Insomma, se è vero che il cervello si plasma su ciò che facciamo, e il
test fosse ripetuto su sole neuroscienziate, l’esito tenderebbe verso il
virile estremo «S». Verso l’ipotetica «P» di parità.