Repubblica 23.10.18
Allarme violenza
Il fight club del sabato in piazza convocato dai ragazzi sui social
Piacenza,
63 identificati nell’ultimo weekend: si ritrovano in centro e si
sfidano a pugni dopo avere organizzato online luogo e orario. Appello
del questore a genitori e insegnanti
di Maurizio Pilotti
Piacenza
«Prima regola del Fight club: non parlate mai del Fight club». Ecco, a
Piacenza ormai è evidente che sappiano benissimo che cosa è un Fight
club: ormai da tre week end consecutivi, infatti, gruppi di ragazzini si
danno appuntamento nel centro storico per prendersi furiosamente a
cazzotti: ben sessantatré ragazzi sono stati identificati solo sabato
scorso, sei sono stati portati in caserma.
È che la prima regola
enunciata nel romanzo di Chuck Palahniuk qui sembra proprio non aver
attecchito. Anzi, a Piacenza del Fight club se ne parla, eccome. E viene
addirittura pubblicizzato online: il tam tam dei raduni è infatti
diffuso con diversi giorni di anticipo sui social network, così da
rendere ancora più carico l’evento. Si affrontano un centinaio di
ragazzi, molti i minorenni. Ma non c’entra la politica, né la fede
calcistica, né qualsiasi altro credo. Si confrontano, si sfidano, si
picchiano per il solo gusto di farlo.
A volte — come nel caso
dell’ultima megarissa dello scorso fine settimana — pare ci fosse
all’origine qualche like di troppo sul profilo Instagram di un’amica.
Più che altro un pretesto per poter menare le mani. Quello che conta è
che al raduno la tensione salga, tra insulti e minacce, fino a che
cominciano gli spintoni. Poi iniziano a partire i primi cazzotti, e ci
si trova nella versione tutta padana e adolescenziale del Fight Club. Ma
non per questo meno pericolosa.
Certo, molti si limitano soltanto
a guardare i coetanei e fanno il tifo. Lo fanno con crudeltà tutta
infantile, in un clima di violenza impressionante, inaspettato per un
branco di imberbi. Nei filmati che girano sulla Rete — perché molti
addirittura ne filmano i combattimenti, che poi rimbalzano sui social —
si sentono in sottofondo voci stridule, da ragazzino di 12 anni, gridare
« Ammazzalo! » , « Spaccagli il c.. o! » , mentre due giovanissimi,
circondati dal pubblico di coetanei ( che non fa niente per fermarli e
li aizza) si prendono a pugni larghi come quelli delle risse tra
camionisti di una volta. Molti si limitano a tifare, ma nella bolgia ci
sono anche quelli che i pugni li danno. E quelli che li prendono,
naturalmente. In un video diffuso online dal sito del quotidiano
Libertà, due poco più che bambini si confrontano come sul ring, con la
guardia alta. Il più grande dei due fa partire un destro che colpisce
l’avversario, esile, che traballa, centrato in pieno volto: la testa gli
fa un violento scatto indietro, come quella dei pugili quando incassano
un colpo. Ma poi recupera l’equilibrio, e il combattimento continua.
Fino a quando?
Polizia e carabinieri però non si sono fatti
trovare impreparati, scongiurando con controlli a tappeto che la
situazione potesse degenerare o portare a conseguenze più serie. Il
questore Pietro Ostuni lancia un appello ai giovani e alle loro famiglie
perché le risse del sabato si interrompano subito. « Non andateci.
Ragazzi, dovete sapere che dopo i 14 anni si è imputabili penalmente e
che anche soltanto da spettatori si può essere coinvolti. Rivolgo lo
stesso invito anche ai genitori, a prestare la massima attenzione a
quello che i figli fanno o dicono, soprattutto per evitare che possano
farsi male. Finora abbiamo evitato il peggio con tutte le forze
dell’ordine impegnate sul territorio: ma il mio invito è a non andare a
quei raduni, anche solo per guardare».
Il questore Ostuni ricorda
infatti ai tanti giovanissimi spettatori che filmano e poi rilanciano le
risse sui social, finendo così per fare da fattore moltiplicatore degli
scontri, che non è facile sfuggire alla legge, anche quando ci si crede
protetti da un account anonimo: «La Rete non è una lavagna, dove quel
che si è fatto può poi essere cancellato per sempre. Ogni scritta, anche
se proviene da un anonimo, lascia un segno sulla Rete, a cui è
possibile risalire. Certo, servono magari più tempo e accertamenti
tecnici specifici, ma nessuno è immune » . « Di tutto quello che ci si
scambia su internet — conclude il questore — , dai messaggi ai video,
rimane sempre una traccia e nessuno può ritenersi al sicuro dai nostri
controlli. Ragazzi, la vera forza è quella del pensiero e del confronto.
Usare la forza fisica vuol dire soltanto essere dei deboli».
La lotta ripresa dal telefonino
Due
fotogrammi del video, diffuso in rete, della rissa in piazza a
Piacenza. Due ragazzi si sfidano a pugni mentre intorno i coetanei
osservano e li incitano. Gli incontri sono organizzati sui social
network