LaStampa 12.10.18
Camerata Guevara
di Mattia Feltri
I
progressi del dibattito pubblico italiano sono esemplificati dalla
nuova polemica culturale a destra, suscitata dal poster in elogio a Che
Guevara diffuso dai giovani meloniani (giovani e meloniani, ecco due
colpe a cui rimedierà il tempo). Non l’ha presa bene lei, Giorgia
Meloni, né Maurizio Gasparri, né alcuni editorialisti stupiti
dall’ibridazione fra rossi e neri. Però, nuovo dibattito per modo di
dire: sarà la settantesima volta in cinquant’anni che qualche ragazzo o
qualche eretico di destra si invaghisce del Che, e qualche capo o
qualche custode dell’ortodossia di destra se ne rammarica. Adriano
Bolzoni, volontario di Salò, alla morte del Che ne scrisse la prima
biografia in angolatura fascista. E da allora è stato un continuo
innamoramento per il rivoluzionario che dannunzianamente rinuncia al
comando e riprende la battaglia, per l’idealista che prima spara e poi
parla (succede quando si crede troppo nelle proprie idee), per il
nazionalista antimperialista e antiamericano; e negli Anni Settanta le
camerette dei giovani fasci erano addobbate dalla foto del Che e da
quella di Valle Giulia, anno 1968, quando studenti di destra e di
sinistra fronteggiarono la polizia insieme, prima che arrivasse Giorgio
Almirante a porre fine all’incestuosa unione. Incestuosa perché il Che,
se ce ne fosse bisogno, è una delle prove della storia che comunisti e
fascisti sono gemelli separati alla nascita. A chiudere la questione
basterebbe quel sant’uomo di George Orwell, quando disse che pari sono, e
fra i due c’era poco da scegliere. E invece no, e chi resta in mezzo
prende botte a destra e a sinistra.