lunedì 15 ottobre 2018

La Stampa 15.8.18
Katha, paladina delle donne
“Voglio ministre, non rose”
di Francesca Sforza


«Sapete perché ce l’abbiamo fatta?», ha gridato dal palco di Monaco «Katha» Schulze di fronte alla grande onda verde che ieri si è risollevata fino alla soglia del 18 per cento dei consensi.
«Perché tu ti sei alzato dal letto la mattina presto e sei andato a portare fuori i volantini, e perché tu - ha continuato indicando le persone tra la folla - hai preso il telefono e ti sei deciso a chiamare la tua ex per convincerla a votarci!». «Oggi la Baviera è vestita di verde - gli ha fatto eco Ludwig Hartmann, l’altro capolista, che insieme a lei ha traghettato la più piccola frazione del Landstag bavarese a diventare la più forte - e non è stato sempre così, abbiamo avuto tante discussioni, ma adesso ne sono certo: questo è solo l’inizio».
Anche Katharina Schulze è vestita di verde, e dopo il primo momento di entusiasmo ha come un’esitazione: «In genere non mi mancano le parole, ma adesso un po’ sì... Capite cosa abbiamo fatto? Eravamo i più piccoli e siamo diventati grandi, c’era la maggioranza assoluta della Csu e ora quella maggioranza è storia vecchia, abbiamo dimostrato che si vince con l’ambiente, con l’Europa, con la solidarietà».
Ha promesso una politica forte, impegnata sulla sicurezza, e «chiaramente femminista»: «Vogliamo donne che facciano le ministre, non rose rosse per l’8 marzo». E nel ringraziare la platea ha aggiunto: «Siamo tornati, siamo i Verdi, siamo contro la guerra e non vogliamo i nazi nelle nostre strade». Stasera si balla, «ma da domani tutti al lavoro».
Si era capito già dalle prime proiezioni che i Verdi avrebbero raggiunto un risultato importante, in linea con quanto accaduto in Olanda e in Austria con l’esperienza Van der Bellen (ma in Baviera, ammettiamolo, era meno scontato).
«Manca un minuto alla fine della storia della Csu»: con queste parole il palco dei Verdi, nell’affollatissima sala della Muffathalle, aveva cominciato un entusiastico conto alla rovescia in attesa dei primi numeri. In realtà la storia della Csu non è affatto finita, e i Verdi non andranno al governo del Landtag bavarese, ma qualcosa, da ieri, è davvero cambiato. I dieci punti percentuali in più rispetto alle elezioni del 2013 fanno infatti dei Verdi il secondo partito più votato, e il primo nelle grandi città. «Vogliamo un mondo più bello e più Verde», recitano le scritte delle magliette dei molti ragazzi che ieri piovevano nella festa elettorale più allegra della città, anche in assenza di alternative, visto che la Csu ha fatto sapere dal giorno prima che non avrebbe fatto nessun party elettorale, e che l’AfD non considera Monaco una piazza appetibile, tanto da organizzare la sua festa a Rosenheim, al confine con l’Austria.
«Quando abbiamo cominciato questa campagna elettorale ci siamo detti una cosa: dobbiamo puntare a superare il 10 per cento», racconta Juergen Florian, il più giovane candidato dei Verdi a Monaco, salutato da una ola di mani che si uniscono a cuore. «Ed è stata una specie di onda, giorno dopo giorno guadagnavamo persone, soprattutto i più giovani, forse il nostro risultato più importante è proprio questo: abbiamo vinto l’apatia, abbiamo riavvicinato le persone della nostra età alla politica, e lo abbiamo fatto andando nei mercatini, nei centri commerciali, nelle università, eravamo dappertutto».
«L’odio stava cominciando a serpeggiare tra di noi - dice Cem Oezdemir, rappresentante dei Verdi al Parlamento europeo, corso anche lui a Monaco per applaudire i compagni di partito - e questo voto dimostra che si può vincere anche con una linea europeista. La Baviera, a dispetto di tutto, si dimostra ancora una volta all’avanguardia».
Gli occhi dei maggiorenti dei Verdi sono tutti puntati al prossimo appuntamento, in Assia fra due settimane: «Se riusciremo anche lì -– dice ancora Oezdemir – allora la strada per un successo a livello federale potrà dirsi spianata». C’è anche Claudia Roth, storica rappresentante della vecchia guardia dei Verdi tedeschi, che viene accolta dai giovani ragazzi di Monaco come il simbolo di un passato che forse ritorna. «Siamo il numero uno nelle grandi città – dice – e siamo il segno che la Baviera vuole un’altra politica».
Claudia Roth viene da Berlino, dove è vicepresidente della frazione dei Verdi al Bundestag, e già guarda allo scenario federale: «Questo è il primo passo per l’erosione del potere della Csu, da oggi la Csu non è più la Baviera, e questo significa che nell’aria qualcosa è cambiato, è tempo di “Wechselstimmung”, quando il vecchio sistema si sgretola e se ne annuncia uno nuovo». Claudia Roth sa di cosa parla, perché c’era anche lei quando la Germania di Kohl, in un breve susseguirsi di scossoni, diventò da un momento all’altro la Germania di Gerhard Schroeder. Chissà, forse ieri a Monaco ha sentito, di nuovo, il profumo della vittoria vera.