La Stampa 15.8.18
Katha, paladina delle donne
“Voglio ministre, non rose”
di Francesca Sforza
«Sapete
perché ce l’abbiamo fatta?», ha gridato dal palco di Monaco «Katha»
Schulze di fronte alla grande onda verde che ieri si è risollevata fino
alla soglia del 18 per cento dei consensi.
«Perché tu ti sei
alzato dal letto la mattina presto e sei andato a portare fuori i
volantini, e perché tu - ha continuato indicando le persone tra la folla
- hai preso il telefono e ti sei deciso a chiamare la tua ex per
convincerla a votarci!». «Oggi la Baviera è vestita di verde - gli ha
fatto eco Ludwig Hartmann, l’altro capolista, che insieme a lei ha
traghettato la più piccola frazione del Landstag bavarese a diventare la
più forte - e non è stato sempre così, abbiamo avuto tante discussioni,
ma adesso ne sono certo: questo è solo l’inizio».
Anche Katharina
Schulze è vestita di verde, e dopo il primo momento di entusiasmo ha
come un’esitazione: «In genere non mi mancano le parole, ma adesso un
po’ sì... Capite cosa abbiamo fatto? Eravamo i più piccoli e siamo
diventati grandi, c’era la maggioranza assoluta della Csu e ora quella
maggioranza è storia vecchia, abbiamo dimostrato che si vince con
l’ambiente, con l’Europa, con la solidarietà».
Ha promesso una
politica forte, impegnata sulla sicurezza, e «chiaramente femminista»:
«Vogliamo donne che facciano le ministre, non rose rosse per l’8 marzo».
E nel ringraziare la platea ha aggiunto: «Siamo tornati, siamo i Verdi,
siamo contro la guerra e non vogliamo i nazi nelle nostre strade».
Stasera si balla, «ma da domani tutti al lavoro».
Si era capito
già dalle prime proiezioni che i Verdi avrebbero raggiunto un risultato
importante, in linea con quanto accaduto in Olanda e in Austria con
l’esperienza Van der Bellen (ma in Baviera, ammettiamolo, era meno
scontato).
«Manca un minuto alla fine della storia della Csu»: con
queste parole il palco dei Verdi, nell’affollatissima sala della
Muffathalle, aveva cominciato un entusiastico conto alla rovescia in
attesa dei primi numeri. In realtà la storia della Csu non è affatto
finita, e i Verdi non andranno al governo del Landtag bavarese, ma
qualcosa, da ieri, è davvero cambiato. I dieci punti percentuali in più
rispetto alle elezioni del 2013 fanno infatti dei Verdi il secondo
partito più votato, e il primo nelle grandi città. «Vogliamo un mondo
più bello e più Verde», recitano le scritte delle magliette dei molti
ragazzi che ieri piovevano nella festa elettorale più allegra della
città, anche in assenza di alternative, visto che la Csu ha fatto sapere
dal giorno prima che non avrebbe fatto nessun party elettorale, e che
l’AfD non considera Monaco una piazza appetibile, tanto da organizzare
la sua festa a Rosenheim, al confine con l’Austria.
«Quando
abbiamo cominciato questa campagna elettorale ci siamo detti una cosa:
dobbiamo puntare a superare il 10 per cento», racconta Juergen Florian,
il più giovane candidato dei Verdi a Monaco, salutato da una ola di mani
che si uniscono a cuore. «Ed è stata una specie di onda, giorno dopo
giorno guadagnavamo persone, soprattutto i più giovani, forse il nostro
risultato più importante è proprio questo: abbiamo vinto l’apatia,
abbiamo riavvicinato le persone della nostra età alla politica, e lo
abbiamo fatto andando nei mercatini, nei centri commerciali, nelle
università, eravamo dappertutto».
«L’odio stava cominciando a
serpeggiare tra di noi - dice Cem Oezdemir, rappresentante dei Verdi al
Parlamento europeo, corso anche lui a Monaco per applaudire i compagni
di partito - e questo voto dimostra che si può vincere anche con una
linea europeista. La Baviera, a dispetto di tutto, si dimostra ancora
una volta all’avanguardia».
Gli occhi dei maggiorenti dei Verdi
sono tutti puntati al prossimo appuntamento, in Assia fra due settimane:
«Se riusciremo anche lì -– dice ancora Oezdemir – allora la strada per
un successo a livello federale potrà dirsi spianata». C’è anche Claudia
Roth, storica rappresentante della vecchia guardia dei Verdi tedeschi,
che viene accolta dai giovani ragazzi di Monaco come il simbolo di un
passato che forse ritorna. «Siamo il numero uno nelle grandi città –
dice – e siamo il segno che la Baviera vuole un’altra politica».
Claudia
Roth viene da Berlino, dove è vicepresidente della frazione dei Verdi
al Bundestag, e già guarda allo scenario federale: «Questo è il primo
passo per l’erosione del potere della Csu, da oggi la Csu non è più la
Baviera, e questo significa che nell’aria qualcosa è cambiato, è tempo
di “Wechselstimmung”, quando il vecchio sistema si sgretola e se ne
annuncia uno nuovo». Claudia Roth sa di cosa parla, perché c’era anche
lei quando la Germania di Kohl, in un breve susseguirsi di scossoni,
diventò da un momento all’altro la Germania di Gerhard Schroeder.
Chissà, forse ieri a Monaco ha sentito, di nuovo, il profumo della
vittoria vera.