il manifesto 23.10.18
Roma oggi è medaglia d’oro al valore militare
di Davide Conti
Roma
è medaglia d’oro al valor militare per la Guerra di Liberazione. Il
decreto della Presidenza della Repubblica del 16 luglio 2018 ha
conferito alla città la massima onorificenza, concludendo un lungo iter
avviato dall’Anpi di Roma e dall’Anpi nazionale.
È un
riconoscimento storico. A 74 anni dalla sua Liberazione la capitale vede
riconosciuta e definitivamente legittimata la sua vicenda storica
recente più importante: la Resistenza militare dei partigiani
combattenti e quella civile del suo popolo sostenuta durante i
drammatici 271 giorni di occupazione nazifascista dall’8 settembre 1943
al 4 giugno 1944.
Abbandonata dalla monarchia e dai generali
fascisti in fuga dopo l’armistizio, Roma diede inizio alla Resistenza
militare e civile che, conosciuta per la battaglia di Porta San Paolo,
si estese in tante zone della città, caratterizzando poi tutti i nove
mesi di lotta contro gli occupanti nazisti e i collaborazionisti
fascisti.
È un riconoscimento che nelle motivazioni ufficiali
richiama concetti, parole, fatti che legano il vissuto del popolo romano
alla sua storia ed al senso pubblico e collettivo del suo significato.
Le
«temerarie azioni di guerriglia partigiana»; i «rastrellamenti degli
ebrei e del Quadraro»; le stragi delle Fosse Ardeatine, di Pietralata e
de La Storta come guerra ai civili; le fucilazioni di Forte Bravetta; i
luoghi di tortura di via Tasso e delle pensioni «Jaccarino» e
«Oltremare»; la deportazione di oltre 2500 carabinieri, non fanno di
Roma «solo» una città martire ma le restituiscono un carattere
combattente e ribelle.
Le scrollano di dosso la polvere grigia
delle vulgate «moderate» che l’hanno sempre rappresentata dormiente e
attendista, e spazzano via le narrazioni «antipartigiane» di cui si sono
nutriti il reducismo post-fascista e quella parte di società che nel
portato valoriale della Resistenza ha sempre visto un pericoloso
elemento di rottura della continuità su cui si erano storicamente
fondati gli equilibri politici, culturali e di classe del nostro paese
dall’unità nazionale in poi.
La Resistenza di Roma può finalmente
mostrarsi nella sua dimensione polisemica, capace di declinare la misura
asimmetrica del conflitto come fu la guerriglia urbana e la misura
popolare della lotta come sua radice d’origine e ambito indispensabile
di sopravvivenza. Una Resistenza che rovesciò il senso della storia che
il fascismo aveva imposto con la forza ai ceti proletari della città
che, espulsi dai quartieri popolari del centro storico per fare largo
alla via dell’Impero ed all’urbanistica del regime, si riversarono in
quelle borgate che diventeranno campo di battaglia, luogo di solidarietà
e protezione dei partigiani combattenti, manifestando in modo fragoroso
l’ingresso delle masse popolari nella grande storia della Roma
contemporanea.
Una medaglia che rievoca nomi e volti delle figlie e
dei figli migliori della nostra città: dalle quattro donne decorate dei
Gruppi d’Azione Patriottica Carla Capponi, Marisa Musu, Lucia Ottobrini
e Maria Teresa Regard al partigiano-bambino Ugo Forno ucciso in
combattimento dai tedeschi in ritirata a soli 12 anni.
Ma la
storia della Resistenza a Roma è composta da migliaia di episodi di
lotta in ogni quartiere, in ogni strada, in ognuna delle otto zone
operative in cui il Comitato di Liberazione Nazionale aveva diviso la
città per organizzarvi la Resistenza armata contro i nazifascisti «per
rendere impossibile la vita all’occupante».
Chi scrive queste
righe ha curato la ricerca presentata al Ministero della Difesa che ha
poi conferito la medaglia d’oro alla città e nelle centinaia di migliaia
di pagine di documenti consultati ha trovato combattimenti, attacchi,
sbandamenti, cadute, torture, tradimenti, solidarietà, fame. Ma
soprattutto il coraggio, la paura vigile, la volontà ferma dei
partigiani nel rivendicare la dignità propria e della propria città di
fronte ad un nemico cento volte più forte, più armato, più spietato e
coadiuvato dai «ragazzi di Salò» che aiutavano a torturare e uccidere,
accompagnando i nazisti per le strade a caccia di antifascisti, ebrei,
renitenti alla leva.
La medaglia d’oro è per tutti quelli che
hanno rivendicato sempre con orgoglio la giustezza, il valore e la
necessità della scelta. La scelta di combattere, «di stare a via Rasella
perché ci volevo stare», come scrive il comandante del Gap «Pisacane»
Rosario Bentivegna- di difendere il valore della Resistenza come momento
vitale, indispensabile e necessario di un lungo processo di
emancipazione sociale delle classi subalterne e di una compiuta libertà
democratica per tutto il popolo italiano.
La storia lo aveva mostrato, da ieri è scritto in modo indelebile: Roma è antifascista.