sabato 13 ottobre 2018

il manifesto 13.10.18
Corleone: «I malati psichici in carcere dimenticati dal governo»
Intervista. Digiuno di protesta del garante dei detenuti della Toscana, ex commissario per la chiusura degli Opg
di Rachele Gonnelli


Ha appena terminato tre giorni di digiuno di protesta e si appresta a ricominciare lunedì, Franco Corleone, garante dei detenuti della Toscana, già commissario del ministero che due anni fa ha dismesso gli ex Opg, i vecchi residui manicomiali giudiziari.
Ci spiega il perché di questa sua estrema protesta?
Sono molto preoccupato della situazione che si sta creando, non solo di sovraffollamento, in particolare per quanto riguarda il problema del disagio psichico in carcere. Un problema che spesso viene evocato, anche drammaticamente – come nel caso della donna che ha gettato dalle scale i suoi due figli, uccidendoli, a Rebibbia e che personalmente penso non sarebbe proprio dovuta andare in carcere – ma nell’evocarlo viene spesso anche strumentalizzato. Sento in giro una gran voglia di tornare ai manicomi.
È vero che gli istituti penitenziari sono di nuovo congestionati come prima del decreto Svuotacarceri?
Sì, siamo tornati a una popolazione carceraria vicina ai 60 mila detenuti e Ristretti orizzonti denuncia un forte incremento dei suicidi in cella. Non è solo una questione di sovraffollamento, è che è venuta meno la speranza verso una grande riforma dell’ istituto carcerario che era stata impostata e prevedeva dalle misure per garantire l’affettività alle caduta della preclusione delle misure alternative per chi manifesta disagio psichico. L’articolo 147 del codice penale prevede infatti misure alternative al carcere in presenza di gravi patologie fisiche. La legge finora non contemplava l’esistenza della psiche. Così, con un decreto, era stata aggiunta la dizione «e mentali». Due paroline che avrebbero risolto il problema di dover gestire la malattia mentale all’interno di una istituzione totale che per sua natura non è proprio il luogo adatto. Altrettanto fondamentale sarebbe stata l’abrogazione dell’articolo 148 del codice penale, che avrebbe risolto il problema della permanenza in carcere delle persone che nel corso della detenzione manifestano malattie psichiche.
Dove devono scontare la loro pena?
Dalla chiusura degli ex Opg due anni fa esistono le Rems – le residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza – ma non sono quelle che devono assorbire tutto il disagio mentale. I magistrati dicono «chi ha un grave disturbo psichico non può stare in carcere» e cercano di mandarli nelle Rems perché non sono stati ancora istituite le strutture apposite – chiamate articolazioni psichiatriche in carcere – che devono essere a esclusiva o prevalente gestione sanitaria, quindi con personale medico e infermieristico dipendente dalle Regioni.
Nelle Rems sono stati trasferiti i detenuti che prima stavano negli ex Opg?
Sì, non tutti fortunatamente, ma soprattutto le 31 Rems esistenti sono concepite per persone considerate incapaci di intendere e di volere quando hanno commesso il reato e che comunque non possono stare in libertà e sono organizzate sulla base di alcuni principi: la territorialità, il numero chiuso, il rifiuto della contenzione e la permanenza non più a vita ma legata alla pena per il reato compiuto. Con la pressione dovuta al sovraffollamento e alle pur buone intenzioni dei magistrati, ma si sa che lastricano il pavimento dell’inferno, anche la riforma della chiusura degli ex manicomi giudiziari, che insieme alla legge Basaglia ci pone all’avanguardia in Europa, viene messa a rischio.
Quale atto ha fatto l’attuale governo per mettere a rischio la chiusura degli ex Opg e per svuotare la speranza della riforma carceraria?
Lo scorso 2 ottobre ha fatto scadere i termini della legge delega, ha bloccato tre decreti: sull’ordinamento minorile, sui lavori in carcere e sull’ordinamento penitenziale. Così come ha cancellato il decreto sulla giustizia riparativa. Tutte le norme fondamentali per evitare l’esplosione del disagio psichico e invece per gestirlo fuori e dentro il carcere.
Il suo digiuno di protesta ha ottenuto qualcosa finora?
L’obiettivo è quello di attirare l’attenzione su un problema enorme, di sollecitare altre adesioni, oltre a quelle che già ci sono state a iniziare dal parroco di Sollicciano, e poi non voglio essere corresponsabile dei disastri. Ho anche scritto ai ministri Grillo e Bonafede. La ministra mi ha mandato una risposta garbata dicendo che stanno valutando, da Bonafede niente. Certo, anche le Regioni, tutte, sono responsabili dei ritardi per la mancata apertura delle articolazioni psichiatriche nele carceri e da questo punto di vista il governatore della Toscana Enrico Rossi si è reso disponibile a un sopralluogo a Sollicciano a novembre. Importanti sono però le caratteristiche terapeutiche dei reparti penitenziari, non dare un’imbiancata alle celle.