Il Fatto 26.10.18
L’arma dell’Arma su Cucchi: trasferire e delegittimare
Depistaggio
- Nelle carte della nuova inchiesta sulla morte di Stefano le pressioni
della catena di comando per nascondere la verità
di Antonio Massari e Valeria Pacelli
“Adesso
c’è da aspettare che mi trasferiscano, in modo tale che poi
delegittimano le mie dichiarazioni verso l’altro con il risentimento del
trasferimento (…) Dice: ‘Quello è stato trasferito e adesso ce l’ha con
la scala gerarchica’”. Massimiliano Colombo Labriola, comandante della
stazione Tor Sapienza a Roma (dove Cucchi passò la notte del 15 ottobre
2009), il 26 settembre scorso sembra avere la percezione che le cose
nell’Arma potrebbero mettersi male. Sa che appena otto giorni prima
davanti al pm Giovanni Musarò ha puntato il dito contro i suoi
superiori, quando ha spiegato da chi partì l’ordine di modificare delle
annotazioni di servizio sullo stato di salute di Cucchi redatte il 26
ottobre 2009 dalla sua stazione. Su questo il pm Musarò indaga per falso
materiale e ideologico. Colombo è iscritto con altri quattro, di cui
due ufficiali. Il tenente colonnello Francesco Cavallo, all’epoca dei
fatti capo dell’ufficio comando del gruppo carabinieri Roma, viene
indagato proprio dopo le sue parole. È Colombo infatti che racconta al
pm di aver ricevuto da Cavallo due annotazioni modificate.
Un
terremoto nell’Arma, perchè Cavallo che ora è al comando provinciale,
nel 2009 era nel gruppo guidato da Alessandro Casarsa, che ora è a capo
dei corazzieri del Quirinale ma che non è indagato.
Dopo il suo interrogatorio, Colombo ipotizza scenari di future ritorsioni. E non è l’unico in questa storia.
“Sono distrutto” Le minacce sul web
La
squadra mobile, intercetta anche la paura di altri militari finiti
indagati nel nuovo filone d’inchiesta. Francesco Di Sano – che al papà
il 22 settembre dice di essere distrutto da questa storia – cita
“minacce che gli sono state rivolte sui social”.
Di “possibili
ritorsioni” parla anche Gianluca Colicchio (non indagato). È l’appuntato
scelto che nel 2009 si rifiutò di far depositare l’annotazione
modificata. Il 18 ottobre al pm racconta che il 27 ottobre 2009 si
presentò in stazione Luciano Soligo (indagato per falso), all’epoca a
capo della stazione Montesacro-Talenti, da cui dipendeva Tor Sapienza,
per una visita quadriennale. Dice al pm: “Era stato cambiato un
passaggio importante (dell’annotazione, ndr…) Non volevo che fosse
modificata e trasmessa”. In quel momento Soligo era al telefono con
Cavallo: “Me lo passò. (…) Cavallo mi evidenziò che rispetto
all’annotazione era stato cambiato solo un passaggio, ma io non volevo
sentire ragioni”. “Non ricevetti minacce specifiche da Soligo – aggiunge
– nè da Cavallo, però l’Arma è una struttura militare e quando una
richiesta proviene da un superiore, specie se fatta con una certa
insistenza, chi la riceve la vive come un’intimidazione”.
Il
giorno dopo l’interrogatorio, la moglie gli chiede “se possono creargli
problemi per la domanda di trasferimento”. E Colicchio: “Non lo possono
fare, non sono indagato (…) Me vuoi fa delle ritorsioni… ma poi se me le
fai, peggio me sento”.
Sono solo paure quelle finite nelle intercettazioni.
Nel
caso dell’avvocato Eugenio Pini, invece, si tratta di minacce reali. Il
legale, dopo che il suo assistito Francesco Tedesco (uno dei
carabinieri a processo per omicidio preterintenzionale che ha accusato i
colleghi del pestaggio), ha ricevuto una chiamata minacciosa. “Lei mi
ricorda Rosario Livatino”, dice una voce in siciliano facendo
riferimento al giudice ucciso dalla mafia. Per questa vicenda c’è già un
sospettato.
Depistaggio bis, si cerca la “scala gerarchica”
Oltre
il falso, c’è un altro aspetto sul quale si concentrano gli
accertamenti del pm: la prova che la falsificazione dell’annotazione
redatta a Tor Sapienza fu un’ordine dall’alto. Si tratta di una mail che
Colombo racconta al pm aver ricevuto da Cavallo con le annotazioni
modificate. Le ha mostrate, dice, a chi era stato mandato dal pm ad
acquisire gli atti. Ma hanno preferito lasciarla nel suo computer.
Per
capire questa vicenda bisogna riavvolgere il nastro al 2015, quando la
Procura delega il Nucleo Investigativo ad acquisire tutto ciò che
riguarda la vicenda Cucchi in diverse caserme. Il 16 novembre 2015 è il
generale Salvatore Luongo, comandante del gruppo provinciale, a
trasmettere l’incartamento in Procura. Ma non è lui ad acquisire
materialmente gli atti. La nota è invece firmata dal colonnello Lorenzo
Sabatino (estraneo alle indagini). E nell’atto si legge “accertamenti a
cura del capitano Tiziano Testarmata – comandante della 4a sezione del
nucleo investigativo”. Neanche Testarmata è indagato. Normalmente, per
esempio, chi acquisisce dei documenti rilascia una verbale che attesta
gli atti acquisiti. Eppure il maresciallo Emilio Buccieri che comandava
Appia spiega al pm di aver segnato su dei post-it ciò che era stato
acquisito presso la sua stazione: lo ha scritto, spiega, “per lasciare
traccia di ciò che avevamo consegnato, non ci era stato rilasciata copia
di un verbale di acquisizione”. E sui presunti buchi in quelle
acquisizione il pm farà accertamenti.