lunedì 1 ottobre 2018

Il Fatto 1.10.18
L’uomo nero fra spie e Fiat che uccise i fratelli Rosselli
Roberto Navale, carabiniere e agente del servizio segreto militare, poi ingaggiato dal Lingotto, viene condannato per ricettazione fallimentare. La fece franca, invece, per l’assassinio dei due anti-fascisti
di Massimo Novelli


Accadeva sessant’anni fa, nell’ottobre 1958, al Tribunale di Pinerolo. Ventun anni dopo l’assassinio dei fratelli antifascisti Carlo e Nello Rosselli, avvenuto in Francia, a Bagnoles-de-l’Orne, il 9 giugno del 1937, il nome dell’ex maggiore dei carabinieri e agente del Sim (il servizio segreto militare) Roberto Navale riecheggiò nuovamente in un’aula di un palazzo di giustizia. Fu il Tribunale di Pinerolo, città a 38 chilometri da Torino, a riesumarlo. Il 7 ottobre 1958 i giudici inflissero 13 mesi di reclusione, per il reato di ricettazione fallimentare, all’uomo che per l’organizzazione degli omicidi dei Rosselli, eseguiti da alcuni fascisti francesi del gruppo della Cagoule, era stato prima condannato all’ergastolo, il 12 marzo 1945, poi a 7 anni, e quindi assolto a Perugia nel 1949 per insufficienza di prove, con una sentenza che Piero Calamandrei definì “un’idea da pazzi”.
L’assoluzione di Navale, del colonnello dei carabinieri (e suo superiore nel Sim) Santo Emanuele, oltre che di Filippo Anfuso, stretto collaboratore di Galeazzo Ciano, pose “una pietra tombale”, scriverà lo storico Mimmo Franzinelli, sull’individuazione dei mandanti e degli organizzatori dell’assassinio del fondatore di Giustizia e libertà e del fratello Nello. La condanna di Navale in quel processo per una bancarotta, il fallimento del commerciante di petroli Pietro Flogna, rammentò per qualche settimana, sui giornali, il ruolo che l’ex capo del centro Sim di Torino aveva avuto nell’affaire Rosselli. Nemmeno il processo di Pinerolo, oltre che la vicenda dei Rosselli e il collocamento del maggiore nella riserva dell’Arma nel 1942 dopo un’inchiesta inchiesta militare sui suoi affari più che spregiudicati, compresa l’apertura di una casa di tolleranza a San Remo, riuscirono a intaccare la sua figura.
E non impedirono che il 20 maggio 1965, ai suoi funerali, gli venissero resi gli onori militari. Solo l’Unità lo scrisse: “È morto ieri all’ospedale Mauriziano – ricordò il quotidiano del Partito comunista – dove era stato ricoverato d’urgenza per un collasso cardiocircolatorio, l’ex maggiore Roberto Navale, di anni 54 (in realtà ne aveva 68, ndr), già capo a Torino, durante il fascismo, del famigerato Sim (controspionaggio militare). I funerali si sono svolti questa mattina, partendo dall’ospedale. Ciò che ha destato un senso di grande sorpresa, dato il passato del Navale, è stata la presenza di numerosi ufficiali dell’Arma e di una rappresentanza armata che ha reso gli onori militari”.
Non è l’unica sorpresa a emergere scavando tra i fascicoli di polizia dell’Archivio Centrale dello Stato di Roma. Tra le carte riguardanti l’ufficiale dei carabinieri reali, che nel giugno del 1941 era stato assunto alla Fiat guidata da Vittorio Valletta come capo dei servizi di sicurezza, spicca una nota che il Servizio informazioni speciali (Sis) della polizia italiana, il 3 luglio 1950, trasmette alla Divisione affari riservati del ministero dell’Interno: “Il noto ex-maggiore dell’Arma Navale Roberto, già appartenente ai servizi informativi militari, che tanto fece parlare di sè per l’uccisione dei fuorusciti italiani Rosselli avvenuta in Francia durante il fascismo, comincia a far riparlare di sè per una sua attività che egli svolgerebbe a Torino e in Milano a favore di servizi stranieri”. Lo si sospettava di essere al soldo dei francesi, ma pure degli americani della Cia. Certo è che in quegli anni, mentre a Roma si condannava Navale all’ergastolo, a Torino, dopo la Liberazione, la Fiat avallava un passato nella Resistenza della spia che aveva contattato i cagoulards francesi per eliminare i Rosselli per conto del Sim e dei vertici del fascismo.
L’ 8 settembre, in una lettera inviata da Torino all’avvocato Giovanni Bovetti, che assisteva Navale, Valletta scrisse: “Egregio Avvocato, Sono ben lieto di poterLe dichiarare che Magg. Navale da noi assunto alla Fiat come capo dei sorveglianti nel 1941, ha svolto i compiti affidatagli nel migliore modo. Dopo l’8 settembre ’43 fu da me incaricato di provvedere ad assumere nel personale di sorveglianza, ex militari di sicura fede patriottica e partigiana, per facilitare operazioni di prelievo e di aiuto in materiali Fiat e vari al movimento patriottico”.
La brigata con cui Navale avrebbe collaborato era legata al’Oss (il servizio segreto Usa), e aveva come comandante Walter Navarra. Un uomo così descritto dai giornali nel 1985, durante il processo per l’omicidio di Giorgio Ambrosoli: “Sulla scena del processo Ambrosoli, ecco un altro degno personaggio della brulicante e insidiosa combriccola che per anni si accampò alla corte di don Michele Sindona. Si chiama Walter Navarra”. Ex comandante “di una formazione Matteotti”, è “accusato di violenza privata e tentata estorsione ai danni di Enrico Cuccia di Mediobanca, e di favoreggiamento di Sindona durante il falso rapimento del ’79”