mercoledì 3 ottobre 2018

Corriere 3.10.18
Non lasciamo soli i curdi iracheni, divisi e irrilevanti
di Lorenzo Cremonesi


È preoccupante il destino dei curdi iracheni. Le recenti elezioni per il rinnovo del parlamento regionale, ignorate nel mondo, sanciscono in ultima analisi la loro irrilevanza. A ben vedere, la loro storia recente è un susseguirsi di altalenanti fortune. Da minoranza perseguitata ai tempi di Saddam Hussein a polo di successo nel nord del Paese fino alla crisi più nera degli ultimi mesi. Una crisi iniziata poco più di un anno fa, quando l’errore cieco e ostinato da parte di Massud Barzani — che volle tenere a tutti i costi il referendum sulla nascita di un Kurdistan indipendente, contro i consigli di tutte le forze amiche (compreso il governo italiano) — condusse allo scontro militare con Bagdad, alle divisioni interne, alla perdita dei poli petroliferi di Kirkuk e quindi al disastro politico ed economico. Per comprenderne le dimensioni basta ricordare quanto la regione autonoma fosse progressivamente diventata prospera già agli inizi del Duemila. Ancora cinque o sei anni fa si arrivava in auto da Bagdad ad Erbil tirando un sospiro di sollievo. Al primo posto di blocco dei Peshmerga terminava la paura di terrorismo e rapimenti, finiva la serie infinita di agglomerati urbani poveri e disordinati, e si presentava invece un Paese pulito, ordinato, con i negozi ben forniti e i grattacieli luccicanti del recente boom economico. Nel 2014 i curdi furono il baluardo della civiltà contro l’Isis trionfante a Mosul. Il segreto del successo? La capacità di superare antiche gelosie e rivalità tribali tra i clan Barzani e Talabani. Per un attimo parve che i curdi potessero finalmente parlare con una voce sola. Ora non più. Le antiche faide sono tornate più virulente. Tanto acute che adesso tra Barzani e Talabani non riescono neppure ad esprimere assieme una preferenza per il loro candidato alla presidenza dell’Iraq, che da dopo la guerra del 2003 dovrebbe essere curdo. La caduta del prezzo del petrolio e le recenti divergenze con il governo di Ankara rendono la situazione ancora più difficile.