venerdì 26 ottobre 2018

Corriere 26.10.18
Francoforte e la spinta verso il compromesso con la Commissione: l’Italia non può crollare
dal nostro inviato Danilo Taino


FRANCOFORTE Non è detto che l’Italia sia destinata a schiantarsi, come molti ritengono, a causa dello scontro sul bilancio pubblico tra Roma e Bruxelles. «Sono fiducioso che un accordo sarà trovato», ha detto ieri Mario Draghi. «Non molto fiducioso: fiducioso». Una volta sola, ma sufficiente per fare sapere che il presidente della Bce non è iscritto al club, neanche troppo esclusivo in Europa, di chi vorrebbe vedere l’Italia rompersi la testa. È un invito – se si vuole trovarvi un messaggio politico – a ridurre la rissosità che nelle settimane scorse ha toccato livelli elevati da entrambe le fazioni in tenzone.
In questo passaggio «italiano», Draghi sembra più in sintonia con Angela Merkel e con il governo tedesco, i quali sulla disputa hanno tenuto un profilo molto basso, che con Emmanuel Macron e il suo entourage che invece hanno spesso alzato il livello dello scontro verbale. Secondo Draghi, «è buon senso comune convergere verso un accordo, per le persone, per le imprese, per il Paese». Vale, ovviamente, soprattutto per il governo di Roma.
Il presidente della Bce non cede di un euro sulle regole dell’Unione monetaria e non fa alcuno sconto al governo Conte. Vorrebbe però evitare non solo che l’Italia si facesse seriamente male: anche che l’Europa e la moneta unica finiscano nel caos, cosa certa se la situazione italiana finisse fuori controllo. Gli elementi di preoccupazione sono ben fissi nell’analisi di Draghi. Ritiene che lo spread sui titoli di Stato non sia ancora da crisi bancaria ma «le condizioni si sono irrigidite» e sa che potrebbero arrivare a livelli pericolosi. Per questo dice che vanno «abbassati i toni, non va messo in dubbio l’euro, si deve ridurre lo spread». È questo il punto più delicato della situazione italiana: l’eventualità che i prezzi dei Btp nei portafogli degli istituti di credito perdano valore, con il salire dei tassi, al punto di minacciare i bilanci e di mettere in dubbio la capacità delle banche stesse di stare sul mercato. Avvertimento chiaro.
Sul merito del bilancio preparato dal governo italiano, però, Draghi non si esprime: è questione fiscale e non monetaria, dunque non nel perimetro del suo mandato. «È la Commissione il guardiano massimo della stabilità di bilancio, non la Bce», dice. Invita però tutti a non scherzare con il fuoco. Roma innanzitutto ma, anche se indirettamente, pure Bruxelles. Quando un giornalista gli chiede se la durezza di Bruxelles non faccia il gioco dei partiti antieuropei italiani in vista delle elezioni europee della prossima primavera, risponde che si tratta di «una domanda molto seria e interessante, ma va rivolta alla Commissione».
Il presidente della Bce, che sta per iniziare l’ultimo dei suoi otto anni alla guida della banca centrale, ha come bussola la stabilità dell’euro. Finora, spiega, i segnali di contagio della situazione italiana in altri Paesi sono limitati. All’orizzonte, però ci sono incertezze, dalla Brexit che non si sa come avverrà al protezionismo fino al rallentamento dell’economia europea che non è chiaro se sia «transitorio o strutturale». In questo quadro, una crisi di mercato dell’Italia avrebbe effetti non facili da controllare nell’insieme dell’Eurozona: va evitata. Ma non potrà essere la Bce a comprare titoli dello Stato per tenere su i prezzi: non le è consentito se non all’interno di un salvataggio concordato con il Meccanismo europeo di stabilità, cioè con l’arrivo a Roma della temuta troika. Quel momento può essere evitato: con un compromesso tra Italia e Commissione Ue.