martedì 4 settembre 2018

Repubblica 4.9.18
Il continente Made in China
Xi si prende l’Africa con 60 miliardi
Vertice con 50 leader: il presidente cinese annuncia il piano di maxi investimenti in cooperazione e infrastrutture Pechino non mette il naso nella politica interna, ma in cambio chiede e ottiene il via libera a cantieri e basi militari
di F.S.


PECHINO Nell’austera Sala del Popolo di rado si sono visti tanti sorrisi. Quelli degli oltre 50 capi di Stato africani arrivati a Pechino, a cui il padrone di casa Xi Jinping ha servito un benvenuto da 60 miliardi di dollari in finanziamenti. Se quel mega assegno è una trappola, come alcuni ipotizzano, i vari al-Sisi (Egitto), Ramaphosa (Sud Africa) o Kagame ( Rwanda e Unione Africana) ieri non lo davano a vedere. E poi il disteso sorriso di Xi, che in cambio si aspetta strada libera per piantare altre bandierine rosse in Africa. Nuovi porti e ferrovie lungo la sua Via della Seta, cantieri per le aziende nazionali, basi per le truppe. Tanti alleati nella sfida tra superpotenze con gli Usa.
Mostra anche questo il Forum di Cooperazione Africa- Cina che si è aperto a Pechino: il graduale spostamento del continente nella sfera di influenza cinese. Il Dragone non mette il naso nella politica interna, cosa che i leader africani gradiscono. E promette loro i denari di cui hanno estremo bisogno per crescere: 15 miliardi di aiuti e prestiti a interessi zero, 20 in linee di credito, 10 in un fondo per lo sviluppo, 5 per il commercio e altri 10 da imprese private. Totale 60, la stessa cifra che Xi aveva impegnato nel summit di tre anni fa.
Ora molti, Usa in primis, avvertono che l’offerta nasconde tranelli. I cantieri della Via della Seta sono affidati quasi per intero ad aziende mandarine, una di partita di giro. Mentre i Paesi partner rischiano di ritrovarsi con un debito difficile da onorare, costretti a cedere a Pechino il controllo delle infrastrutture sul proprio territorio. È già successo a Sri Lanka e Pakistan. In Africa, il 77% del debito estero di Gibuti è in mano della Cina, che lì ha costruito un porto e la sua prima base militare all’estero. Congo e Zambia devono a Pechino 7 miliardi, Etiopia e Camerun non sono lontani. Ma secondo gli esperti della Johns Hopkins University, Pechino non è tra i massimi fattori di stress finanziario del continente, al massimo una concausa.
«Non c’è nessun nuovo colonialismo », ha risposto per tutti il presidente sudafricano Ramaphosa. «Solo i popoli di Cina e Africa hanno il diritto di giudicare questa cooperazione », ha detto Xi, ben sapendo che, per convinzione o necessità, i leader del continente sono con lui. Certo, neppure alla Cina conviene prestare a cattivi pagatori, per questo, oltre a tagliare le rate ai Paesi più in difficoltà, nei prossimi anni Pechino proverà a riequilibrare il suo surplus commerciale con l’Africa, importando di più o magari spostando lì certe produzioni a basso costo. Aggiustamenti, in un modello di cooperazione che funziona. Gli Stati Uniti di Trump snobbano l’Africa, l’Europa la considera un problema (migratorio). Che non si stupiscano, se oggi sorride compatta alla corte di Xi.