mercoledì 26 settembre 2018

Repubblica 26.9.18
"Ecco perché il nostro cervello è una macchina del tempo"
Dean Buonomano, neuroscienziato a Los Angeles, ha scoperto l’orologio che si nasconde nelle cellule cerebrali
di Elena Dusi


Per i suoi primi esperimenti su come funziona il cervello, Dean Buonomano " sfruttò" la sorellina, più piccola di 9 anni, mentre cresceva e scopriva il mondo. Oggi, a 53 anni, diventato professore di Neurobiologia e Psicologia all’Università della California a Los Angeles, ha scelto di concentrarsi sulla parola più usata nella sua lingua: time. Il tempo. Fisica, filosofia, tecnologia: il concetto ha moltissime declinazioni. E Buonomano non sfugge a nessuna di esse nel libro Il tuo cervello è una macchina del tempo ( Bollati Boringhieri, 332 pagine, 24 euro). Come prisma per scomporre l’idea prende una frase di Santiago Ramón y Cajal, spagnolo, Nobel per la medicina nel 1906: « Fino a quando il cervello resterà un mistero, anche l’universo – che ne riflette la struttura – resterà un mistero».
Perché ha scelto queste parole come motto del suo laboratorio?
« Amo questa citazione. Fa capire quanto sia importante studiare il cervello, che poi vuol dire studiare noi stessi. Tutto quel che conosciamo ( o pensiamo di conoscere) viene filtrato da questo organo. Le neuroscienze, se ci pensiamo, sono l’unico settore in cui l’oggetto dello studio è anche ciò che compie l’atto di studiare».
Lei ha scoperto che il cervello è un magnifico orologio. Cosa ha osservato esattamente?
« Abbiamo coltivato dei neuroni in laboratorio e abbiamo osservato che anche in quelle condizioni, in coltura, sono capaci in un certo senso di misurare il tempo. L’ipotesi di partenza era che contare i secondi e i millisecondi è talmente importante che alcuni circuiti cerebrali si sono specializzati per compiere l’operazione».
Perché dobbiamo per forza tenere il tempo?
« Pensiamo a un gatto che spicchi un salto per catturare un uccello in volo. Tutti i predatori devono essere capaci di calcolare il tempo al millisecondo».
Ci sono poi i ritmi circadiani.
« Un esperimento illustra benissimo la loro importanza. Alcuni scienziati hanno preso due ceppi di batteri, uno con un orologio interno tarato sulle 23 ore e un altro sulle 30 ore. Quando li hanno messi nello stesso vetrino, si sono accorti che solo il primo ceppo era sopravvissuto. Allora hanno provato a regolare le lampade del laboratorio in modo che luce e buio si alternassero ogni 30 ore. In questo caso solo il secondo ceppo riusciva a sopravvivere ».
Perché?
« Pensiamo a un batterio che viva grazie alla fotosintesi. Ha bisogno di sapere che ora del giorno sia per preparare in anticipo il suo apparato biochimico ed essere efficiente al massimo già al sorgere del Sole. Lo stesso vale per le cellule del nostro corpo. Devono anticipare tutti i cambiamenti fisiologici che avvengono durante il giorno, inclusi il dormire e il mangiare».
Come si fa a immaginare un orologio dentro al cervello?
«In effetti è molto diverso dagli orologi che usiamo nel mondo esterno. Possono essere più o meno precisi, ma tutti si basano su uno stesso principio: qualcosa oscilla e qualcos’altro conta il numero di oscillazioni. Il cervello sa se è giorno o notte, ma non sa contare quante volte il ciclo si è ripetuto. Non sa quanti giorni sono passati. Non capiamo esattamente come il suo meccanismo funzioni, ma immaginiamo che abbia a che fare con una variazione dello stato di attività dei neuroni. Il domino può aiutarci a capire, anche se è un esempio molto semplificato. Se ogni tessera del domino cade dopo un secondo, quando cade la decima tessera sappiamo che sono passati dieci secondi. Anche i neuroni formano delle catene e si attivano in sequenza. Sempre semplificando molto, il cervello sa quanto tempo è passato in base a quale neurone è attivo in quel momento».
Tutti gli esseri viventi hanno un orologio interno, ma solo gli uomini sembrano dotati di un concetto di futuro. È una fortuna o uno svantaggio, dal punto di vista evolutivo?
« Entrambe le cose. Immaginare il futuro ha dato agli umani poteri impensabili. Li ha resi capaci di costruire strumenti e piantare semi. Agire oggi per avere risultati fra settimane, mesi o anni è una capacità che non si riscontra negli animali. D’altra parte, se ci spingiamo lontano nel futuro con la nostra immaginazione non possiamo che vedere la nostra morte. La preveggenza ha i suoi svantaggi. Detto ciò, è giusto preoccuparsi per il futuro, ma non dobbiamo dimenticare di godere anche il presente. Molti di noi forse si preoccupano troppo per quel che sarà».
Perché ha scritto un libro sul tempo quando alcuni fisici sostengono che il tempo non esista nemmeno?
« Alcuni fisici sostengono che il tempo non sia una proprietà fondamentale, nella loro disciplina. Ma spesso si fa molta confusione, perché la parola tempo viene usata per indicare concetti diversi. Gli esperimenti sulla Relatività ci hanno portato a ipotizzare che viviamo in un universo a quattro dimensioni, in cui il passato, il presente e il futuro sono ugualmente reali. Ma non esiste un’evidenza scientifica a questo proposito. In fondo, non siamo sicuri che l’"adesso" sia davvero speciale come lo è il "qui"».