Repubblica 25.9.18
Negare i diritti aumentando i clandestini
di Carlo Bonini
Il
ministro dell’Interno Matteo Salvini battezza un decreto sicurezza che
fa di un manifesto ideologico la “norma”. Un “venghino, signori
venghino” da mercato della paura dove l’imbonitore, dopo aver trascorso
quattro mesi a fare il piromane, posa ora a pompiere offrendo agli
“italiani” l’estintore che — dice — spegnerà l’incendio.
Per
rifilare la patacca, deve naturalmente svuotare di ogni complessità una
vicenda epocale e dalle implicazioni geopolitiche continentali come i
flussi migratori, vendendo un’emergenza che non c’è (gli sbarchi) per
una minaccia incombente alla sicurezza nazionale che gli consenta di
legiferare d’urgenza, e dunque per decreto, strozzando ogni dibattito
parlamentare.
E deve soprattutto giocare, forte dell’analfabetismo
e la rozzezza civile che gli sono propri, con principi fondamentali dei
diritti dell’uomo (tutti gli uomini), quali la presunzione di
innocenza, il diritto di asilo, la protezione umanitaria, la
cittadinanza, degradandoli a "concessioni" agli uomini dalla pelle nera,
come tali revocabili. Dal Principe (cioè lui, il Difensore degli
Italiani) o dalla discrezionalità di un’autorità amministrativa.
Salvini
deve soprattutto tacere agli italiani quello che lui per primo ha
imparato in questi quattro mesi da ministro. Che nessuno manda a casa
nessuno approdato sulle nostre coste – neppure Gesù Cristo – senza
l’accordo dei Paesi di provenienza. E lo deve tacere perché se lo
spiegasse, tutti comprenderebbero che il "decreto sicurezza" avrà sui
flussi migratori lo stesso effetto del pugno battuto sul tavolo con cui
il nostro Paese, da qualche mese, si copre di ridicolo in ogni vertice
internazionale. La riduzione dei potenziali beneficiari del diritto di
asilo, la cancellazione di fatto della protezione umanitaria, la
liquidazione dell’esperienza degli Sprar ancorché scoraggiare i migranti
(la disperazione che convince a fuggire dal continente africano è più
forte di ogni Salvini) avranno infatti il solo effetto di moltiplicare i
clandestini, nonché il numero di coloro che, da detenuti, languiranno
nei centri di espulsione (già oggi sotto dimensionati e da domani ancor
più diminuiti nella capienza dal raddoppio dei tempi di detenzione
legittimi) in attesa di rimpatrio. E questo perché, esaurito il termine
di detenzione, il raddoppiato esercito di migranti irregolari avrà come
accade oggi un semplice foglio di via che non li avvierà certo a un
"ritorno volontario" nei Paesi di provenienza, ma solo alla loro
clandestinità.
Non è complicato scommettere che, in questa forma,
il decreto difficilmente passerà l’esame del Quirinale, prima, e della
Corte Costituzionale, poi, quando comincerà ad essere investita dal
contenzioso che le nuove norme produrranno. Ma è ancora una volta
sorprendente come a mettere la faccia su questo manifesto
costituzionalmente sgangherato sia un Presidente del Consiglio che posa a
fine giurista e, non più tardi di due giorni fa, ha preso cappello
"indignato" per la "violazione della privacy" e dei diritti
costituzionali del suo portavoce Rocco Casalino.
Quando si dice gli azzeccagarbugli.