Repubblica 21.9.18
Fenomenologia teoria e pratica dello scarabocchio
di Marco Belpoliti con Tullio Pericoli
Che
rapporto c’è fra lo schizzo poco decifrabile di un bambino e il disegno
o la scrittura? E se autore di quello schizzo è un adulto che lascia
andare la mano su un foglio? Marco Belpoliti ne parla con Tullio
Pericoli
Sul tavolo dello studio di Tullio Pericoli c’è un libro:
Storie della mia matita. L’ha pubblicato le Edizione Henry Beyle, un
contenitore di tantissimi disegni, scarabocchi, realizzati da quello che
il pittore marchigiano definisce il suo "sesto dito", la matita.
Parliamo di scarabocchi perché al festival che si apre oggi a Novara,
Pericoli terrà due laboratori: uno di disegno con i bambini e l’altro
con adulti sul ductus, insieme a Giuseppe Di Napoli, artista e saggista.
Belpoliti: Cosa sono gli scarabocchi?
Pericoli:
In un libro di Roberto Calasso, Il cacciatore celeste, c’è una frase
detta dal custode d’una caverna con incisioni preistoriche: "Todos los
adornos son escrituras": "Ogni immagine è un testo scritto". Significa
che le immagini raccontano, usando dei segni, dei gesti che compongono
un alfabeto, e sono riconducibili a parole. Gli alfabeti nascono da
gesti tracciati sui muri delle caverne, quindi dal gesto che voleva
rappresentare un’immagine. Non sono un antropologo, ma penso che questa
possa essere una spiegazione plausibile del rapporto tra pittura e
scrittura. La prima linea è stata quella che ha definito il mondo. Se
non ci fosse la linea noi non sapremmo bene com’è fatto un albero o una
bottiglia. L’invenzione della linea ha prodotto tutta una serie di forme
espressive e conoscitive che vanno dalla pittura alla scrittura, e
anche alla simbologia.
Belpoliti: Secondo te cosa sono gli scarabocchi dei bambini o quelli degli adulti? Distingueresti i primi dai secondi?
Pericoli:
Gli adulti scarabocchiano, i bambini disegnano. Noi leggiamo i segni
dei bambini come scarabocchi, perché somigliano a certi disegni che
facciamo da grandi in momenti di distrazione, quando siamo in una
riunione, al telefono, quando lasciamo andare la mano su un foglio. I
bambini quando tracciano dei segni penso vogliano rappresentare
qualcosa, non scarabocchiare. Da dove viene la parola scarabocchio?
Belpoliti:
In italiano significa "parola mal scritta, al limite dell’illeggibile,
quasi uno schizzo"; contiene sia la scrittura che il disegno. Viene da
"scarabotto", scarafaggio, secondo alcuni; altri sostengono che è la
fusione di due parole francesi "escarbot", scarabeo, e "escargot",
chiocciola, forse perché la macchia d’inchiostro dello scarabocchio è
simile all’impronta lasciata da uno scarabeo o dalla chiocciola.
Pericoli: La suddivisione tra il disegno del bambino e lo scarabocchio dell’adulto è fondamentale, c’è una differenza.
Belpoliti: Quindi secondo te i bambini scrivono?
Pericoli:
Anche. Ogni segno è riconducibile a una storia, a un discorso che
vogliamo fare. Quindi anche i bambini vogliono parlare attraverso i loro
segni, in un modo diverso dall’adulto, perché non c’è ancora quel
passaggio dato dagli anni della conoscenza, dalla razionalità, in cui
avviene una sorta di sosta, di pausa della fantasia libera. Da adulti
c’è poi un ritorno a questa fantasia, ma è stata, diciamo così,
razionalizzata.
Belpoliti: I bambini oggi imparano a scrivere
prima di andare a scuola, a 4-5 anni, anche se poi sono scritture
scarabocchiate, perché a quell’età non c’è ancora la raffinatezza del
gesto, il coordinamento di tutte le ossa che vanno dalla spalla alle
dita; sono scritture sgorbiate. Intanto continuano a disegnare, spesso
magnificamente. Poi verso gli 11-12 anni smettono di disegnare in modo
meraviglioso, come se perdessero la magia del disegno.
Per imparare a disegnare occorre poi studiare, fare molto esercizio.
Pericoli:
Questo in verità è un tema da psicologi dell’infanzia. La prima cosa
che ho notato dai miei figli e dai bambini con i quali ho avuto che fare
disegnando insieme, è che il gesto del produrre una linea sul foglio di
carta dà a loro un grande piacere. Vedere apparire un segno su un
foglio dà felicità. Nella crescita di un bambino ci sono poi vari
eventi, ad esempio l’emulazione, la vicinanza con gli altri, la scoperta
della società e delle immagini trasmesse dalla società; lì accade il
cambiamento. La fantasia è come frenata, trattenuta. Nasce una
soggezione. Pensano di essere giudicati e smettono.
Belpoliti: È accaduto così anche a te? Hai dovuto rimparare a disegnare?
Pericoli:
Non ho mai smesso di disegnare. Ho trovato dei fogli in cui cercavo di
disegnare. Ho cominciato a disegnare le cose che vedevo, normalmente non
succede. Forse è stata una mia mancanza. Disegnare è un talento, ma va
educato.
Belpoliti: Allora gli scarabocchi degli adulti?
Pericoli:
Questi scarabocchi appartengono a dei momenti di liberazione, di
qualcosa d’inespresso in noi. Credo che nascondano un desiderio di
racconto. Ci liberiamo perché sappiamo che non verranno giudicati, che
saranno gettati via. A proposito, ho una raccolta di scarabocchi; li ho
ottenuti in cambio di miei ritratti: Eco, Moravia, Arbasino, Kundera,
Bene, Bufalino e altri.