lunedì 17 settembre 2018

Repubblica 17.9.18
Le insidie del decreto Salvini
Immigrazione militarizzata
di Mario Morcone

Caro direttore, le notizie ormai diffuse sui contenuti normativi del decreto legge in materia di immigrazione destano sinceramente preoccupazione e in qualche caso sconcerto. Mi sembra di poter individuare tre gruppi di misure: la prima di interventi su cui si possono avere opinioni diverse ma che si muovono tuttavia nel quadro normativo internazionale e nazionale. Una seconda sostanzialmente contraria, a mio avviso, al buon senso e agli interessi del nostro Paese, e una terza, quella più sconcertante, che ha un vago sapore sudamericano.
In ordine alla prima si risolvono una serie di vecchie questioni sulle quali non si era mai deciso di intervenire. Mi riferisco alla mancata iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo, alla reiterazione delle domande di protezione e anche all’introduzione delle procedure di frontiera che certamente ci fanno arretrare sul piano della tutela dei diritti, ma che purtroppo sono presenti in alcuni paesi amici tra cui in primo luogo la Francia. Nel secondo gruppo collocherei gli interventi finalizzati a irrigidire i presupposti per concedere forme di protezione complementari a quelle previste dalle norme internazionali ( protezione umanitaria) e la modifica del sistema di accoglienza. Parlo di buon senso perché trovo singolare che un grande Paese rinunci alla possibilità di realizzare forme di coesione sociale e di inclusione attraverso la valorizzazione di percorsi di inserimento e di lavoro che i migranti possono aver conseguito nel periodo di attesa del loro destino. Non capisco bene perché dovremmo rinunciare a riconoscere un permesso di soggiorno a un migrante che, pur in assenza dei presupposti della protezione internazionale, ha ottenuto con buona volontà e senza infrangere le regole della nostra convivenza civile un posto di lavoro e sta concorrendo allo sviluppo del nostro Paese. Dobbiamo sperare di espellerlo, facendo venir meno così il contributo positivo che sta dando a tutti noi e creare maggiore irregolarità? In Germania e Francia hanno un approccio ben più flessibile. Ma quello che più mi preoccupa è il terzo gruppo di misure, davvero straordinario. Proporre il trattenimento amministrativo di persone destinate all’espulsione fuori dai Cpr in strutture idonee nella disponibilità dell’autorità di pubblica sicurezza realizza, da un lato, il venir meno di tutte le garanzie offerte dalla gestione civile del trattenimento stesso e, dall’altro, avvia una sorta di militarizzazione del tema richiedenti asilo contraria ai princìpi costituzionali e alla storia e alla cultura di questo Paese. Anche la categoria dei reati individuati come presupposto per la revoca dello status di protezione internazionale e per l’espulsione del cittadino sembra talmente vasta da far tornare in mente storie lette nella nostra adolescenza come La capanna dello zio Tom. Non so dove sia finita poi la presunzione di innocenza se si interrompe il percorso di riconoscimento della protezione internazionale per i richiedenti che hanno in corso un procedimento penale prima che una sentenza definitiva ne certifichi una condizione di colpevolezza. Infine, un’altra vicenda straordinaria: stiamo costruendo due categorie di cittadini. Una di serie A e una di serie B. E in quella di serie B vanno a collocarsi tutti coloro che acquistano la cittadinanza italiana e ai quali potrebbe essere revocata per una condanna di cinque anni. Il fondamento di legittimità viene tratto per analogia da un’ineccepibile posizione del Consiglio di Stato che ritiene legittimo il diniego della cittadinanza in considerazione dei rapporti di uno straniero con movimenti e organizzazioni potenzialmente offensivi della sicurezza della Repubblica. Ma una cosa è il diniego, una cosa è la revoca. Credo che, indipendentemente dalla sensibilità di ciascuno di noi su temi vivi come questi, non ci sia stata un’attenta rappresentazione ai nostri vertici di Governo della strada che stiamo imboccando e delle conseguenze che verranno.
Mario Morcone è direttore del Consiglio Italiano per i Rifugiati