lunedì 10 settembre 2018

Repubblica 10.9.18
Il futuro dell’Ue
La terra di conquista
di Nadia Urbinati


Se il 2016 sarà rubricato come l’annus horribilis di europeisti e democratici — con il referendum su Brexit e l’elezione di Donald Trump — il 2019 promette di essere ricordato come l’annus nefastus. Negli Usa il cuciniere dell’internazionale populista è Steve Bannon, il Rasputin cattolico della campagna elettorale di Trump, con un odio radicale nei confronti della cultura "liberal" (dei diritti) e del governo della legge, che egli accusa di essere una manipolazione dei socialisti per cospirare contro chi è stato eletto (Salvini come Trump, oppressi da toghe rosse). I limiti alla volontà elettorale sono orpelli utili solo per fermare il corso della storia. Le elezioni sono plebisciti che spazzano le opposizioni e incoronano il leader. Questa è la teoria politica del populismo.
L’autore preferito di Bannon è Julius Evola, l’ideologo della destra squadrista italiana secondo cui la democrazia sarebbe sintomo di un mondo in decomposizione, sdilinquito nell’etica dell’eguaglianza, incapace di comprendere che la gerarchia fa la storia. Alla tradizione della Rivoluzione francese, scriveva Evola, si deve opporre quella pre-moderna del merito dei pochi, superiori per destino, che sanno guidare perché conoscono il senso delle cose, senza bisogno di farlo comprendere. Fidatevi di chi è leader, questo basta a confermare di stare sulla via giusta: l’opposto di democrazia, di eguaglianza politica. Animato da questa religione arcaica della gerarchia, il potente lobbista Bannon cerca adepti in tutto il mondo, poiché, se la cultura democratica ha una vocazione all’espansione internazionale, così è il suo opposto. Questa è l’ideologia che promette di vincere le elezioni europee del 2019. Un sovranismo europeista che, per difendere le radici cristiane e bianche, vuole farsi fortezza. Una ideologia reazionaria, ma capace di usare al meglio i mezzi informatici moderni che sono l’ossatura della sua propaganda. La destra viaggia sul web.
L’Europa che uscì dalle urne nel 2014 era già spostata verso il centrodestra. In Italia si ricorda solo il 40% del Pd di Matteo Renzi. Ma ad avere più voti nel complesso fu il gruppo del Partito popolare (29,43%) non quello dell’Alleanza progressista (25,43%). E ci fu l’avanzata premonitrice di formazioni (oggi al governo in alcuni Paesi, come il nostro) non proprio filoeuropee e democratiche. Bannon si inserisce proprio nel progetto di portare gli euro-nemici al governo di Bruxelles. E sceglie anche l’avversario ideale, il presidente francese Macron, così debole e poco amato a casa e tra gli europeisti.
In questo piano diabolico, l’Italia gioca un ruolo centrale. Perché è stata tra i fondatori dell’Unione europea. E fare dell’Italia il piede di porco per far saltare il coperchio europeo ha molto senso. Per un fatto simbolico, ma anche per il peso politico ed economico che l’Italia ha in Europa. Da Roma comincia insomma l’avanzata della destra, ancora una volta. Oggi, però, il piano non è tenuto in mano dall’interno, per intenderci dalla Lega di Salvini, che con l’ideologo di Trump lancerà la campagna dei populisti europei. Il piano è concertato e pagato dai seguaci di Trump, con il proposito di liberarsi dai lacci che l’Ue impone al mercato. Gli ideali si traducono in cash. L’Europa sarà la nuova Iraq dei nuovi conservatori americani. Scardinare l’Europa significa aprire un mercato ricco agli States, in difficoltà per l’egemonia cinese. L’Europa che serve all’amministrazione americana non è quella unita che faceva da barriera al blocco sovietico, è un’Europa frantumata e facile terra di conquista.