La Stampa TuttoSalute 4.9.18
Il Genoma non mente mai: la nostra salute è legata agli altri
di Nicla Panciera
La
ricerca scientifica, e in particolare quella in ambito biomedico, è
sempre più complessa e i suoi risultati, ormai, si susseguono a ritmo
sempre più accelerato, producendo nuove evidenze che hanno un pesante
impatto sulla vita dei singoli e della società.
«La complessità
del nostro sistema di conoscenze è analitica e gerarchica, riguarda chi
pratica la ricerca, ma le ricadute sulla quotidianità sono immediate»,
spiega Carlo Alberto Redi, genetista, professore di zoologia
all’Università di Pavia e accademico dei Lincei, intervenuto al Festival
della Mente di Sarzana, in un dialogo condotto con Manuela Monti,
ricercatrice dell’Irccs-San Matteo di Pavia. La combinazione tra la
crescente sofisticazione delle informazioni scientifiche e la velocità
con la quale si susseguono sta creando un abisso tra ciò che si sa e le
decisioni sul da farsi che ne dovrebbero conseguire. Un vero e proprio
abisso «da colmare, fornendo a tutti quanti gli strumenti concettuali
necessari per capire gli avanzamenti della ricerca biologica. Stiamo
parlando del corpo e ciò richiede che l’individuo dica la sua e decida
in prima persona».
Cure e doveri
Si pone, quindi, un
problema di transizione, nel quale le istituzioni devono «equipaggiare» i
cittadini in modo adeguato per consentire loro di formarsi
autonomamente delle opinioni affidabili e di prendere decisioni
consapevoli sul proprio corpo e sulla propria salute. Per Redi, «la
scienza porta a nuovi diritti, come quello di essere informati e di
ricevere le cure migliori, ma anche a nuovi doveri, come quello di
informare e informarsi per decidere senza delegare completamente ad
altri». E i decisori devono fare in modo che «le scoperte non siano
fonte di nuove diseguaglianze, ma servano a promuovere il benessere
dell’intera comunità - continua il genetista -. Non soltanto per quel
dovere morale di colmare le disuguaglianze che dovrebbe muovere ogni
essere umano, e sul quale non voglio neppure dubitare, ma anche per
l’aspetto pragmatico di risparmio economico che ne conseguirebbe.
L’imperativo è etico ed economico».
Come a dire che le cure e le
decisioni sulla salute, se condivise in modo informato, possono e
dovrebbero portare al miglioramento del benessere e della ricchezza di
tutta la comunità.
Quello di comunità, tema del Festival di
quest’anno, sembrerebbe un concetto controcorrente, in una società tutta
tendente all’individualismo e in cui ognuno è origine e misura delle
cose. Eppure - aggiunge Redi - «le evidenze scientifiche mostrano che il
contesto sociale di disuguaglianza non è accettabile». L’epigenetica ha
dimostrato che le disuguaglianze marcano il nostro genoma, contribuendo
al divario sociale in modo più radicale di quanto non si credesse. Quel
«cappottino proteico» che avvolge il nostro Dna e che influisce
sull’espressione dei geni è, infatti, sensibile all’ambiente. Condizioni
sfavorevoli o stressanti portano a modificazioni che alterano il
funzionamento del nostro codice genetico anche nelle cellule germinali.
«Così l’individuo trasmette alla prole le conseguenze di quello che ha
sofferto dal punto di vista sociale e ambientale».
Generazioni future
I
danni delle disuguaglianze hanno il doppio effetto di propagarsi alle
generazioni future e di danneggiare quelle che si stanno sviluppando.
«Gli studi mostrano che una scorretta alimentazione e un’inadeguata
stimolazione psicosociale ha delle pesanti conseguenze fino a provocare
il cosiddetto “stunting” (l’arresto della crescita), definito dall’Oms,
l’Organizzazione mondiale della sanità, come la compromissione della
crescita e dello sviluppo dei bambini - spiega Manuela Monti -. Anche
l’ambiente emotivo è rilevante, fin da prima della nascita, e porta a
variazioni del livello del cortisolo, ormone dello stress, che
influenzerà il comportamento futuro». L’infanzia è, di conseguenza, un
periodo cruciale in cui si pongono le basi per la salute cognitiva,
metabolica e anche cardiovascolare dell’adulto di domani.
Le nuove
frontiere della ricerca biomedica sembrano svelare sempre di più,
quindi, che la nostra salute è biologicamente legata a quella degli
altri. Se tu stai bene, sto meglio anch’io. «Discriminare non paga -
commenta Redi -. E, anzi, l’altruismo e la reciprocità sono gli
atteggiamenti vincenti senza i quali oggi non saremmo qui. Consentire a
ciascuno il pieno e completo sviluppo delle proprie potenzialità,
realizzando una democrazia cognitiva, porterà benefici all’umanità
intera».