sabato 29 settembre 2018

La Stampa TuttoLibri 29.9.18
Non è il diavolo che ci stupra ma voi maschi che predicate la Bibbia
La scrittrice canadese ricostruisce una storia vera avvenuta in un villaggio mennonita della Bolivia Giovani, anziane e bambine (di tre anni) venivano narcotizzate e violentate dai membri della comunità
di Federica Bosco


Sono immensamente grata di poter recensire il nuovo romanzo di Miriam Toews, scrittrice che amo alla follia, dotata di un talento unico e coraggioso, che in ogni sua storia riesce a scomporre il dolore e ricomporlo in qualcosa di decente, vivibile, sopportabile. Un talento resiliente che le ha permesso di vedere la facciata illuminata delle cose, quella nascosta, quella bella, quella per cui vale ancora la pena vivere.
E ci voleva una donna coraggiosa per raccontare una storia così aberrante, incivile e inaccettabile che ti aspetteresti fosse ambientata nel medioevo e non nel civile terzo millennio; quella degli stupri avvenuti intorno al 2005 e per molti anni a seguire, in una comunità mennonita in Bolivia, dove quasi tutte le donne (giovani, anziane, e bambine anche piccolissime) venivano anestetizzate con uno spray veterinario e abusate nel sonno da un gruppo di uomini (spesso parenti stretti, fratelli, zii).
Al loro risveglio, in stato confusionale, ferite e sanguinanti, veniva detto loro che erano stati i demoni a punirle per i loro peccati, o ancora, che si trattava di «sfrenata immaginazione femminile» con lo scopo di attirare l’attenzione o coprire un adulterio. E come negare l’ insindacabile autorità del pastore, gli uomini e gli anziani, coloro che interpretano la Bibbia?
Queste donne così pie e innocenti, devastate nell’anima e nel corpo avevano reagito con il silenzio, con l’oblio, la follia, il suicidio. Molte erano rimaste incinte, molte – come la piccola Miep di 3 anni- infettate.
Ma è solo quando la fiera Salomè, si scaglia, pazza di rabbia, con una falce contro quelle bestie senz’anima, che il pastore decide di affidarli alle autorità del paese vicino per proteggerne l’incolumità. Al loro ritorno, se le donne saranno disposte a perdonare, avranno salva l’anima, in caso contrario verranno dannate. Come se ci fosse un inferno ancora peggiore.
Nell’attesa che gli uomini tornino dal paese dopo aver pagato la cauzione e liberato i compagni, alcune donne decidono di radunarsi per stabilire se restare, perdonare, combattere o andarsene.
E hanno solo 48 ore di tempo per farlo.
Una decisione epica, difficilissima, spaventosa che Miriam Toews (cresciuta lei stessa in una comunità mennonita) ricostruisce calandosi perfettamente in quella dimensione surreale, fuori dal mondo e dal tempo, (perché il tempo è eterno e non si deve misurare) tratteggiando lo spirito e la forza di queste donne succubi di un destino crudele, ma ancora così piene di dignità e voglia di vivere.
Donne che non sanno leggere e scrivere, che lavorano come bestie, che fanno figli senza sosta, e vengono picchiate e vessate, che non hanno diritto all’istruzione e alle cure mediche, costrette ad obbedire anche ai loro stessi figli adolescenti da cui possono venire scomunicate, che parlano una lingua dimenticata fatta di rudimenti di tedesco, e non sanno nemmeno dove si trovano nel mondo perché non hanno una mappa. Alla mercé di un Dio capriccioso e volubile, inventato dagli anziani e interpretato a proprio uso e consumo, dietro la costante minaccia dell’espulsione da un regno dei cieli che vede le donne sempre un gradino meno degne degli animali.
Ma queste donne, nonostante tutto, sono forti, resistenti, determinate, intelligenti, acute, intuitive, dotate di senso dell’umorismo, e consapevoli della loro importanza sociale, («gli uomini senza di noi non sopravvivrebbero più di due giorni») e malgrado la paura dell’ignoto, sono assolutamente convinte di voler lottare per tre ragioni: proteggere i propri figli, mantenere salda la propria fede e soprattutto rivendicare il loro diritto di pensare.
Due giorni passati in un fienile a discutere, litigare, interpretare, interrogarsi sulla vita, comprendere il proprio ruolo sociale, e pensare, (pensare!) sotto lo sguardo amorevole del mite August, l’insegnante, incaricato di redigere i verbali, un uomo buono, sensibile, troppo. L’invisibile, il reietto, cacciato insieme ai genitori che avevano osato divulgare libri d’arte e riaccolto ormai adulto come un paria.
Personaggi indimenticabili dalle personalità uniche che dopo qualche pagina sembra già di conoscere, come stare seduti in un angolino del fienile e osservare Mariche la testarda, Salomè la rabbiosa, Mejal la fumatrice incallita dalla vita segreta, e Ona, la splendida ribelle, considerata figlia del demonio perché zitella, perché sensibile.
Quarantotto ore che cambiano i destini, in un romanzo corale necessario, intenso, doloroso e bellissimo che indigna, commuove, ma dona speranza.
Un consiglio personale e assolutamente di parte: leggete tutto quello che ha scritto Miriam Toews, perché sarà un prezioso dono alla vostra anima.