Il Fatto 29.9.18
Costituzione, errori da non ripetere
di Alfiero Grandi
Malgrado
la vittoria del No al referendum del 4 dicembre 2016 sulle modifiche
della Costituzione volute da Renzi, la nuova maggioranza Lega-M5S prova a
sua volta a modificare la Costituzione con varie proposte. Da decenni
si susseguono tentativi di scaricare sulla Carta costituzionale le
difficoltà di governare. Certo, maggioranza e governo attuali non hanno
dimenticato le intemerate di Alessandro Pace e altri costituzionalisti
contro i pacchetti che hanno affastellato modifiche incoerenti della
Costituzione e hanno presentato proposte singole. Tuttavia il valore
delle modifiche della Costituzione proposte ora va oltre la somma delle
singole proposte. Tanto più che queste proposte sono presentate da
governo e maggioranza senza un confronto pubblico preventivo. E chi
prima ha partecipato allo schieramento per il No nel referendum del 4
dicembre ora ne ripropone alcuni punti bocciati.
Partiamo dal
Cnel, proprio perché la sua abolizione viene considerata una battaglia
vinta in partenza. Ammesso che sia da abolire, manca qualunque proposta
di cosa potrebbe prenderne il posto. Il “dialogo sociale” istituito nel
1993 dall’allora presidente del Consiglio Carlo Azeglio Ciampi può
essere il riferimento.
Sulla riduzione del numero dei
parlamentari: è in corso un attacco al ruolo del Parlamento, descritto
come scarsamente produttivo, in prospettiva perfino da superare, peccato
sia un architrave della Costituzione della nostra Repubblica. La
ragione per ridurre i parlamentari sembra stare nei risparmi e conferma
la sottovalutazione del problema. Il nuovo governo ha imparato in fretta
difetti di quelli precedenti, usa a piene mani i decreti legge e ora
pure i voti di fiducia. Tutti strumenti che sviliscono il ruolo del
Parlamento, lo rendono subalterno al governo. Dai Cinque Stelle ci si
poteva attendere più attenzione al ruolo del Parlamento, basta ricordare
le parole di Roberto Fico all’insediamento da presidente della Camera.
Il
problema è piuttosto mettere in sicurezza il nostro assetto
costituzionale da tentazioni presidenzialiste e accentratrici della
destra e della Lega. Per questo sarebbe preferibile riprendere la
storica proposta di Stefano Rodotà e Gianni Ferrara di puntare su una
sola Camera legando questa modifica a un sistema elettorale
proporzionale e dando la certezza agli elettori di poter scegliere tutti
i parlamentari.
Rivedere il numero dei parlamentari ha senso se
insieme si rilancia il ruolo del Parlamento come fondamento della
democrazia costituzionale e rappresentante effettivo degli elettori. Per
questo il numero dei parlamentari è in stretto rapporto con la funzione
e la composizione del Parlamento che dovrebbe avvenire sulla base di
due criteri di fondo: gli elettori scelgono i parlamentari e la
rappresentanza è proporzionale. Altrimenti la riduzione dei parlamentari
può essere l’occasione per un colpo decisivo al ruolo del Parlamento e
quindi alla Costituzione.
Per i referendum ci sono proposte
interessanti. Il quorum per la validità dei referendum è da rivedere in
modo da incentivare la partecipazione al voto anziché l’opportunismo
astensionista, ma azzerare il quorum porta all’eccesso opposto e quindi
va individuato un punto di equilibrio tra quorum attuale e azzeramento,
tanto più se oltre a quello abrogativo verrà introdotto anche il
referendum propositivo.
Non va poi dimenticato che i referendum
debbono essere esigibili, quindi occorre intervenire sul numero e
modalità di raccolta delle firme, sugli alti costi, e fin dall’inizio
del percorso occorre la certezza della validità del quesito. Quindi
semplificazione, informatizzazione della raccolta delle firme,
eliminazione dei certificati inutili, costi accessibili, sono tutti
problemi da risolvere, anche per le proposte di legge di iniziativa
popolare. Ci sono proposte che potrebbero essere raccolte dai lavori
parlamentari.
Risolvere i problemi di incompatibilità e
ineleggibilità dei parlamentari affidandoli alla Corte costituzionale, o
a un organo giurisdizionale ad hoc, è un’idea interessante. C’è un
vuoto preoccupante nelle iniziative costituzionali del governo
sull’autonomia delle Regioni. L’attuale versione dell’articolo 116 viene
interpretata dal governo e da una parte delle Regioni in chiave di
sostanziale rottura dell’unità nazionale, di diversificazione dei
diritti effettivi dei cittadini. Il governo non può rinunciare al suo
ruolo nazionale e costituzionale e il giudizio sulle proposte di
modifica della Costituzione inevitabilmente verrà influenzato dalla
soluzione di questo problema.
La Costituzione non è monopolio della sola maggioranza ma garanzia per tutti.