La Stampa 24.9.18
Pd, sondaggi choc e incubo dissoluzione
Treni e bus per riempire la piazza del 30
di Carlo Bertini
Pure
se Maurizio Martina prova a esorcizzare il «rischio estinzione», la
paura di diventare irrilevanti si materializza nei numeri impietosi dei
sondaggi che scivolano verso il baratro. Basta scorrere la «Supermedia»
quindicinale del sito Youtrend, che riporta un numero spaventoso per il
Pd, mixando i dati di vari istituti demoscopici: 16,4%. Due punti sotto
il risultato choc del 4 marzo. Il che significa che per alcuni
sondaggisti come Antonio Noto, i Dem sono scesi fino al 15%. Una cifra
che potrebbe segnalare una tendenza inarrestabile al ribasso.
Il baratro del 15%
Certo
altri danno la perdita più limitata, Euromedia 16,5%, Piepoli 17%, Swg
16,9%. Ma siamo lì e il timore di aver perso la ragion d’essere fa
venire i brividi ai dirigenti di ogni ordine e grado. Divisi tra chi
vorrebbe una scossa drastica come il presidente Orfini - che chiede di
sciogliersi per rigenerarsi aprendo porte e finestre per un nuovo Pd da
Saviano a Calenda - a chi invece farebbe il congresso subito, tanto da
scendere in sciopero della fame, come Roberto Giachetti. In mezzo c’è
l’unico candidato in campo, che gira come una trottola da settimane,
Nicola Zingaretti. Il quale, di fronte ai «colpi durissimi» delle ultime
sconfitte e leggendo pure lui i sondaggi come tutti, sostiene che «per
ripartire dobbiamo battere i due opposti estremismi: quello
liquidazionista, che dice sciogliamo il Pd. E quello conservatore, che
minimizza e dà la colpa alle polemiche interne e al fuoco amico». Lui
non li cita, ma allude con evidenza ai due «Mattei», Orfini e Renzi.
“Ricostruire una speranza”
«La
verità - dice Zingaretti a chi pone il problema del rischio irrilevanza
- è che dobbiamo cambiare. Avere il coraggio di ammettere che malgrado
le tante cose fatte, le persone ci hanno sentito distanti dalla loro
condizione umana».
Certo, pure il candidato segretario sa bene che
«è dura. Durissima. Ma questo è il momento di trovare la forza per
costruire una nuovo programma economico e sociale che unisca il tema
della crescita e quello dell’equità. E promuovere nuove energie e forze
che provengono dai territori. Dobbiamo cambiare e ricostruire speranza
per tornare a vincere», dice evocando un refrain di Veltroni sul sogno.
I renziani vogliono separarsi
E
mentre tra i giovani renziani cresce la voglia di separarsi dai
«compagni» e di tornare a fare due «cose» distinte, tipo Ds e
Margherita, in vista delle temute europee, il più arrabbiato nel Pd è
come sempre Roberto Giachetti. «Nessuno si rende conto che scherzano col
fuoco. Orfini dice che con il congresso si litiga, ma rimandandolo
peggiora tutto e invece facendolo magari si riparte, dando il segno di
uno strappo. Se non lo fai ora, tra sei mesi non hai più gli elettori». E
se rispetto a Zingaretti la distanza è tanta, «perché io sono contrario
ad azzerare la classe dirigente e dico no all’alleanza coi 5stelle», i
due concordano sul fare subito il congresso per evitare il peggio. Ma
dietro le quinte sono in tanti a pensare che una rifondazione da zero
proposta da Orfini sia una questione all’altezza del momento drammatico
in cui versano i Dem. «Il tema “ci sciogliamo o no” - ammette Giachetti -
è un tema enorme: Orfini, Calenda, la domanda se il Pd sia finito se la
pongono molti. Per me il Pd resta l’unico baluardo, ma dobbiamo
sbrigarci, perché di qui a gennaio rischiamo di fare il congresso di un
partito che non c’è più».
Il 30 la “prova di esistenza”
Intanto,
lo stato maggiore e quel che rimane dell’ossatura Dem nelle province,
preparano con ansia la manifestazione del 30 settembre a Roma, «che sarà
la vera prova dell’esistenza in vita», dicono al Nazareno. Per questo
gli obiettivi di partecipazione dati alle federazioni e ai circoli sono
ambiziosi: prenotati treni e pullman a iosa, con «l’incognita Roma»,
perché come sempre la risposta della capitale farà la differenza per
riempire o no piazza del Popolo con 50 mila persone.