Corriere 3.9.18
Ogni giorno 11 denunce
Stupri di gruppo, siti e social media Il dossier sulla violenza
di Fiorenza Sarzanini
Il
numero dei violentatori arrestati supera il numero delle vittime. Il
dato certifica che sono in aumento gli stupri di gruppo. Le vittime,
sempre più giovani, vengono sedotte con modi gentili, adescate via
Internet grazie a siti di appuntamento, e per questo il Dac, la
Direzione anticrimine della polizia, lancia l’allarme. Ogni giorno sono
undici gli episodi che vedono le donne vittime di violenza. Da gennaio a
luglio 2.311 le denunce presentate.
Roma È il dato che
maggiormente impressiona. Perché il numero dei violentatori identificati
continua ad essere più alto dei fatti denunciati e questo dimostra come
gli stupri siano spesso commessi in gruppo. È l’aggressione brutale
compiuta dal branco, l’assalto che ha segnato numerosi episodi delle
ultime settimane. Ragazze sedotte con modi gentili e poi diventate
vittime di una violenza selvaggia, oppure adescate via Internet grazie
ai siti di appuntamento che troppo spesso si trasformano in una trappola
infernale. Il messaggio di Vittorio Rizzi, investigatore di altissimo
livello, che guida la Dac, Direzione anticrimine della polizia, è fin
troppo esplicito: «Bisogna evitare ogni situazione di potenziale
rischio. È importante sapere che sul web il soggetto predatore si
maschera meglio grazie alle false identità e anche quando si svela lo fa
in maniera subdola. Per questo non bisogna cedere alle lusinghe degli
appuntamenti al buio». L’esempio più eclatante è svelato dalle indagini
che hanno portato in carcere l’imprenditore di Parma Federico Pesci, che
con un amico pusher nigeriano ha sequestrato e stuprato per ore una
ragazza di 21 anni conosciuta in chat. Ma l’analisi delle denunce fa
emergere come questa modalità di approccio sia in costante e pericoloso
aumento.
Più di 2.300 violenze denunciate in sei mesi
È
stato il prefetto Franco Gabrielli a imporre una politica di prevenzione
che passa dalla protezione delle vittime già al primo episodio di
maltrattamento in famiglia e si sviluppa con un’azione affidata a gruppi
investigativi specializzati. Una linea che sembra dare risultati
concreti. Dopo un aumento costante e addirittura un’impennata delle
denunce nel 2017, nei primi sei mesi del 2018 c’è stato infatti un calo
pari al 15 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Ma
questo non basta a rassicurare, perché il numero dei reati rimane
comunque altissimo. Sono 2.311 episodi denunciati con una media di 11
violenze al giorno. Ancora tante, troppe. E se si esamina il dettaglio
della statistica si scopre che sono ancora moltissimi gli stupri
compiuti tra le mura domestiche, sia tra gli italiani, sia nelle
comunità straniere.
Ecco perché uno degli strumenti ritenuti
fondamentali nella prevenzione è il «protocollo Eva» (Esame Violenze
Agite) che — come chiarisce lo stesso Rizzi — «nei casi di liti in
famiglia consente di inserire nella banca dati delle forze di polizia
(Sdi) le informazioni utili a ricostruire tutti gli episodi di violenza
domestica che hanno coinvolto un nucleo familiare. I poliziotti che
arrivano sul posto sono dunque preparati al tipo di intervento da
compiere, sanno se in passato qualcun altro ha dovuto compiere un
intervento analogo, se qualcuno detiene armi o ha precedenti, se ci sono
bambini coinvolti. E questo è fondamentale per far sentire la vittima
maggiormente al sicuro, per rassicurarla e convincerla a denunciare,
comunque a chiedere aiuto».
Le vittime minorenni e gli aggressori stranieri
Da
gennaio alla fine di luglio sono state 1.646 le italiane che hanno
presentato denuncia e 595 le straniere, oltre a settanta di nazionalità
ignota, per un totale di 2.311 donne. Tra i violentatori sono stati
identificati 1.628 italiani e 1.155 stranieri con un’incidenza
percentuale di questi ultimi sulla popolazione che certamente appare
molto alta. Tra loro ci sono 176 romeni, 154 marocchini, 67 nigeriani,
58 albanesi e 56 tunisini oltre a 143 uomini di cui non è stato
possibile accertare la nazionalità. E fa paura il numero di ragazzine
sotto i quattordici anni che hanno subito violenza negli ultimi sei
mesi: ben 173, tra loro 147 italiane. Una realtà ben delineata nel
dossier preparato dalla Dac nel marzo scorso e relativo all’attività
svolta fino al dicembre 2017. La relazione analizza proprio l’identità
di vittime e carnefici, mettendo in evidenza gli aspetti sui quali
bisogna intervenire in maniera ancora più efficace sia per la
prevenzione, sia per la repressione. Non a caso è proprio Gabrielli a
sottolineare nella premessa la necessità di applicare la legge, ma anche
alimentare «la rete composta da istituzioni, enti locali, centri
antiviolenza, associazioni di volontariato che si impegnano ogni giorno
per affermare un’autentica parità di genere, contro stereotipi e
pregiudizi».
«L’analisi dei dati — è scritto nel documento —
mostra un andamento quasi costante nel tempo del numero delle violenze
sessuali commesse, con un lieve aumento nell’ultimo biennio (+5%). Il
novanta per cento delle vittime è di sesso femminile. Rispetto agli
altri delitti finora analizzati (omicidi volontari, atti persecutori,
maltrattamenti in famiglia) l’età mostra incidenze diverse. Le cittadine
italiane minorenni vittime di questo delitto sono oltre il ventuno per
cento nel 2017. Un’analisi più approfondita delle denunce ha consentito
di verificare i luoghi dove vengono principalmente commesse le violenze
sessuali. A differenza degli altri delitti spia, la percentuale di
autori di cittadinanza straniera è molto più alta, pur se comunque
inferiore a quella degli italiani. Oltre il novanta per cento dei
presunti autori sono cittadini maggiorenni, sia che ci si riferisca agli
italiani che agli stranieri».
La circolare ai questori per attivare la «rete»
È
stato proprio Rizzi a trasmettere una circolare ai questori che detta
le regole di intervento. La linea nel rapporto con la vittima è chiara:
«Fornire una completa e analitica informazione circa gli strumenti —
amministrativi e penali — previsti dalla normativa di settore cui la
persona offesa può accedere; prevedere, in seno agli uffici, dei criteri
di priorità nella gestione dei procedimenti in materia che assicurino
agli stessi una «corsia preferenziale» di trattazione; prendere in
carico la vittima in ambiente idoneo attraverso personale altamente
qualificato, capace di cogliere nella narrazione tutti gli episodi di
violenza (o connotati da un coefficiente di pericolosità), ed evitare
atteggiamenti di minimizzazione delle condotte esposte; rimanere in
contatto costante con la vittima, anche successivamente al primo
approccio, facendosi parte attiva nel mantenere i rapporti anche per
acquisire ulteriori elementi informativi sull’evoluzione della vicenda
esposta; attivare la rete antiviolenza per realizzare le più opportune
forme di intervento integrato con servizi sociali e centri antiviolenza
attivi sul territorio; attivare il Protocollo Eva».
A questo si
aggiunge l’attività della polizia postale guidata da Nunzia Ciardi che
monitora il web e i siti specializzati proprio per proteggere le
vittime, in particolare minorenni. Con un’attenzione particolare ai
social che — come spiega uno degli analisti — sono apparentemente più
rassicuranti, ma in realtà rappresentano uno degli strumenti
maggiormente utilizzati per ingannare la propria preda e poi
catturarla».