Corriere 19.9.18
Detenuta a Rebibbia, getta i figli dalle scale
Roma, lei muore a 6 mesi e il fratellino è gravissimo. Scoppia la
polemica sui piccoli nelle carceri
di R. Fr. A. Ar.
ROMA
Le mamme rom sono state le prime ad accorgersi di quello che stava
facendo sulle scale. E sono accorse per fermarla, insieme con le
educatrici e le agenti della Polizia Penitenziaria. Ma ormai era troppo
tardi. A.S., 33 anni, aveva atteso che le dodici compagne di reparto
andassero alla mensa con i loro bambini per uccidere i suoi nel nido
all’interno del carcere di Rebibbia. La femminuccia, di appena sei mesi,
è morta sul colpo, dopo essere stata lanciata dalla seconda rampa delle
scale. Un volo di quattro metri che non le ha lasciato scampo. Il
fratellino, di poco più di due anni, lotta per la vita al Bambino Gesù:
la madre lo ha scaraventato sui gradini. È gravissimo, sarà sottoposto a
intervento chirurgico. Nella storia delle mamme detenute in Italia con i
loro bambini una cosa del genere non era mai successa. E adesso è
bufera sui 62 piccoli sotto i tre anni oggi in carcere. «Sono tanti,
troppi, i bimbi che crescono e vivono dietro le sbarre senza aver
commesso alcun reato, da innocenti», spiega la vicepresidente della
Camera Mara Carfagna (Forza Italia). Toni analoghi da Pd e Radicali.
D’accordo i sindacati della Penitenziaria: «Tenerli dentro è una
tortura». Ieri l’allarme è scattato poco dopo le 12.30. La trentenne,
originaria della Georgia ma residente in Germania, era stata arrestata
per spaccio con alcuni chili di droga il 26 agosto a Roma e condotta a
Rebibbia femminile. Con lei i due bambini, che avevano portato a 16 il
numero dei piccoli del nido intitolato alla sua fondatrice Leda
Colombini. Una struttura che gli stessi volontari che prestano la loro
opera nel carcere sulla via Tiburtina definiscono fra le migliori
all’interno degli istituti di pena. Ma qualcosa a Rebibbia non ha
funzionato. Ed è quello che dovranno accertare due inchieste, una della
Procura e l’altra del ministero della Giustizia. I carabinieri del
Nucleo investigativo hanno svolto un sopralluogo nel nido e acquisito le
immagini della videosorveglianza. Sentiti i vertici del carcere e gli
operatori che si trovavano in quel momento nella mensa. Ma sarebbero
stati anche sequestrati i rapporti di alcune agenti della Penitenziaria
che nei giorni scorsi avevano relazionato su strani comportamenti, un
disagio psichico forse collegato all’astinenza dal consumo di
stupefacenti, tenuti dalla trentenne, che avevano spinto la direzione
del carcere a farla sottoporre a una visita dalla psicologo. E si
cercano eventuali collegamenti anche fra il tragico gesto della donna e
il colloquio con i genitori — i nonni dei bambini — che avrebbe avuto di
lì a poco: forse ha perso la testa perché temeva che le sarebbero stati
tolti i piccoli. Le indagini dovranno stabilire ora se, sulla base di
quei rapporti del personale di vigilanza, c’era la possibilità di farlo
prima.