lunedì 25 giugno 2018

Repubblica 25.6.18
Esmahan Aykol
“Impossibile batterlo attraverso il voto il suo clan non lo consente”
di M. Ans.


ISTANBUL «Niente da fare. Attraverso il voto è impossibile batterlo.
Erdogan ha vinto anche questa volta, ed è un successo per certi aspetti inatteso. Ma è così. Oggi la gente che gli è contro è ancora scioccata, domani realizzeranno che non riusciranno mai a vincere».
Esmahan Aykol, autrice di gialli pubblicati in Italia da Sellerio (“Divorzio alla turca”, “Appartamento a Istanbul”, “Hotel Bosforo”), ha seguito il voto a Istanbul per tutta la giornata. Prima è andata in una scuola di Cihangir, il quartiere dove vivono molti scrittori, per vedere le operazioni di scrutinio in una scuola. La sera è a cena a casa di amici, dove da un lato guarda la tv che dà i risultati ufficiali, dall’altro compulsa il suo cellulare dove Twitter e i social invitano a protestare contro brogli e osservatori internazionali fermati.
Esmahan Aykol, comunque è un trionfo per il Sultano.
«Ora ci rendiamo conto che non poteva essere altrimenti. Non c’è alcuna possibilità che Erdogan perda il potere legalmente. Se succedesse, verrebbero messi in discussione i suoi 16 anni al vertice e le illegalità di cui è accusato. Una cosa al momento impensabile».
Ma perché ha vinto?
«Erdogan, il suo partito, e la sua gang, non possono perdere, altrimenti devono pagare. Forse ci potrà essere un modo attraverso pressioni internazionali, o una guerra civile, purtroppo. Ma legalmente non c’è alcuna chance di schiodarlo».
Però più del 50 per cento dei turchi lo ha votato: è un sostegno inequivocabile, no?
«È incredibile. Per tutto il giorno il partito repubblicano ha parlato di brogli, ma alla fine credo che il risultato non cambierà».
E Erdogan cambierà dopo questa vittoria?
«Non può cambiare. Ha tante di quelle accuse di illegalità, e lo dico da autrice di ‘crime stories’, che non le sappiamo nemmeno.
Se perdesse, dovrebbe essere portato in tribunale, lui e la sua gang. Ma dalla sua ha la polizia, l’esercito, e vince in ogni caso».
Il partito curdo ancora una volta è riuscito a entrare in Parlamento. Questo aiuterà a calmare le tensioni nel sud est?
«Non penso, ma il loro è un risultato che dà fiducia. Quella settantina di seggi ottenuti sarebbe andata al partito al potere, e invece vanno a chi sostiene i diritti dei curdi, alla gente di sinistra».
Mentre il nuovo Partito Buono della signora Aksener uscita dai Lupi grigi non ha sfondato. Perché?
«Su di lei c’erano molte speranze.
Invece non ha ottenuto nulla. Il partito nazionalista dei Lupi grigi l’ha sopravanzata. Molto strano».
Quanto è grande il disappunto dell’opposizione laica?
«C’era grande speranza in Turchia. Il candidato messo in campo dai repubblicani, Muharrem Ince, è stato una buona scelta. L’altra sera sono andata a un suo comizio a Istanbul, nella zona di Maltepe, e c’erano tanti giovani, sembrava di essere a un concerto rock, ma pure gente anziana, e si respirava la speranza, un desiderio di cambiamento. Tutto questo ora si è dissolto. Devono trovare un’altra strada, attraverso le elezioni è chiaro a tutti che non vinceranno mai».
C’è una grande distanza, però, fra la speranza di ieri e il risultato di oggi.
«In mattinata sono andata in una scuola di Cihangir, zona di intellettuali e artisti: i voti per Erdogan erano 40, quelli per Ince 250».
Ma questa è Istanbul, mentre la Turchia è grande, e la pancia del Paese, l’Anatolia, sta con il leader.
«Sono due Paesi diversi, due gruppi diversi. Ma non credo che si possa tenere a lungo uno Stato in questa situazione. Ora si aprono 6-7 mesi con un grande punto di domanda».
Quale?
«L’economia. Il governo sta dimostrando che non riesce a risolvere la crisi. E il futuro non è brillante per la Turchia».