Repubblica 19.6.18
Il Movimento svuotato dalla Lega
L’ira del M5S sorpassato nei sondaggi Il premier e Di Maio: così non reggiamo
di Tommaso Ciriaco
BERLINO
«Questo è veramente troppo, supera ogni limite. Così non reggiamo». Lo
sfogo di Giuseppe Conte prende forma mentre il premier si prepara a
decollare per Berlino. Non può che chiedere una rettifica al suo
vicepremier. Arriva due ore dopo, mentre l’aereo di Stato atterra in
Germania. E d’altra parte stavolta Salvini ha davvero alzato l’asticella
oltre le nuvole. Proponendo di schedare i rom. Oscurando ancora una
volta una missione del presidente del Consiglio. Distruggendo il
castello comunicativo faticosamente eretto da Luigi Di Maio. Proprio il
capo pentastellato, che puntava tantissimo sul progetto di portare il
reddito di cittadinanza in Europa, resta di sasso. Aveva pregato Conte
di dare il massimo risalto alla trovata. E invece, di nuovo, tutto
svanito di fronte a uno slogan di Salvini. «Matteo all’inizio si è
dimostrato leale – è la profezia che ripete sempre più spesso il leader
del M5S al suo entourage - ma non vorrei che a dicembre mandasse tutto
all’aria per tornare al voto e capitalizzare il suo consenso». Dovesse
farlo, giurano i sondaggi attuali segnando il clamoroso sorpasso del
Carroccio sul Movimento, raccoglierebbe la maggioranza.
Svuotando i grillini.
Quando
a Palazzo Chigi suona l’allarme, Conte capisce immediatamente da dove
arriva il pericolo. Il problema è che ancora una volta non sa come
arginarlo.
«Mi sembra chiaro che c’è una strategia dietro – si
lamenta ufficiosamente il premier – non vorrei che qualcuno punti a
destabilizzare il governo». Nomi non ne fa, ma è chiaro che pensa
proprio al ministro dell’Interno.
Lo schema, d’altra parte, ormai
si ripete puntuale come un orologio svizzero. Mentre il capo è in giro
per le cancellerie europee, il vicepremier con la ruspa gli fa perdere
l’equilibrio. Basta mettere in fila i viaggi di Conte, puntualmente
boicottati da Salvini: oggi i rom, ieri le bordate sull’immigrazione, le
ong, l’asse con l’Est d’Europa.
La strategia, a questo punto, non
può che essere quella di rispondere colpo su colpo. Senza indicare il
bersaglio per nome, ma iniziando a reagire. Non è un caso che ieri,
faccia a faccia con la Merkel per trentacinque minuti prima della cena
con le delegazioni, sia tornato ad affacciarsi lo spettro Salvini. Assai
simile, a dire il vero, a quello sofferto dalla Cancelliera con Horst
Seehorf. E non è un caso nemmeno che il capo del governo abbia stroncato
le richieste sui richiedenti asilo avanzate dal ministro dell’Interno
tedesco tanto amico del leader leghista.
Trattare con Angela
Merkel, allora, per arginare l’alleato più scomodo. La via stretta di
Conte è la stessa di Di Maio. Era stato il ministro del Lavoro e dello
Sviluppo a mettere le truppe parlamentari in allerta nei giorni scorsi.
«Se Salvini continua così, bisogna iniziare a reagire con le nostre
proposte». E in serata, intervistato dall’Huffington Post, rilancia:
«Bene occuparsi di immigrazione, ma prima occupiamoci dei tanti italiani
che non possono mangiare».
Prendere progressivamente le distanze
dal capo leghista è anche il progetto dell’“avvocato degli italiani”. Un
piano in due step.
Prevede innanzitutto di rilanciare sui temi
economici, sfruttando le sponde di Macron e la debolezza interna della
Merkel per ottenere qualche apertura nella direzione della flessibilità,
per poi smarcarsi da Salvini sui migranti.
Per Di Maio, tra
l’altro, è anche un problema di tenuta interna dei gruppi parlamentari.
Lo si capisce anche ascoltando Roberto Fico, sempre più ala sinistra del
grillismo. «Bisogna ridiscutere il regolamento di Dublino, è
fondamentale. E occorre farlo con la Francia e con la Germania, mettendo
fuori le posizioni estreme. Se Orbàn non vuole le quote deve essere
multato». Parla rivolto all’Ungheria, ma è chiaro che guarda verso via
Bellerio. E immagina un accordo con Germania e Francia per cambiare
radicalmente il trattato di Dublino. Non a caso Macron, scettico sulla
revisione delle quote, ha comunque chiamato il presidente libico Serraj
promettendo soldi e mezzi per controllare al meglio le coste. Un passo
in avanti. Anche se nelle cancellerie si teme che non basti a frenare il
partito unico di destra capitanato dai ministri dell’Interno di mezza
Europa.