domenica 24 giugno 2018

La Stampa 24.6.17
“Così Forza Italia si estingue
Senza democrazia interna niente fermerà il fuggi-fuggi”
di Ugo Magri


Se vuole salvare Forza Italia, Silvio Berlusconi non può cavarsela con qualche maquillage. Deve lasciare che il partito discuta, si conti e si confronti al suo interno come non ha mai fatto prima. Altrimenti, secondo il governatore ligure Giovanni Toti, in assenza di un vero cambiamento di orizzonte, il rischio fuga verso la Lega resterà incombente.
Di Forza Italia si sono perse le tracce. Ancora esiste?
«Certo che esiste. Ha un forte radicamento territoriale. Qua e là esprime delle eccellenze. In Liguria, per esempio, penso che abbiamo dato degli esempi da cui altrove potrebbero prendere spunto. Però, senza dubbio, Forza Italia ha bisogno di una profonda ristrutturazione. Pensare che possa essere rilanciata cambiando il simbolo e qualche faccia sarebbe come ridipingere un palazzo che ha i muri portanti lesionati».
Teme che sia quella l’intenzione vera di Berlusconi?
«Io spero che nel rilancio del partito lui sappia mettere l’energia rivoluzionaria delle sue migliori stagioni. Ma il cambiamento dovrà essere anzitutto nel metodo. Per essere efficace, non dovrà calare dall’alto».
Insiste a chiedere le primarie? Il Cavaliere le vede come fumo negli occhi...
«Non mi fossilizzo su uno strumento. Se non si chiameranno primarie, potranno essere meccanismi diversi. Ci sono mille modi per realizzare la democrazia interna. L’importante è far esprimere i propri militanti e i propri elettori. È da questa consultazione che dovrà emergere la nuova classe dirigente ma, soprattutto, la nuova gerarchia di valori e progetti».
Che ruolo intende ritagliarsi in questo cambiamento?
«Sono a disposizione per discuterne in qualunque momento, anche se finora le mie sollecitazioni sono state valutate quasi come un contributo eversivo».
Da chi, da Berlusconi?
«Da una classe dirigente troppo conservativa per mettersi collettivamente in discussione. Dove magari, spero di no, qualcuno ritiene di dover salvare solo la propria poltrona, assistendo senza battere ciglio all’ineluttabile declino».
Teme un fuggi-fuggi?
«La fuga ci sarà se non arriveranno risposte. Gli elettori e i dirigenti, lasciati senza progetti, senza nemmeno la possibilità di discuterne, è ovvio che tendano a essere attratti da suggestioni diverse. Ma io credo che dobbiamo smettere di preoccuparci della Lega, di cosa fa o non fa Salvini. Faremmo bene a chiederci piuttosto che cosa facciamo noi, come pensiamo di recuperare i milioni di voti persi negli ultimi anni, quali modelli economici e sociali sapremo offrire ai nostri giovani, che idee formuleremo per rendere l’Italia protagonista. Altrimenti sarà tempo perso».
Pensa a un partito unico con la Lega?
«Vorrei un centrodestra ampio e plurale, nel quale ciascuno degli attuali partiti conti per quanto realmente pesa. In questo momento la Lega gode di ottima salute. Salvini detta con grande efficacia l’agenda politica del Paese, e su alcuni temi riesce a ottenere risultati mai avuti finora, vedi l’immigrazione. Ma talvolta le risposte leghiste sembrano più rivolte a calmierare le paure del giorno che dirette a sviluppare un’idea di futuro, più tese a rifugiarsi nelle sicurezze del passato che ad affrontare le insicurezze di fronte a noi. Se quell’area assorbisse tutte le altre, senza tenere conto delle diversità, il centrodestra sarebbe condannato a regredire anche nel consenso».
A proposito: oggi è giorno di ballottaggi. Il caso di Imperia che cosa insegna?
«Dimostra che il centrodestra spesso riesce a farsi male da solo. Uniti avremmo stravinto al primo turno. E comunque vada, qualcuno si è preso la responsabilità di spaccare una coalizione vincente. Con lo sguardo rivolto indietro».