La Stampa 24.6.17
“Così Forza Italia si estingue
Senza democrazia interna niente fermerà il fuggi-fuggi”
di Ugo Magri
Se
vuole salvare Forza Italia, Silvio Berlusconi non può cavarsela con
qualche maquillage. Deve lasciare che il partito discuta, si conti e si
confronti al suo interno come non ha mai fatto prima. Altrimenti,
secondo il governatore ligure Giovanni Toti, in assenza di un vero
cambiamento di orizzonte, il rischio fuga verso la Lega resterà
incombente.
Di Forza Italia si sono perse le tracce. Ancora esiste?
«Certo
che esiste. Ha un forte radicamento territoriale. Qua e là esprime
delle eccellenze. In Liguria, per esempio, penso che abbiamo dato degli
esempi da cui altrove potrebbero prendere spunto. Però, senza dubbio,
Forza Italia ha bisogno di una profonda ristrutturazione. Pensare che
possa essere rilanciata cambiando il simbolo e qualche faccia sarebbe
come ridipingere un palazzo che ha i muri portanti lesionati».
Teme che sia quella l’intenzione vera di Berlusconi?
«Io
spero che nel rilancio del partito lui sappia mettere l’energia
rivoluzionaria delle sue migliori stagioni. Ma il cambiamento dovrà
essere anzitutto nel metodo. Per essere efficace, non dovrà calare
dall’alto».
Insiste a chiedere le primarie? Il Cavaliere le vede come fumo negli occhi...
«Non
mi fossilizzo su uno strumento. Se non si chiameranno primarie,
potranno essere meccanismi diversi. Ci sono mille modi per realizzare la
democrazia interna. L’importante è far esprimere i propri militanti e i
propri elettori. È da questa consultazione che dovrà emergere la nuova
classe dirigente ma, soprattutto, la nuova gerarchia di valori e
progetti».
Che ruolo intende ritagliarsi in questo cambiamento?
«Sono
a disposizione per discuterne in qualunque momento, anche se finora le
mie sollecitazioni sono state valutate quasi come un contributo
eversivo».
Da chi, da Berlusconi?
«Da una classe dirigente
troppo conservativa per mettersi collettivamente in discussione. Dove
magari, spero di no, qualcuno ritiene di dover salvare solo la propria
poltrona, assistendo senza battere ciglio all’ineluttabile declino».
Teme un fuggi-fuggi?
«La
fuga ci sarà se non arriveranno risposte. Gli elettori e i dirigenti,
lasciati senza progetti, senza nemmeno la possibilità di discuterne, è
ovvio che tendano a essere attratti da suggestioni diverse. Ma io credo
che dobbiamo smettere di preoccuparci della Lega, di cosa fa o non fa
Salvini. Faremmo bene a chiederci piuttosto che cosa facciamo noi, come
pensiamo di recuperare i milioni di voti persi negli ultimi anni, quali
modelli economici e sociali sapremo offrire ai nostri giovani, che idee
formuleremo per rendere l’Italia protagonista. Altrimenti sarà tempo
perso».
Pensa a un partito unico con la Lega?
«Vorrei un
centrodestra ampio e plurale, nel quale ciascuno degli attuali partiti
conti per quanto realmente pesa. In questo momento la Lega gode di
ottima salute. Salvini detta con grande efficacia l’agenda politica del
Paese, e su alcuni temi riesce a ottenere risultati mai avuti finora,
vedi l’immigrazione. Ma talvolta le risposte leghiste sembrano più
rivolte a calmierare le paure del giorno che dirette a sviluppare
un’idea di futuro, più tese a rifugiarsi nelle sicurezze del passato che
ad affrontare le insicurezze di fronte a noi. Se quell’area assorbisse
tutte le altre, senza tenere conto delle diversità, il centrodestra
sarebbe condannato a regredire anche nel consenso».
A proposito: oggi è giorno di ballottaggi. Il caso di Imperia che cosa insegna?
«Dimostra
che il centrodestra spesso riesce a farsi male da solo. Uniti avremmo
stravinto al primo turno. E comunque vada, qualcuno si è preso la
responsabilità di spaccare una coalizione vincente. Con lo sguardo
rivolto indietro».