La Stampa 20.6.18
Nomadi e senza patria
Sono i migranti i nuovi proletari del ventunesimo secolo
risponde Domenico Quirico
Caro Quirico,
un
fatto isolato, ossia l’aiuto offerto agli oltre 600 profughi della nave
Aquarius respinta dai porti italiani, non cambia il rigore «armato» che
la polizia spagnola esercita al confine con il Marocco (rigore già
espresso dal primo ministro socialista José Luis Rodríguez Zapatero).
Dopo
il caso Aquarius Madrid aprirà altri porti? Sembra proprio di no e
quindi quello di questi giorni non è stato altro che un bello spot per
il presidente Pedro Sánchez e nulla più. Mi sembra un po’ poco. Noi
italiani «ex brava gente» dobbiamo essere ospitali con tutti coloro che
fuggono da guerre, fame, povertà o anche per scomparire dalla giustizia
del proprio Paese? Cattivi italiani , razzisti , xenofobi , egoisti,
impauriti di perdere il benessere che c’era un tempo? L’Europa ci ha
lasciati soli , anzi solissimi , e allora ci voleva un fatto importante e
traumatico per scuotere i simpatici nostri vicini.
Renata Franchi (Torino)
Gentile signora Franchi,
Zapatero?
Sanchez? La brava gente era quella che stava sul molo di Valencia, così
umile e vera, simile a quella che ha aperto le braccia a Lampedusa dove
arrivai naufrago con i migranti nel 2011, a Pozzallo e in tutti gli
altri luoghi del nostro tempo migliore che profeti bugiardi hanno
imbottito di veleno. «I proletari non hanno patria» diceva Marx. E aveva
ragione. Sì: da sempre nomadi, un tempo dalle campagne miserande alle
città delle botteghe del Capitale. Oggi il filosofo li riconoscerebbe a
prima vista, i suoi: i migranti proletari come noi siamo stati prima di
loro, come mai prima d’ora. Attraverso il Mediterraneo, attraverso
montagne e deserti, ai confini di frontiere senza pietà, il Texas e i
Balcani, Melilla e Lampedusa , i nuovi proletari del ventunesimo secolo
sono davanti a noi , in mezzo a noi, zoccolo duro della massa
inesistente, composta dagli ultimi arrivati. Costretti a fare tutto,
dire e vivere rapidamente, in un respiro. Perché qualcuno può arrivare,
per portare tutto verso il nulla. L’ospitalità oggi è ancor più preziosa
che ai tempi dei patriarchi e dei greci dell’Iliade: perché non è un
rito, è un dono.