internazionale 8.6.18
L’era di Mariano Rajoy si è chiusa
Il
governo conservatore, da tempo screditato, avrebbe potuto essere
sfiduciato molto prima se la sinistra avesse avuto più coraggio,
sostiene l’editoriale del sito spagnolo
Ctxt, Spagna
Gli
oltre sei anni di governo del Partito popolare hanno provocato una
grave regressione della democrazia in Spagna. La libertà di espressione è
stata ridotta in modo inaudito grazie alla “legge bavaglio” del 2015. I
mezzi di comunicazione pubblici, che nell’era di José Luis Rodríguez
Zapatero avevano raggiunto un encomiabile livello d’indipendenza, sono
tornati a essere strumenti di propaganda governativa e motivo di
vergogna per il paese. Il governo ha contribuito alla crisi catalana e
ha imposto una svolta autoritaria nei rapporti con le comunità autonome e
le amministrazioni locali. Oltre a tutto questo, è emersa una
corruzione insopportabile. Il fatto che Mariano Rajoy abbia continuato a
guidare il governo dopo la pubblicazione dei documenti di Luis Bárcenas
nel gennaio del 2013 è chiaramente un’anomalia democratica. Il nome di
Rajoy compariva una trentina di volte nei documenti del tesoriere del
partito a proposito di incassi derivanti dalla contabilità parallela.
Questo avrebbe dovuto essere più che sufficiente per provocare le
dimissioni immediate di Rajoy. Ma nel 2013 il Partito popolare aveva la
maggioranza assoluta e il premier ha potuto mentire al parlamento per
superare la tempesta. L’occasione per cacciare la destra dal governo si è
presentata dopo le elezioni del dicembre 2015, quando il Pp ha perso la
maggioranza assoluta e più di 3,5 milioni di voti. Ma è stata
vanificata dai calcoli di Podemos, più interessato a superare il Partito
socialista (Psoe) che a liberare la Spagna dai corrotti, e dalla miopia
e dal conservatorismo della leadership socialista, che è scesa a patti
con Ciudadanos e si è autoimposta una serie di restrizioni rendendo
impossibile la nascita di un governo progressista. I due partiti hanno
ignorato la voglia di cambiamento della società spagnola dopo una
legislatura segnata da un arretramento sociale generalizzato (riforma
delle pensioni, liberalizzazione del mercato del lavoro, tagli alle
politiche sociali, alla spesa pubblica e alla ricerca). Pur con grande
ritardo, i partiti di sinistra hanno imparato la lezione e hanno
finalmente seguito la volontà dell’elettorato. Lo sterile scontro tra
Podemos e il Psoe paralizzava la politica spagnola e alimentava la
demoralizzazione degli elettori progressisti. C’è voluta la condanna di
Bárcenas a 33 anni di carcere perché i leader dei due partiti capissero
che la Spagna non poteva più sopportare il logoramento della sua
democrazia. Impedire che la corruzione e la manipolazione
dell’informazione continuassero a erodere la fiducia nelle istituzioni
avrebbe dovuto essere la priorità dei partiti d’opposizione. Per questo
dobbiamo rallegrarci che il parlamento abbia allontanato Rajoy e il
Partito popolare dal governo. Unità nazionale La mozione di sfiducia è
stata approvata grazie al sostegno dei partiti nazionalisti, perché la
somma dei voti di Podemos e del Psoe era molto lontana dalla maggioranza
assoluta. Il nuovo presidente del governo, il socialista Pedro Sánchez,
è stato nominato con 180 voti provenienti da Psoe, Unidos podemos,
Sinistra repubblicana della Catalogna, Partito democratico europeo
catalano, Partito nazionalista basco, Compromís, Bildu e Nueva Canarias.
Più voti di quelli ottenuti da Rajoy nel 2016. Per gli analisti più
conservatori della stampa madrilena il voto dei partiti nazionalisti
compromette questa operazione di cambiamento politico, sostenuta da 12
milioni di voti. A nostro giudizio è l’esatto contrario: per la prima
volta da molti anni, un accordo tra tutti i partiti del parlamento (con
l’eccezione del Pp e di Ciudadanos) permette a Sánchez di cominciare a
rimediare al disastro prodotto dalla politica intransigente del Pp in
Catalogna. È importante ristabilire i rapporti tra lo stato spagnolo e
le istituzioni catalane per trovare una via d’uscita alla crisi
costituzionale di cui il governo uscente di Rajoy è in gran parte
responsabile. Per l’unità e la stabilità della Spagna Rajoy e i suoi
erano una bomba a orologeria. Le sfide che attendono Sánchez sono
enormi. Il tempo dirà se il Psoe porterà avanti una politica coraggiosa o
tornerà a ingannare la Spagna progressista. Nel frattempo si può
festeggiare perché il governo non è più in mano a un partito divorato
dalla corruzione.