lunedì 11 giugno 2018

internazionale 8.6.18
L’era di Mariano Rajoy si è chiusa
Il governo conservatore, da tempo screditato, avrebbe potuto essere sfiduciato molto prima se la sinistra avesse avuto più coraggio, sostiene l’editoriale del sito spagnolo
Ctxt, Spagna

Gli oltre sei anni di governo del Partito popolare hanno provocato una grave regressione della democrazia in Spagna. La libertà di espressione è stata ridotta in modo inaudito grazie alla “legge bavaglio” del 2015. I mezzi di comunicazione pubblici, che nell’era di José Luis Rodríguez Zapatero avevano raggiunto un encomiabile livello d’indipendenza, sono tornati a essere strumenti di propaganda governativa e motivo di vergogna per il paese. Il governo ha contribuito alla crisi catalana e ha imposto una svolta autoritaria nei rapporti con le comunità autonome e le amministrazioni locali. Oltre a tutto questo, è emersa una corruzione insopportabile. Il fatto che Mariano Rajoy abbia continuato a guidare il governo dopo la pubblicazione dei documenti di Luis Bárcenas nel gennaio del 2013 è chiaramente un’anomalia democratica. Il nome di Rajoy compariva una trentina di volte nei documenti del tesoriere del partito a proposito di incassi derivanti dalla contabilità parallela. Questo avrebbe dovuto essere più che sufficiente per provocare le dimissioni immediate di Rajoy. Ma nel 2013 il Partito popolare aveva la maggioranza assoluta e il premier ha potuto mentire al parlamento per superare la tempesta. L’occasione per cacciare la destra dal governo si è presentata dopo le elezioni del dicembre 2015, quando il Pp ha perso la maggioranza assoluta e più di 3,5 milioni di voti. Ma è stata vanificata dai calcoli di Podemos, più interessato a superare il Partito socialista (Psoe) che a liberare la Spagna dai corrotti, e dalla miopia e dal conservatorismo della leadership socialista, che è scesa a patti con Ciudadanos e si è autoimposta una serie di restrizioni rendendo impossibile la nascita di un governo progressista. I due partiti hanno ignorato la voglia di cambiamento della società spagnola dopo una legislatura segnata da un arretramento sociale generalizzato (riforma delle pensioni, liberalizzazione del mercato del lavoro, tagli alle politiche sociali, alla spesa pubblica e alla ricerca). Pur con grande ritardo, i partiti di sinistra hanno imparato la lezione e hanno finalmente seguito la volontà dell’elettorato. Lo sterile scontro tra Podemos e il Psoe paralizzava la politica spagnola e alimentava la demoralizzazione degli elettori progressisti. C’è voluta la condanna di Bárcenas a 33 anni di carcere perché i leader dei due partiti capissero che la Spagna non poteva più sopportare il logoramento della sua democrazia. Impedire che la corruzione e la manipolazione dell’informazione continuassero a erodere la fiducia nelle istituzioni avrebbe dovuto essere la priorità dei partiti d’opposizione. Per questo dobbiamo rallegrarci che il parlamento abbia allontanato Rajoy e il Partito popolare dal governo. Unità nazionale La mozione di sfiducia è stata approvata grazie al sostegno dei partiti nazionalisti, perché la somma dei voti di Podemos e del Psoe era molto lontana dalla maggioranza assoluta. Il nuovo presidente del governo, il socialista Pedro Sánchez, è stato nominato con 180 voti provenienti da Psoe, Unidos podemos, Sinistra repubblicana della Catalogna, Partito democratico europeo catalano, Partito nazionalista basco, Compromís, Bildu e Nueva Canarias. Più voti di quelli ottenuti da Rajoy nel 2016. Per gli analisti più conservatori della stampa madrilena il voto dei partiti nazionalisti compromette questa operazione di cambiamento politico, sostenuta da 12 milioni di voti. A nostro giudizio è l’esatto contrario: per la prima volta da molti anni, un accordo tra tutti i partiti del parlamento (con l’eccezione del Pp e di Ciudadanos) permette a Sánchez di cominciare a rimediare al disastro prodotto dalla politica intransigente del Pp in Catalogna. È importante ristabilire i rapporti tra lo stato spagnolo e le istituzioni catalane per trovare una via d’uscita alla crisi costituzionale di cui il governo uscente di Rajoy è in gran parte responsabile. Per l’unità e la stabilità della Spagna Rajoy e i suoi erano una bomba a orologeria. Le sfide che attendono Sánchez sono enormi. Il tempo dirà se il Psoe porterà avanti una politica coraggiosa o tornerà a ingannare la Spagna progressista. Nel frattempo si può festeggiare perché il governo non è più in mano a un partito divorato dalla corruzione.