giovedì 21 giugno 2018

internazionale 15.6.18
La mobilitazione delle donne scuote il Cile
Da aprile le studenti occupano decine di università per protestare contro un modello d’istruzione sessista. È il movimento più importante nella storia recente del paese
Di Marion Gonidec, Mediapart, Francia


Il 6 giugno, verso le undici di mattina, una ruspa avanzava lungo La Alameda, il viale principale di Santiago del Cile. Costruita dagli studenti e dalle studenti di architettura dell’università della capitale, la ruspa serviva a demolire simbolicamente il maschilismo e il patriarcato, rappresentati da alcune scatole di cartone per terra. Secondo il Coordinamento femminista universitario, all’ultima manifestazione per chiedere un’istruzione non sessista – la quarta in poco più di un mese – hanno partecipato circa centomila persone (15mila secondo il comune), e la maggior parte aveva meno di 25 anni. “Siamo le nipoti delle streghe che non avete potuto bruciare”, si leggeva su alcuni cartelli. Alcune donne indossavano passamontagna bordeaux, altre sfoggiavano il fazzoletto verde, simbolo della lotta per l’aborto libero, sicuro e gratuito portata avanti in questi mesi in Argentina. C’erano anche donne più anziane, come Norma Carasco, 76 anni. È arrivata con il marito e uno striscione: “Noi nonne sosteniamo le nostre nipoti”, c’era scritto in riferimento alla storia della lotta femminista cilena. “Abbiamo sofferto durante la dittatura, ma anche a causa di un patriarcato violento”, dice Carasco. “Dai primi movimenti studenteschi del 2006 non salto una manifestazione”. L’aborto per le cosiddette tres causales – in caso di stupro, di pericolo per la vita della madre o se il feto è incompatibile con la vita – è stato approvato nell’agosto del 2017, durante l’ultimo anno di governo della presidente socialista Michelle Bachelet, dopo una lunga battaglia. È stata un depenalizzazione parziale, che dopo quasi un anno ancora non viene applicata. In Cile questa nuova ondata femminista ha assunto dimensioni inedite grazie al movimento Ni una menos, nato in Argentina nel 2015 per protestare contro i femminicidi in America Latina. E anche grazie alle manifestazioni studentesche del 2006 e del 2011 per il diritto a un’istruzione pubblica e gratuita. “Alle rivendicazioni di allora abbiamo aggiunto quelle contro un modello d’istruzione sessista e discriminatorio”, spiega Lorena Astudillo, portavoce della Rete cilena contro la violenza sulle donne. “Oggi il femminismo è un elemento caratterizzante dell’identità politica latinoamericana. La critica del patriarcato riguarda tutti i settori della società e tutti i partiti, di destra e di sinistra”.
La mossa di Piñera
“No è no. Quale parte non hai capito? La N o la O?”, scandiscono le studenti cilene. A fine aprile, dopo le proteste scoppiate in Spagna in seguito alla sentenza di un tribunale sul caso di cinque uomini accusati di stupro di gruppo, un professore dell’Universidad austral, nel sud del Cile, è stato denunciato per molestie. Poi ci sono state altre denunce e testimonianze di stupri e abusi commessi da importanti funzionari e professori. Il movimento ha conquistato le roccaforti conservatrici della capitale, l’Universidad católica e la facoltà di legge dell’Universidad de Chile, di solito estranee a scioperi e occupazioni. Le donne chiedono, tra le altre cose, l’abolizione degli istituti pubblici non misti, ma anche l’introduzione di programmi scolastici che non raccontino la storia del paese solo dal punto di vista degli uomini. Secondo un sondaggio dell’istituto Cadem, la mobilitazione femminista ha il sostegno del 71 per cento della popolazione. Il 90 per cento delle donne cilene afferma di vivere in un paese maschilista e il 64 per cento degli uomini è d’accordo. A fine maggio il presidente conservatore Sebastián Piñera ha annunciato la creazione di un Programma per le donne, con l’obiettivo di ridurre le disuguaglianze di genere. Secondo Astudillo, è una mossa “opportunista, perché non fa riferimento all’istruzione. Sono solo vecchi progetti di legge che il governo ha tirato fuori sperando di placare la rabbia. Oltretutto, lanciando il suo programma Piñera si è riferito alle donne dicendo ‘le nostre donne’. Ma noi non apparteniamo a nessuno!”