internazionale 15.6.18
La mobilitazione delle donne scuote il Cile
Da
aprile le studenti occupano decine di università per protestare contro
un modello d’istruzione sessista. È il movimento più importante nella
storia recente del paese
Di Marion Gonidec, Mediapart, Francia
Il
6 giugno, verso le undici di mattina, una ruspa avanzava lungo La
Alameda, il viale principale di Santiago del Cile. Costruita dagli
studenti e dalle studenti di architettura dell’università della
capitale, la ruspa serviva a demolire simbolicamente il maschilismo e il
patriarcato, rappresentati da alcune scatole di cartone per terra.
Secondo il Coordinamento femminista universitario, all’ultima
manifestazione per chiedere un’istruzione non sessista – la quarta in
poco più di un mese – hanno partecipato circa centomila persone (15mila
secondo il comune), e la maggior parte aveva meno di 25 anni. “Siamo le
nipoti delle streghe che non avete potuto bruciare”, si leggeva su
alcuni cartelli. Alcune donne indossavano passamontagna bordeaux, altre
sfoggiavano il fazzoletto verde, simbolo della lotta per l’aborto
libero, sicuro e gratuito portata avanti in questi mesi in Argentina.
C’erano anche donne più anziane, come Norma Carasco, 76 anni. È arrivata
con il marito e uno striscione: “Noi nonne sosteniamo le nostre
nipoti”, c’era scritto in riferimento alla storia della lotta femminista
cilena. “Abbiamo sofferto durante la dittatura, ma anche a causa di un
patriarcato violento”, dice Carasco. “Dai primi movimenti studenteschi
del 2006 non salto una manifestazione”. L’aborto per le cosiddette tres
causales – in caso di stupro, di pericolo per la vita della madre o se
il feto è incompatibile con la vita – è stato approvato nell’agosto del
2017, durante l’ultimo anno di governo della presidente socialista
Michelle Bachelet, dopo una lunga battaglia. È stata un depenalizzazione
parziale, che dopo quasi un anno ancora non viene applicata. In Cile
questa nuova ondata femminista ha assunto dimensioni inedite grazie al
movimento Ni una menos, nato in Argentina nel 2015 per protestare contro
i femminicidi in America Latina. E anche grazie alle manifestazioni
studentesche del 2006 e del 2011 per il diritto a un’istruzione pubblica
e gratuita. “Alle rivendicazioni di allora abbiamo aggiunto quelle
contro un modello d’istruzione sessista e discriminatorio”, spiega
Lorena Astudillo, portavoce della Rete cilena contro la violenza sulle
donne. “Oggi il femminismo è un elemento caratterizzante dell’identità
politica latinoamericana. La critica del patriarcato riguarda tutti i
settori della società e tutti i partiti, di destra e di sinistra”.
La mossa di Piñera
“No
è no. Quale parte non hai capito? La N o la O?”, scandiscono le
studenti cilene. A fine aprile, dopo le proteste scoppiate in Spagna in
seguito alla sentenza di un tribunale sul caso di cinque uomini accusati
di stupro di gruppo, un professore dell’Universidad austral, nel sud
del Cile, è stato denunciato per molestie. Poi ci sono state altre
denunce e testimonianze di stupri e abusi commessi da importanti
funzionari e professori. Il movimento ha conquistato le roccaforti
conservatrici della capitale, l’Universidad católica e la facoltà di
legge dell’Universidad de Chile, di solito estranee a scioperi e
occupazioni. Le donne chiedono, tra le altre cose, l’abolizione degli
istituti pubblici non misti, ma anche l’introduzione di programmi
scolastici che non raccontino la storia del paese solo dal punto di
vista degli uomini. Secondo un sondaggio dell’istituto Cadem, la
mobilitazione femminista ha il sostegno del 71 per cento della
popolazione. Il 90 per cento delle donne cilene afferma di vivere in un
paese maschilista e il 64 per cento degli uomini è d’accordo. A fine
maggio il presidente conservatore Sebastián Piñera ha annunciato la
creazione di un Programma per le donne, con l’obiettivo di ridurre le
disuguaglianze di genere. Secondo Astudillo, è una mossa “opportunista,
perché non fa riferimento all’istruzione. Sono solo vecchi progetti di
legge che il governo ha tirato fuori sperando di placare la rabbia.
Oltretutto, lanciando il suo programma Piñera si è riferito alle donne
dicendo ‘le nostre donne’. Ma noi non apparteniamo a nessuno!”