domenica 24 giugno 2018

il manifesto 23.6.18
Valzer di colloqui tra Usa, Israele e paesi arabi: palestinesi non invitati
Usa/Israele/Palestina. L'Amministrazione Trump prosegue le trattative con Israele e gli alleati arabi nonostante il rifiuto palestinese del cosiddetto "Accordo del secolo". Tra gli obiettivi la separazione definitiva di Gaza dalla Cisgiordania
di Michele Giorgio


GERUSALEMME In attesa dell’arrivo, all’inizio della prossima settimana, in Israele e Territori ‎palestinesi occupati del principe ‎William in rappresentanza del regno britannico, ‎tutt’oggi accusato di aver gettato i ‎semi del conflitto che dal secolo scorso devasta il ‎Medio oriente, a caratterizzare la scena diplomatica è l’iniziativa americana per ‎israeliani e palestinesi. Donald Trump la chiama “Accordo del secolo”. La ‎‎”soluzione” che il presidente, il suo vice Mike Pence e il Segretario di stato Mike ‎Pompeo hanno in mente è stata tracciata dal riconoscimento fatto lo scorso 6 ‎dicembre da Trump di Gerusalemme come capitale di Israele. Le indiscrezioni ‎riferiscono di un “accordo” largamente favorevole a Israele, sul piano territoriale e ‎politico, e che prevede il riconoscimento di alcuni diritti dei palestinesi ma solo ‎con il pieno consenso dello Stato ebraico malgrado siano sanciti dalle risoluzioni ‎dell’Onu. Ai palestinesi non verrebbe assicurata l’indipendenza. Non sorprende che ‎da parte palestinese sia arrivato un secco rifiuto dell'”Accordo del secolo”, anche in ‎reazione della decisione presa da Trump di assegnare Gerusalemme a Israele ‎disconoscendo i diritti dei palestinesi sul settore arabo della città sotto occupazione ‎dal 1967.‎
 Se i palestinesi rifiutano l’iniziativa Usa e respingono la mediazione ‎dell’Amministrazione Trump schierata con Israele, perché gli Stati uniti vanno ‎avanti e, si dice, si preparano ad annunciare le loro proposte ad agosto? La risposta è ‎semplice. Il processo in atto esclude, senza affermarlo esplicitamente, un ruolo ‎attivo per i palestinesi. La questione palestinese, pensano Trump e i suoi uomini, ‎sarà risolta nel quadro di un accordo di pace tra Israele e le petromonarchie del ‎Golfo, con la partecipazione di Egitto e Giordania. Ad imporre l’eventuale ‎soluzione ai palestinesi ci penseranno i “fratelli” arabi desiderosi di chiudere questo ‎capitolo aperto da decenni e di vivere alla luce del sole l’alleanza con lo Stato di ‎Israele che già hanno dietro le quinte in funzione anti-Iran. Un esito anticipato dalle ‎parole pronunciate di recente negli Stati uniti dall’erede al trono saudita Mohammed ‎bin Salman che ha addossato ai palestinesi la responsabilità del mancato accordo ‎con Israele. Senza dimenticare che nessuno crede alla smentita fatta dal Bahrain ‎sulla sua disponibilità ad avviare relazioni diplomatiche con Tel Aviv riferita da ‎media regionali. ‎
 Ieri il premier israeliano Netanyahu ha incontrato per quattro ore Jared Kushner, ‎consigliere e genero di Donald Trump, e Jason Greenblatt, inviato speciale del ‎presidente americano, provenienti da un tour in Giordania, Arabia Saudita, Qatar ed ‎Egitto. A sua volta Netanyahu martedì si era recato in Giordania per un colloquio ‎con re Abdullah. I colloqui sul piano americano perciò vanno avanti ed riguardano ‎anche il futuro di Gaza. Sul tavolo, dopo la recente conferenza su Gaza tenuta negli ‎Stati Uniti con israeliani e arabi, c’è un programma di aiuti da un miliardo di dollari ‎per infrastrutture e progetti d’emergenza. I palestinesi lo respingono scorgendo in ‎tanta generosità americana, israeliana e araba, il tentativo di fare di Gaza un entità ‎separata dalla Cisgiordania, un carcere a cielo aperto con un Hamas al comando ma ‎prigioniero e addomesticato dai “fratelli” arabi, e un’Anp esclusa dal suo controllo, ‎quindi più debole e “costretta” ad accontentarsi di qualche porzione di Cisgiordania. ‎
 I palestinesi però non cedono. A Gaza ieri si sono svolte nuove manifestazioni per ‎la Marcia del Ritorno. Almeno 35 dimostranti sono stati feriti dal fuoco dei soldati ‎israeliani.