il manifesto 23.6.18
Valzer di colloqui tra Usa, Israele e paesi arabi: palestinesi non invitati
Usa/Israele/Palestina.
L'Amministrazione Trump prosegue le trattative con Israele e gli
alleati arabi nonostante il rifiuto palestinese del cosiddetto "Accordo
del secolo". Tra gli obiettivi la separazione definitiva di Gaza dalla
Cisgiordania
di Michele Giorgio
GERUSALEMME In
attesa dell’arrivo, all’inizio della prossima settimana, in Israele e
Territori palestinesi occupati del principe William in rappresentanza
del regno britannico, tutt’oggi accusato di aver gettato i semi del
conflitto che dal secolo scorso devasta il Medio oriente, a
caratterizzare la scena diplomatica è l’iniziativa americana per
israeliani e palestinesi. Donald Trump la chiama “Accordo del secolo”.
La ”soluzione” che il presidente, il suo vice Mike Pence e il
Segretario di stato Mike Pompeo hanno in mente è stata tracciata dal
riconoscimento fatto lo scorso 6 dicembre da Trump di Gerusalemme come
capitale di Israele. Le indiscrezioni riferiscono di un “accordo”
largamente favorevole a Israele, sul piano territoriale e politico, e
che prevede il riconoscimento di alcuni diritti dei palestinesi ma solo
con il pieno consenso dello Stato ebraico malgrado siano sanciti dalle
risoluzioni dell’Onu. Ai palestinesi non verrebbe assicurata
l’indipendenza. Non sorprende che da parte palestinese sia arrivato un
secco rifiuto dell'”Accordo del secolo”, anche in reazione della
decisione presa da Trump di assegnare Gerusalemme a Israele
disconoscendo i diritti dei palestinesi sul settore arabo della città
sotto occupazione dal 1967.
Se i palestinesi rifiutano
l’iniziativa Usa e respingono la mediazione dell’Amministrazione Trump
schierata con Israele, perché gli Stati uniti vanno avanti e, si dice,
si preparano ad annunciare le loro proposte ad agosto? La risposta è
semplice. Il processo in atto esclude, senza affermarlo esplicitamente,
un ruolo attivo per i palestinesi. La questione palestinese, pensano
Trump e i suoi uomini, sarà risolta nel quadro di un accordo di pace
tra Israele e le petromonarchie del Golfo, con la partecipazione di
Egitto e Giordania. Ad imporre l’eventuale soluzione ai palestinesi ci
penseranno i “fratelli” arabi desiderosi di chiudere questo capitolo
aperto da decenni e di vivere alla luce del sole l’alleanza con lo Stato
di Israele che già hanno dietro le quinte in funzione anti-Iran. Un
esito anticipato dalle parole pronunciate di recente negli Stati uniti
dall’erede al trono saudita Mohammed bin Salman che ha addossato ai
palestinesi la responsabilità del mancato accordo con Israele. Senza
dimenticare che nessuno crede alla smentita fatta dal Bahrain sulla sua
disponibilità ad avviare relazioni diplomatiche con Tel Aviv riferita
da media regionali.
Ieri il premier israeliano Netanyahu ha
incontrato per quattro ore Jared Kushner, consigliere e genero di
Donald Trump, e Jason Greenblatt, inviato speciale del presidente
americano, provenienti da un tour in Giordania, Arabia Saudita, Qatar ed
Egitto. A sua volta Netanyahu martedì si era recato in Giordania per
un colloquio con re Abdullah. I colloqui sul piano americano perciò
vanno avanti ed riguardano anche il futuro di Gaza. Sul tavolo, dopo la
recente conferenza su Gaza tenuta negli Stati Uniti con israeliani e
arabi, c’è un programma di aiuti da un miliardo di dollari per
infrastrutture e progetti d’emergenza. I palestinesi lo respingono
scorgendo in tanta generosità americana, israeliana e araba, il
tentativo di fare di Gaza un entità separata dalla Cisgiordania, un
carcere a cielo aperto con un Hamas al comando ma prigioniero e
addomesticato dai “fratelli” arabi, e un’Anp esclusa dal suo controllo,
quindi più debole e “costretta” ad accontentarsi di qualche porzione di
Cisgiordania.
I palestinesi però non cedono. A Gaza ieri si
sono svolte nuove manifestazioni per la Marcia del Ritorno. Almeno 35
dimostranti sono stati feriti dal fuoco dei soldati israeliani.