il manifesto 20.2.18
Il sovranismo non difende il popolo e divide la sinistra
Immigrazione.
Il punto è che il populismo è pericoloso non solo in sé, ma per quello
che implica. Così l’antipolitica dei Cinquestelle, con il rassicurante
mantra «né di destra, né di sinistra», ha aperto le porte al sovranismo
neofascista della Lega, divenuto dominante
di Donatella Di Cesare
Si
sa che il virus del populismo sopravvive al portatore. Immunizzarsi non
è facile. Sarebbe un errore non vedere la continuità tra Berlusconi e
la coalizione legastellata. La lezione è che i populisti possono
tornare, in forme persino più gravi.
Sebbene non si possano
trascurare le differenze, i nessi tra leghisti e grillini sono evidenti:
antieuropeisti, sovranisti, nazionalisti. Insieme all’Europa, il loro
nemico numero uno è l’«immigrazione clandestina». La loro rapida ascesa è
dovuta all’abilità con cui, soffiando sulla paura e facendo leva sul
rancore, sono ricorsi ad una mobilitazione politica dell’odio
indirizzato in alto contro i politici, quelli che sono tutti corrotti,
in basso contro i cenciosi stranieri, quelli che rubano casa e lavoro.
Il
populista attuale aspira a farsi portavoce del «popolo», inteso come un
tutto omogeneo e puro, che vuole difendere dai nemici: da una parte le
«caste», le «élites», dall’altra gli immigrati. Se è banale questa
concezione, in cui si dimentica che il potere è diffuso e trasversale,
grottesco è il modo di semplificare una realtà complessa, come quella
della globalizzazione, nella quale il populista non sa districarsi. Il
complottismo è la sua visione del mondo; vede trame ovunque, riconduce
tutto a un retromondo da cui scaturirebbe il male. Breve è di qui il
passo che conduce a parlare dell’immigrazione come «deportazione di
massa», se non addirittura di «sostituzione etnica», secondo il mito
elaborato dalla nuova destra francese. Sono le parole d’ordine
rilanciate ossessivamente da Diego Fusaro.
Il punto è che il
populismo è pericoloso non solo in sé, ma per quello che implica. Così
l’antipolitica dei Cinquestelle, con il rassicurante mantra «né di
destra, né di sinistra», ha aperto le porte al sovranismo neofascista
della Lega, divenuto dominante.
Sennonché il sovranismo ha
investito anche la sinistra. Ed è questo forse oggi il rischio più
grave. Non è una sorpresa che il primato nazionale – «Prima gli
Italiani!», «Ognuno a casa propria!» – venga sbandierato dalla sinistra
moderata che, un po’ ovunque, ha finito per sposare le sorti del
neoliberismo. La novità è invece il ripiegamento sovranista di una parte
almeno della sinistra «radicale». Questo fenomeno, che affiora nel
contesto italiano come in quello europeo, ha assunto proporzioni
inedite. In breve: il sovranismo divide la sinistra. Questa è la nuova
frattura.
Il problema è esploso con la migrazione, tema molto
dibattuto, ma poco esaminato nella sua profondità. Solo in questo Carlo
Freccero avrebbe ragione nella sua analisi (il manifesto, 05.06.2018)
per il resto ben poco condivisibile. Quel che non si vede è lo scontro
epocale tra lo Stato e i migranti. Agli occhi dello Stato il migrante
costituisce un’anomalia intollerabile, una sfida alla sua sovranità.
Ecco perché, pur di esercitare il proprio potere, lo Stato lo ferma alla
frontiera, che diventa anche la barriera tra i diritti dei cittadini e
quelli dei migranti.
È possibile difendere unicamente i cittadini,
sovrani indiscussi, liberi di decidere con chi coabitare. Questa è
l’ideologia del sovranismo populista che si fonda non solo
sull’autodeterminazione, ma anche sul possesso del territorio. Presunti
comproprietari, i cittadini sono chiamati a selezionare e a respingere.
Qui si materializzano vecchi spettri – anzitutto quello dello ius soli.
Così anche il welfare viene limitato ai confini nazionali. Si mettono
poveri contro immigrati. Perciò viene tradita la vocazione
internazionalista della sinistra.
Riflettere sulla migrazione
significa ripensare lo Stato. C’è una sinistra che resterà forse
aggrappata sciovinisticamente a questa vecchia forma politica
immaginando così di contrastare la «finanza globale». C’è tuttavia
un’altra che guarda già oltre lo Stato guidata anche dalla carica
sovversiva della migrazione.